Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / A guerre invertite. Gli Usa pensano di spostare migliaia di marines dall'Iraq all'Afghanistan

A guerre invertite. Gli Usa pensano di spostare migliaia di marines dall'Iraq all'Afghanistan

di Alessandro Ursic - 03/12/2007

Fino a tre anni fa, quando pensavano a una situazione in Iraq che sembrava senza via di uscita, gli Usa si consolavano facendo il confronto con l'Afghanistan. Larghe parti del Paese erano già quella volta fuori dalla portata del governo di Kabul, ma sul campo la coalizione guidata dagli Usa sembrava avviata a sconfiggere i talebani e le perdite militari erano limitate. Niente a che vedere con l'Iraq, sconvolto da violenze settarie e con decine di attacchi ai soldati stranieri ogni giorno. Ma oggi, i due Paesi sembrano essersi scambiati i ruoli. L'aumento delle truppe approvato a inizio anno dall'amministrazione Bush ha contribuito al calo delle vittime in Iraq, anche tra i militari Usa; in Afghanistan invece le offensive dei talebani si fanno sempre più frequenti. Per questo motivo, Washington sta valutando la possibilità di spostare alcuni battaglioni di marines dall'Iraq all'Afghanistan.

Il generale James ConwayLa proposta. L'idea è una proposta del generale James Conway, comandante del Corpo fiore all'occhiello delle forze armate statunitensi. In particolare, Conway spinge per trasferire una parte dei marines al momento dispiegati nella provincia occidentale di Anbar, una delle zone dove in questi anni l'attività degli insorti è stata più intensa. Ma proprio Anbar è stata spesso presa ad esempio di come le cose in Iraq siano migliorate: nell'ultimo anno i leader sunniti locali hanno iniziato a collaborare con le forze Usa, opponendosi alla penetrazione di al Qaeda, e le violenze sono calate sensibilmente. Per quanto sia impossibile prevedere se questa nuova alleanza tra forze Usa e leader sunniti reggerà, ora i Marines di stanza ad Anbar combattono meno di una volta: addestrano l'esercito iracheno e sono impegnati in attività di ricostruzione. Per alcuni analisti militari, è uno spreco lasciare l'élite delle forze armate a compiti del genere: sarebbero più utili al fronte contro i sempre più aggressivi talebani, in operazioni ad alto rischio che molti eserciti della Coalizione sono restii a intraprendere.

Alcuni marines in AfghanistanI numeri. Le cifre ufficiali dei caduti in Iraq e in Afghanistan confermano le tendenze in atto. Dal 2004 a oggi, le vittime Usa nella lotta ai talebani sono più che raddoppiate, passando da 52 morti ai 111 dell'anno ancora in corso. Aggiungendo i caduti della coalizione Isaf, il contrasto si nota ancora di più: in totale quest'anno sono morti 221 soldati, contro i 58 del 2004. In Iraq, invece, dalla scorsa primavera le violenze sono in calo: a maggio sono caduti 126 soldati, questo mese solo 35. In Afghanistan sono presenti al momento circa 50.000 soldati stranieri, metà dei quali sono statunitensi.

I dubbi dei vertici militari. Ma il trasferimento di migliaia di marines non è cosa decisa. I vertici delle forze armate sono divisi: l'ammiraglio William Fallon, capo del Comando centrale Usa (che gestisce le operazioni in Afghanistan) è favorevole, mentre l'ammiraglio Mike Mullen, capo di stato maggiore, non è convinto. La decisione spetterà al segretario alla Difesa, Robert Gates. Intanto, in California due battaglioni di marines si stanno già esercitando in simulazioni di combattimenti di montagna, nel caso la richiesta di Conway fosse approvata.

Un marine Usa nella provincia di AnbarLe conseguenze politiche. Il cambio di strategia potrebbe anche avere ripercussioni politiche: per l'opinione pubblica americana, la guerra in Afghanistan – considerata giusta e diretta conseguenza degli attentati dell'11 settembre 2001 – è praticamente vinta. Una escalation militare in un Paese che gli elettori credevano essere ormai sicuro non gioverebbe di certo ai repubblicani. Anche perché i marines aggiunti non sarebbero impiegati per dare la caccia a Osama bin Laden, dovunque esso sia, come suggerito anche dagli aspiranti candidati democratici alle prossime presidenziali. Ma andrebbero a cercare di raddrizzare le sorti di un conflitto che gli americani, sempre più disillusi sulla guerra in Iraq, credevano di essersi ormai lasciati alle spalle.