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La giornalista che grattò sotto l’oro di Napoli

di Giulia Galeotti - 24/11/2007

Giulia Galeotti analizza il libro intitolato La miseria in Napoli, che nel 1877 la giornalista inglese Jessie White Mario dedicò alla situazione di degrado sociale e ambientale in cui si trovava la città nella seconda metà del XIX secolo.
L’articolo prende in esame tutte le tematiche affrontate dalla giornalista nel libro: la mancanza di igiene pubblica e di assistenza sanitaria adeguata alla popolazione, i bambini abbandonati - che diventarono manovalanza per la camorra -, la mancanza d’integrazione sociale, l’inefficienza dell’amministrazione pubblica e la moltiplicazione delle istituzioni assistenziali. Ispirandosi al meridionalista Pasquale Villari, White Mario affermava che solo l’istruzione letteraria insieme con l’educazione professionale potevano far emergere la città dalla sua situazione di arretratezza.


Un secolo prima di Gomorra, anticipando di ottant’anni La pelle e di 20 Il ventre di Napoli, una donna inglese aveva già detto molto della città partenopea.
Sguardo attento e figura elegante, paladina della causa risorgimentale (e moglie del patriota Alberto), Jessie White Mario trascorse giorni e notti guardando, ascoltando e odorando la città. I bassi, le carceri, gli ospedali, i brefotrofi, i Monti di Pietà, le Opere Pie, le prostitute bambine, e ancora la fame, l’ignoranza, la criminalità [...]: tutto ciò negli articoli per Il Pungolo prima e poi, nel 1877, nelle oltre 300 pagine de La miseria in Napoli. Il libro fotografa innanzitutto la grave mancanza di servizi che affligge la città. È terribile lo stato dell’igiene pubblica («manca in quasi tutti i cortili lo scolo per le acque sporche e per le materie infette») e quello dei servizi ospedalieri.
«Non dubito di esagerare affermando che difficilmente in Europa oggidì esiste un luogo così infelice e disadatto ad alleviare le sofferenze e a curar le malattie dell’umanità, quanto il giustamente nominato degl’Incurabili ». La giornalista rimane colpita dallo stato in cui vive l’infanzia abbandonata. «Sono cenciuaiuoli o raccoglitori di ossa e di vetri rotti o mendicanti, o vanno alle osterie e alle case, ove comperano i residui dei garzoni e delle serve. Ma sono veramente tutti al servizio della camorra, cioè apprendisti camorristi. Rubano fazzoletti, nel primo stadio, e cibi esposti dai banchi e dalle bottegucce; e hanno un gergo particolare, onde avvertono i maestri ladri dell’avvicinarsi della polizia, e già sanno distinguere un poliziotto amico da un nemico ». La mancanza d’integrazione sociale concorre ad acuire i problemi: «In altre parti d’Italia il Comune ha assimilato le classi sociali, ma in Napoli il sentimento del Comune non mise mai radice nel popolo. I Viceré e i Borboni per regnare si appoggiavano ora ai galantuomini, ora ai lazzaroni, e imperarono dividendo ». E se solo Garibaldi era stato momentaneamente capace di minare questa rigida stratificazione, «anch’egli fu avvertito che, se non assistesse al miracolo di San Gennaro, avrebbe tutti i popolani contro». In una città in cui la vita per gli onesti è durissima, la White Mario coglie nell’ingegnosità un tratto tipico degli abitanti.
E se ciò è talvolta positivo nelle donne, per solito si realizza al negativo: «Quando manca il lavoro, i lazzaroni non si danno per perduti: un fazzoletto o una catenella scippata, qualche frutto sottratto alla vigilanza del contadino che conduce al mercato il suo asino, qualche soldo guadagnato portando fagotti alla Stazione, qualche elemosina avuta dai guaglioni, basta per campare». Jessie denuncia le disfunzioni amministrative e la corruzione. In particolare l’enorme numero di istituzioni finirebbe per aggravare i mali sociali, invece di alleviarli: «Ad ogni 3 poveri si mantiene un impiegato per sopravvedere o ammaestrare o curare l’anima o il corpo», ma «i poveri rimangono senza soccorso, e i fondi sono consumati dagli oziosi, dai viziosi e dai loro manutengoli». A suo avviso, basterebbe davvero poco per migliore le sorti cittadine: «Un patrimonio di dugento milioni, ben amministrato, deve in verità bastare a soccorre gl’infermi e gl’inabili al lavoro, e ad allevare, educare, istruire le nuove generazioni a guadagnarsi la vita. La semplice istruzione letteraria data ai poveri, certo non basta; bisogna accoppiarvi l’educazione al lavoro». E qui la giornalista riporta le parole del suo ispiratore, il primo meridionalista liberale, Pasquale Villari, che scriveva: «Finché dura lo stato presente di cose, la camorra è la forma naturale e necessaria della società che ho descritto. Mille volte estirpata, rinascerà mille volte».

Jessie White Mario, La miseria in Napoli, Imagaenaria, Ischia 2005, pp. 256, € 18,60.