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Palestina a 60 anni dalla Nakba

di Filippo Fortunato Pilato - 05/12/2007

Fonte: Aid-Jerusalem-Holy-Land.Org

 

 

 

Sono appena rientrato da Milano dove si è svolta la Conferenza "Palestina a 60 anni dalla Nakba", alla quale anche noi cattolici (un particolare ringraziamento ad Alessio ed amici, che tra il pubblico hanno animato e vigilato l'evento) di Aid-Jerusalem-Holy-Land.Org (organizzazione dichiaratamente cattolica e non-di-sinistra) siamo stati ospitati per poter offrire il nostro contributo umano, culturale, spirituale, solidale, al popolo palestinese che soffre da tanti decenni una politica di sterminio e annientamento politico e geografico.

Non è un segreto che alcuni di noi da alcuni anni fanno la spola su e giù tra Europa e Palestina per portare conforto, amicizia, solidarietà, umane e spirituali, pratiche ed economiche, per sostenere attività lavorative, educative, mediche, in serio pericolo, oltre che per documentarne la realtà.

Siamo stati onorati di poter essere presenti fianco a fianco a rappresentanti palestinesi figli della Nakba (a maggioranza musulmana), a rappresentanti dei movimenti anti-sionisti di solidarietà palestinese italiani ed europei di varie colorazioni e collocazioni politiche, a don Nandino Capovilla di Pax Christi International (eroico e bravissimo sacerdote cattolico che spesso rischia di persona insieme ai suoi parrocchiani per essere presente, solidarizzare e monitorare da vicino i luoghi più caldi di Palestina), nonchè, dulcis in fundo, alla brava e simpatica Angela Lano, Direttrice dell'Agenzia di Stampa on-line InfoPal.it, che con metodo, perseveranza e determinazione, oltre ad offrire un ottimo servizio di informazione non-censurata, sa organizzare eventi come questo, per coagulare le varie anime che sostengono in egual misura la causa della libertà e dei diritti del popolo palestinese, denunciando senza mezze misure l'ingiusta e criminosa aggressione israeliano-sionista (più volte condannata sia dal'Alta Corte Europea che dal Consiglio Superiore dell'ONU).

Purtroppo Padre Atallah Hannah, Archimandrita della Chiesa cristiana ortodossa di Palestina, non è potuto essere presente a causa del diniego del visto di uscita da parte dell'autorità israeliana in servizio all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.

Ce lo aspettavamo e non è la prima volta che egli debba subire quest'abuso "democratico", da parte israeliana, nella sua limitazione al movimento.

 

Da sottolineare le presenze importanti, sia come rappresentanti di associazione che per il peso degli interventi, del dott. Daud Abdullah, responsabile del Palestinian Return Center di Londra, dell'arch. Mohammad Hannoun, Abspp-ONLUS (Genova), di Gretta Duisenberg, presidente di Stop The War (Olanda), ed ovviamente degli amici dell'Associazione di Solidarietà con il Popolo Palestinese Abspp-ONLUS (Milano), nella persona dell'arch. Bassam Abu Awwad, autore anche del libro di imminente pubblicazione su questo sito, "Palestina, la pace mancante".

Non meno interessanti ed importanti per i loro contenuti gli interventi dell'Avvocato Dario Rossi, dei Giuristi Democratici, di Andrea del Grosso, Associazione Hawiyya, di Alfredo Tradardi, ISM-Italia.

Il tutto diretto e moderato con cortese professionalità dall'amica Angela Lano, www.infopal.it, cui vanno i più sinceri ringraziamenti per l'ospitalità riservataci.

La comunità islamica palestinese, presente numerosa alla conferenza e poi reincontrata il giorno successivo nella loro sede milanese, ha dato grande esempio di educazione al rispetto ed alla tolleranza, manifestando chiari e sinceri sentimenti di amicizia con coloro che condividono la comprensione (per quanto limitata possa essere per chi non viva il dramma della nakba sulla propria pelle) per le loro ansie e sofferenze, al di là della fede professata o delle posizioni politiche espresse.

