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L'intolleranza è donna (purtroppo)

di Antonello Molella - 30/11/2007

       

 

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La marcia di Roma contro la violenza alle donne dello scorso 24 novembre non riesce a non cadere nel cretinismo più becero, e come risultato naufraga sotto i colpi dei media. La  rabbia neofemminista – per altro, nel merito, giustificata: stupri e angherie domestiche sono le più diffuse e criminali - ricade anche su chi potrebbe essere un valido alleato: l'uomo, il maschio.
Prima vengono spediti fuori dal corteo alcuni uomini (la troupe di La7 è stata letteralmente cacciata perchè composta da maschi), forse rei di essere dei violentatori occulti; poi tocca alla forziste civettuole Prestigiacomo e Carfagna: accusate rispettivamente di fascismo e velinismo. La mannaia delle più scatenate colpisce anche le ministre buoniste Turco e Melandri.
Si fanno anche distinzioni di colore e forma della vagina: alcune sono di destra o di sinistra, alcune fasciste, alcune da sfilata di moda; una sorta di razzismo venereo.
Il neofemminismo è ancora senza mezzi termini, ma anche senza un chiaro progetto. Corteo e slogan duri, di quelli che non si sentivano dagli ultimi afflati degli anni ’70: la perfetta miscela per l'isolamento.
Per esser chiari: che le donne non tollerino più i continui soprusi e violenze è una rivendicazione sacrosanta, ma a quanto pare il messaggio è chiaro: sarà un nuovo separatismo, ma di natura meno ideale. Diciamo squadristico e intollerante.
La costruzione di una cultura del rispetto e  della tutela delle donne va fatta coralmente, riappropriandosi insieme del rispetto della differenza fra Uomo e Donna. E’ una questione che riguarda tutti, poichè la  riconquista del valore della donna potente e generatrice, passa anche per la distruzione del concetto di simulacro pubblicitario di donna affermata formato tailleur alla mercè dell’industria dell’immagine.
E invece la giornata di sabato rischia di essere ricordata come un'imbarazzante cartolina del peggior veterofemminismo.