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Noi stiamo coi Talebani

di Andrea Marcon - 04/12/2007

 

Lo gridiamo ancora, anche dopo che la polizia ha sequestrato alla manifestazione di Roma del 9 giugno scorso il nostro striscione che riportava questa frase. Stiamo con i Talebani. Il che non significa che ne condividiamo le idee; a noi non piacciono gli integralisti, di qualunque tipo e colore: né i crociati neocon né i fanatici del Corano. Tantomeno ci piacciono coloro che, fosse anche per difendere il più nobile degli ideali, colpiscono deliberatamente la popolazione civile. Che è esattamente quanto fa la Nato, in Afghanistan come altrove (di colpire i civili, non di difendere nobili ideali) ma che avremmo voluto non facessero pure i Talebani, anche se è evidente che colpire un nemico che si rifiuta vigliaccamente di scendere sul campo di battaglia e uccide con le sue bombe da migliaia di chilometri di distanza finisce col rendere inevitabile il ricorso a strategie terroristiche.
Non ci piacciono insomma i Talebani in quanto tali, ma sappiamo ancora distinguere tra invasori e resistenti e crediamo fermamente al principio di autodeterminazione dei popoli. E tra gli invasori degli stessi afghani, ovviamente per il loro bene, c’è purtroppo anche il governo italiano: sì, il governo, perché è assodato che la stragrande maggioranza degli italiani è contraria a questa guerra, così come lo era a quella contro l’Iraq. Ma si sa, la volontà popolare non conta nulla in questa paradossale democrazia, per non parlare della Costituzione e del suo articolo 11 (“L’Italia ripudia la guerra etc. etc….”). Ci vengono a dire che noi non siamo lì per combattere ma per “aiutare la popolazione civile, per costruire scuole, ponti, ospedali…”. Le solite parole con le quali si è sempre cercato di giustificare secoli di colonizzazioni. Troviamo molto meno ipocrite quelle di Kari Yusuf Ahmadi, portavoce dei Talebani: “Non ci interessa se gli italiani distribuiscono elemosine o sparano. Sono alleati degli americani e quindi invasori. Se ne devono andare. Prima lo capiscono e meglio sarà per loro».
Minacce che suonano sinistre e da tenere in seria considerazione, visto che i Talebani controllano ormai la stragrande maggioranza dell’Afghanistan e stanno stringendo il loro cerchio intorno a Kabul. Noi aspettiamo, sicuri che se questa missione si rivelerà un’ecatombe per l’esercito italiano (ovviamente non ce lo auguriamo), coloro che adesso nascondono la testa nella sabbia e continuano a votare il rifinanziamento della missione medesima saranno i primi a strillare che questa guerra è stata un tragico errore e che “noi lo avevamo detto”. Miserabili, voi per i quali la permanenza in carica del governo Prodi e il compimento del periodo per la maturazione della vostra pensione da parlamentare valgono di più della vita di migliaia di afgani e di decine di soldati italiani. Noi stiamo con i Talebani, ma la morte di Paladini e quella di tanti altri innocenti ricadono e ricadranno tutte sulle vostre coscienze.