Non si trattava di un incontro ecumenico, ma di una manifestazione di condivisione e solidarietà per il problema della minaccia di totale sopraffazione, etnica e territoriale, ai danni del popolo arabo palestinese, cristiano e musulmano, che patisce ormai da troppo tempo un'ingiusta persecuzione e sterminio ad opera di un esercito di occupazione straniero bene armato.

 

Note di merito.

Gli interventi più incisivi ed apprezzati sono stati comunque quelli del dott. Daud Abdullah, responsabile del Palestinian Return Center di Londra, dell'arch. Mohammad Hannoun, Abspp-ONLUS (Genova), di Gretta Duisenberg, presidente di Stop The War (Olanda).  Da menzionare, per onestà intellettuale, anche l'intervento di Andrea del Grosso, Hawiyya, che ha sottolineato la necessità di mettere da parte i particolarismi per unire maggiormente le forze antisioniste in questi difficili momenti di disastro umanitario in Palestina.

Data la latitanza dell'interprete ufficiale dall'inglese, il sottoscritto, anche se con riluttanza, è stato precettato per la bisogna.

Mi scuso con gli amici per le inesattezze ed errori nella traduzione simultanea, dovuti ad un uso linguistico e d'interpretariato non professionale.

 

Il dott. Daud Abdullah ha messo subito il dito sulla piaga, mettendo in luce il controsenso dell'incontro di Annapolis. Perchè per lui questo incontro segna l'inizio della Terza Nakba, del terzo esodo palestinese. Perchè quando Olmert e soci propongono scambi territoriali per facilitare la formazione di uno Stato Palestinese, essi intendono far sloggiare gli arabi da zone quali Gerusalemme e Gerusalemme Est, come da altre zone a popolazione mista arabo-israeliana, verso zone dalle quali essi ritirerebbero la presenza ebraica, quali il Golam e parte del Negev. Zone desertiche nelle quali si dovrebbero ammassare i palestinesi che vivono in territorio israeliano. Mentre Israele si ritroverebbe le zone migliori, nelle quali ha ormai insediato centinaia di migliaia di coloni, completamente libere da arabi.

Ecco la formazione dei due Stati vagheggiata da Israele.

Una Terza Nakba appunto.

Di fronte ad una qualsiasi insofferenza palestinese per la fregatura subita, Israele si potrebbe poi sempre riprendere possesso, manu militari, di quei territori "magnanimamente ceduti". Ed il gioco è fatto. Il Grande Israele è salvo e gli arabi sarebbero fuori dalla porta della propria casa. Grandi affaristi gli israeliani.

Sempre il dott. Daud Abdullah ci ha fatto osservare come, mentre in Europa la popolazione autoctona chiede giustamente la difesa della propria identità ed il rimpatrio degli immigrati in eccedenza o che compiano atti criminali, in Palestina succede stranamente proprio il contrario: gli immigrati giudaico-sionisti, che compiono crimini efferati, spingono la popolazione autoctona araba all'esilio forzato dalle proprie terre.

 

 

 

L'arch. Mohammad Hannoun invece ha sostenuto un infuocato e appassionato discorso, tutto d'un fiato, che si vedeva bene gli sgorgava dal cuore. Figlio della Nakba, era cresciuto in esilio, trovando sul suolo italiano acoglienza, disponibilità a portare a termine i suoi studi, la possibilità di lavorare come architetto e di crescere in pace. Ma il richiamo del sangue e dei legami di famiglia lo riportano con il cuore e la mente là dove sono le sue radici e dove gli è impedito di tornare. L'arch. Hannoun non potrà mai andare a pregare sulla tomba dei suoi cari, non potrà rivedere le terre che gli hanno dato i natali, non potrà tornare nella sua casa di quando era bambino e di cui ancora custodisce le chiavi. In più deve assistere impotente alla devastazione di quel poco di Palestina che ancora rimane a testimoniare il passaggio di un popolo che voleva vivere in pace e che si è visto rubare la terra sotto gli occhi. Reagire per legittima difesa vorrebbe dire essere considerati "terroristi". E chiedere aiuto al mondo non serve a nulla: perchè il mondo o gira la testa dall'altra parte o si rende complice dell'invasore sionista.

