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Tristano, Isolda e il Nulla

di Paolo Isotta - 03/12/2007


Wagner elabora le tesi di Schopenhauer per mostrare la distruzione dell'individuo


Un articolo di giornale non potrà nemmeno lontanamente presumere di essere un'analisi d'un capolavoro della complessità del Tristano e Isolda. Conviene qui modestamente porre in rilievo alcuni luoghi del poema drammatico che, per essere di solito fraintesi, impediscono di cogliere addirittura il significato dell'opera.
Occorrerebbe innanzitutto conoscere nel modo più particolareggiato tutta la prima metà del I atto: nessun autore di teatro musicale raggiunge Wagner nell'arte di narrare attraverso il dialogo collocato in questa zona del dramma i lunghi e intricati antefatti dell'azione. Contemporaneamente viene con straordinaria densità enunciata la gran parte del materiale motivico onde si costruisce la forma musicale e drammatica dell'intera opera. Qui l'antefatto è dedicato al racconto dei rapporti avutisi fra Tristano e Isolda prima dell'inizio del dramma, i quali determinano il comportamento dei due eroi nel corso del I atto. Non li narreremo di nuovo per giungere a trattare d'uno dei simboli fondamentali del dramma, che dà luogo alla catastrofe del I atto: il filtro d'amore. Le fonti medioevali con la leggenda del fatale amore, per quanto investigate da Wagner con profondità filologica, restano per lui mero pretesto del capolavoro poetico: ogni elemento del mito riceve senso nuovo e originario dalla sua ricreazione.
Così assistiamo all'ordine che Isolda impartisce alla dama Brangania di fornirle dal suo scrigno il filtro di morte. L'antefatto ha spiegato esistere una colpa inespiata di Tristano verso Isolda e costei intende punirlo offrendogli la bevanda e al tempo stesso assumendola per evadere con la morte da quello che a lei pare un futuro di ignominiosa servitù, il matrimonio col vecchio re Marke, zio di Tristano, invece che con l'eroe ch'ella salvò due volte e poi l'ha conquistata pel re. Quando Tristano viene convocato dalla principessa e si vede porgere la coppa è del tutto consapevole del destino che l'attende: il suo orgoglio virile gli fa accettare di pagare con la vita l'oscura colpa inespiata. Ma l'ancella, terrorizzata per la volontà della sua signora, sostituisce al veleno il filtro d'amore. Quando gli eroi bevono alla stessa coppa ignorano ambedue codesta sostituzione. Ed ecco il punto sublime nel quale possono senza onta guardarsi negli occhi e pronunciare estaticamente l'uno il nome dell'altra. Una considerazione superficiale di questo punto chiave porterebbe a credere che il filtro d'amore abbia come meccanicamente avuto effetto sui due, trasformando il sentimento d'odio di Isolda verso Tristano nel suo opposto e, in modo simmetrico, accendendo l'amore nello spirito di Tristano. In realtà i due, bevuto che hanno, sono convinti di avere innanzi solo pochi istanti di vita: nessun pericolo li minaccia più, non sono più costretti a seguire i comandamenti del mondo falso, quello che nel sistema simbolico del Tristano viene chiamato il «Giorno» con la sua luce insopportabile. Solo ora si sentono liberi di confessarsi a vicenda il sentimento intimissimo celato nel cuore che il «Giorno », col suo sistema di valori, impediva, non che di manifestare, di dichiarare anche a se stessi. Dal primo istante l'attuarsi di questo arcano amore è mescolato alla presenza della morte, si fonde con essa.
Di qui viene naturale interrogarsi su ciò: in che cosa consiste l'invincibile amore di Tristano e Isolda? Quale significato specifico acquisisce nel dramma il vocabolo «Liebe»? Eccoci calati nel tema della metafisica erotica del Dramma Musicale. Nulla di più lontano dal congiungimento carnale, che riporterebbe i due nel mondo della vita: varcare le porte del mondo della vita è invece l'esatto fine dei due metafisici amanti. Perciò l'immensa notte d'amore del II atto, con la sua luce dell'oscurità derivante da un'orchestra che nessuno aveva saputo trattare con tale polifonia di linee e colori, non può intendersi col termine superficiale di «duetto d'amore» che quasi tutti adoperano. L'amore di Tristano e Isolda significa innanzitutto l'abbattimento dei confini tra «io» e «tu» per portare alla totale fusione dei due amanti, che prelude al culmine dell'amore, la fusione di questo unico essere nella Morte, ossia il passaggio dalla soglia che dalla vita conduce al Nulla.
