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L’altra (vera) faccia del razzismo

di Massimo Fini - 03/12/2007

Caro Fini,
una delle cose che mi fa più rabbia, sul tema
dell’immigrazione extracomunitaria, è la parola d’ordine
«ci servono», «sono necessari alla nostra economia»,
ripetuta fino alla nausea da politici ed economisti,
imprenditori eccetera. Dobbiamo quindi dedurre che, se
gli extracomunitari «non servissero», l’impatto sarebbe
ben diverso, nonostante i proclami di fratellanza,
uguaglianza, tolleranza e così via. Secondo me il vero
«razzismo» è questo. Molto meno razzista è chi,
coerentemente, è contrario alla società multietnica
perchè la considera non arricchimento di tutte le culture,
ma la fine di ogni logica e naturale specificità dei popoli.
Antonio Martinelli, Cagli

Sono assolutamente d’accordo
con lei. Questo modo di
considerare gli immigrati sono
in ragione delle loro utilità, ‘necessari
alla nostra economia’ in quanto si
prestano, per disperazione, a fare i
lavori più umili che noi italiani non
abbiamo più voglia di fare, non ha
niente a che fare con la solidarietà e la
fratellanza, sbandierate soprattutto
dalla sinistra, ma piuttosto con la
disumanità ed è una forma di
razzismo della peggior specie. Perché
mascherato con i buoni sentimenti.
Stiamo creando una nuova categoria
di paria, di ‘schiavi salariati’
(malissimo).
La situazione ricorda un po’ quella che
si creò nell’impero romano. Quando,
per sopperire al parassitismo cronico
della plebe sfaccendata dell’Urbe,
masse di uomini provenienti dall’area
ellenistica e alessandrina, molto più
civili e colti dei rozzi quiriti, venivano
trascinati a Roma come schiavi o
liberti sotto il domino assoluto dei loro
padroni. ma almeno costoro ebbero
l’intelligenza di affidar loro compiti in
cui erano più capaci,
nell’amministrazione sia domestica che
pubblica, e Nerone fece dei liberti la
sfida dorsale di quella burocrazia che
tenne in piedi l’impero per altri tre
secoli. Qui invece si vedono donne
rumene laureate in economia che
fanno le badanti, ingegneri,
extracomunitari utilizzati come operai
e altri, laureati e diplomati, a pulire i
cessi.