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Chesterton critico del capitalismo inglese

di Fulvio Panzeri - 26/11/2007

Non solo viene tradot to per la prima volta in Italia, da Doriana Comerlati, questo libro del grande Chesterton, ma arri va in assoluta anteprima an che in Europa, nonostante il grande successo che da sem pre riscuote negli Stati Uniti.
  E non si tratta di un inedito ritrovato dell’autore della fa mosa serie di Padre Brown e di L’uomo che fu Giovedì, ma di un testo che Chesterton pubblicò in vita, raccolta di articoli pubblicati per il 'Daily Herald' nel momento in cui lo scrittore era all’api ce del successo. Però in In ghilterra non trovò mai un e ditore disposto a pubblicar lo. La ragione è ben evidente dalla lettura di questi saggi, in cui la saga cia, la sottile ironia e il gu sto del para dosso, uniti ad una profe tica e per nulla esage rata critica al mondo del capitalismo e delle sue connessioni 'nocive', se non addirit tura eticamente scorrette, rende il testo incandescente ancora oggi, dimostrando quanto fosse profetica la ba se di valori su cui Chesterton impostava il suo discorso critico. Quindi al di là del le game con le contingenze della realtà sociale inglese, alla vigilia della Prima Guer ra Mondiale, su cui si basano gli esempi che Chesterton ri porta, è la sua altezza di scrittore a riportare tutto su un piano più alto di riflessio ne sull’etica del comporta mento politico e civile, con pagine 'illuminate' che do vrebbero far riflettere soprat tutto oggi, dove gli elementi di criticità posti in evidenza da Chesterton corrispondo no alla deriva della politica nazionale, ma soprattutto ad uno svilimento, in tutti i set tori, dalla cultura all’arte, dalla politica al giornalismo, del concetto stesso di verità.
  Chesterton in questi scritti non è un polemista passio nale, uno che s’indigna ri spetto alla 'corruzione' sot tile che il capitalismo ha bi sogno di instaurare con chi detiene il potere, evidente ma sopportata e anzi consi derata come norma di com portamento.
  Agisce come un suggeritore di verità che tro va la sua forza nel mettere in luce il ridicolo di un grotte sco che lo circonda e che nessuno riesce a riconoscere come tale. E tutto fa riferi mento come base al suo concetto di democrazia che sente minato alle fondamen ta dall’imporsi di un capitali smo che ha bisogno di gior nalisti che amplifichino le gesta e redigano ritratti agio grafici degli imprenditori dell’epoca, giornalisti che negano con evidenza la ve rità, edulcorandola secondo i voleri del capitale stesso, ma anche sente la necessità di stringere patti segreti con il mondo della politica per garantire il suo posiziona mento e il suo consolida mento. Ecco che cosa scrive il Chesterton giornalista 'fuori dal co ro': «La de mocrazia è per me il do minio della regola: il do minio della regola sul l’eccezione.
  Quando una nazione trova un’anima, la riveste di un corpo e agisce esattamente come un solo essere viven te ». È questo solo un esem pio, ma ne potremmo farne altri sulla ricchezza delle ri flessioni offerte da Chester ton, come ad esempio relati vamente ad un paradosso: i ricchi inglesi che dovrebbero essere più evoluti diventano un ritratto irresistibile dell’i gnoranza. Per Chesterton sanno scrivere solo il loro nome e nient’altro. Meglio i poveri che «sono certi di conquistare qualche cono scenza, anche se non posso no conquistare la libertà».
  Un’ultima annotazione: il ti tolo non porti in inganno il lettore. Non si parla di usu rai, nell’accezione che il ter mine ha oggi, ma in quello nato e tramandato in seno alla Chiesa cattolica, radical mente diverso: «Usura è prendere un qualsiasi inte resse su un prestito che sia improduttivo».
  G.K. Chesterton
 L’UTOPIA DEGLI USURAI

 Excelsior 1881 Pagine 260. Euro 15,50