La distruzione dell'individualità per la fusione dei «due» in «uno» e poi dell'«uno» nel Nulla si definisce in termini filosofici la distruzione dell'illusorio
principium individuationis che impedisce ai nostri sensi di cogliere come monistico il frutto della cieca e nefasta Volontà: ecco il lessico di Schopenhauer del quale Il mondo come Volontà e Rappresentazione costituì il fondamento della metafisica erotica del Tristano.
Ciò che dunque dovrebbe accadere durante la Notte del II atto e non avviene per l'irruzione del mondo del Giorno ordita dal traditore Melot è la fusione del «due» in «uno», indi il dissolvimento dell'«uno» nel Nulla per pura forza d'amore: una forza di natura puramente spirituale, tanto più sconvolgente giacché, come ciascuno avrà colto leggendo queste righe, abbiamo da fare con una metafisica del tutto atea. La distruzione dell'individualità passa dunque, ed ecco ancora Schopenhauer, per la conquista di una «volontà negativa », una noluntas.
Quando si giunge al sublime finale del dramma, che viene di solito definito Liebestod, morte d'amore, mentre la sua retta denominazione è Isoldes Verklärung, la trasfigurazione di Isolda, ispirata a Wagner anche dalla veneziana Assunta del Tiziano, Tristano è già morto dopo il terribile monologo della prima metà dell'atto. Egli, attinto da ferita letale, è in spasmodica attesa di Isolda per realizzare con lei ciò che nel II atto gli è stato impossibile: ma quando il pastore e Kurwenal gli annunciano il di lei arrivo egli non è più capace di attendere, in stato di totale esaltazione si strappa le bende. Isolda deve dunque compiere da sé il processo d'ingresso nel Nulla per sola forza d'amore; la pagina nella quale ciò avviene, la «trasfigurazione », potrebbe essere considerata il culmine di tutta la musica europea. Solo dopo ch'essa ha cessato di cantare tocca all'orchestra risolvere la vicenda tematico-simbolica del dramma. Il motivo del tormento d'amore inappagato compare già, in shock polifonico, nella III e IV misura del Preludio al I atto: e qui viene generalmente chiamato, col complesso delle altre voci che vi cozzano, «l'accordo del Tristano ». Incidentalmente osserviamo che ancora la più attardata letteratura ne parla come di un enigma armonico, laddove lo stesso Bach l'avrebbe immediatamente classificato e spiegato nella funzione. Per l'intera immensa partitura tornerà col suo tormentoso cromatismo. Solo qui, sostenuto dalle armonie che in Wagner si chiamano la cadenza «della redenzione», si frange un cammino verso l'alto e si risolve, placato, nella «terza maggiore» dell'«accordo di Si maggiore meglio strumentato della storia della musica » (Richard Strauss). Coll'ingresso nel Nulla si appaga, cessando, ogni desiderio. Il culmine del destino è nella morte dell'illusoria coscienza di sé.
Lo stile musicale del Tristano e Isolda dà ampio luogo al cromatismo, ossia all'uso di note estranee alla scala e di accordi alterati. In primo luogo va osservato che procedimenti eccezionali, ma linguisticamente sempre spiegabili secondo le regole dell'armonia tonale, vengono da Wagner adoperati non per una ricerca stilistica, o, Dio liberi, linguistica, fine a se stessa, ma per dar espressione a un contenuto drammatico che Wagner considerava, com'è, altrettanto eccezionale. Lungi dal vedere ciò come «conquista» del linguaggio, Wagner arriva a diffidare gli altri dall'uso di tali procedimenti eccezionali, solo a lui leciti. In secondo luogo, atteso che così non fu, ossia che gli altri se ne impadronirono impunemente (ma con quanto minor forza), occorre un'osservazione fondamentale. Si vuole da taluno che lo stile armonico del Tristano, oltre ad aprire vie nuove, abbia col suo pervadente cromatismo messo in crisi l'armonia tonale. In realtà l'arte inarrivabile con che Wagner maneggia la dinamite senza farla esplodere, il suo non scrivere nemmeno una notina delle parti interne a caso, lungi dall'andare nel verso d'un'equiparazione di consonanza e dissonanza (l'interpretazione «progressista» del Tristano nella Storia), rafforza enormemente il sentimento tonale. L'intima natura classica della partitura del Tristano, che occorrerà una buona volta ammettere, ritarda invece che determinare la crisi dell'armonia tonale.