È un grido di disperazione e di denuncia nei confronti di tutto il mondo che vigliaccamente sta dalla parte dell'oppressore, che si alza chiaro e forte da quest'uomo palestinese dai modi gentili e di grande generosità d'animo.

L'amico Hannoun ricorda infine la voluta coincidenza delle date di Annapolis:

 

il 29 novembre del 1947 le Nazioni Unite approvavano la risoluzione 181 (votarono a favore URSS, USA e Francia, e gli Stati arabi votano contro; la Gran Bretagna, la Cina ed altri si astennero), che prevede la divisione della Palestina in tre parti:
- uno stato ebraico sul 56% del territorio
- uno stato palestinese
- una zona internazionale che comprenda Gerusalemme e Betlemme.
Il confine tracciato viene definito "Linea Verde"

(da Bassam Abu Awwad:"Palestina, la pace mancante")

 

 

 

Gretta Duisenberg con stile ineffabile invece elenca una serie di crimini commesi da Israele e condannati più volte dall'autorità europea e dall'Onu, compilando anche un rosario di richieste irrinunciabili per porre fine alla dittatura sionista in Palestina.

È un elenco di punti fermi ben articolati e studiati nei particolari, che denota un'ottima conoscenza legale e tecnica della posta in gioco.

Secondo la legge internazionale, Gretta conferma che Israele dovrebbe:

  • smantellare le sue armi di distruzione di massa, in una maniera verificabile e ricevendo garanzie internazionali riguardo ai confini (tipo Libano)
  • riconoscimento dello Stato Palestinese con tutti i territori antecedenti al 1967
  • proposta di un ambasciatore israeliano presso il Governo Palestinese che possa risiedere a Gerusalemme Est
  • conseguentemente anche un ambasciatore palestinese che possa risiedere nella Gerusalemme Ovest
  • rimpatrio di tutti i coloni illegali entro i confini israeliani
  • rimozione dei Muri illegali presenti nel West bank e la compensazione per i danni causati
  • liberazione di tutti i prigionieri palestinesi e libanesi
  • fine dell'assedio di Gaza da terra, dal cielo, dal mare, completamente
  • fine degli attacchi a bersagli palestinesi: siano essi esseri umani, edifici o qualsiasi altro tipo di infrastrutture
  • porre fine al sistema di identificazione discriminante nei confronti dei cittadini palestinesi
  • porre fine ad ogni atto di aggressione e violazione dell'integrità di ogni Stato confinante con Israele

Gretta, moglie del primo presidente della Banca Centrale Europea, Wim Duisenberg, mancato nel 2005, sono decenni ormai che ha abbracciato la causa palestinese come parte integrale della sua esistenza, impegnandosi a tempo pieno e con ogni mezzo disponibile, subendo per ciò molestie e persecuzioni personali gravissime.

 

Un bel gruppo di amici, provenienti da mezza Europa e con un diverso bagaglio di esperienze sulle spalle, con visioni anche contrastanti tra loro per quel che riguarda progettualità politiche ed etiche, ma con l'intento di fare fronte comune per un fine superiore, che è la richiesta a gran voce dei diritti calpestati della popolazione autoctona araba palestinese e del bacino mediorientale, della fine dell'assedio di Gaza Strip, della fine dell'occupazione coloniale sionista, dell'abbattimento dei Muri illegalmente edificati da Israele sul territorio palestinese, per il diritto al ritorno alle proprie case da parte delle famiglie palestinesi che se le sono viste rubare a mano armata da coloni europei in kippa.

Quelle famiglie palestinesi che hanno la fortuna di non aver visto abbattute le proprie case edificate con gran fatica e sacrificio.

 

Infine deve finire la menzogna che presenta Israele come una "democrazia": nessuna democrazia compie i massacri che Israele compie; nessuna democrazia stermina la popolazione civile  indiscriminatamente; in nessuna democrazia ci sono caste o razze che sono superiori ad altre per la semplice appartenenza religiosa od etnica, con diversi diritti d'uso dei servizi e mezzi pubblici, strade, scuole, ospedali, fonti idriche; in nessuna democrazia si sperimentano nuove armi chimiche e di distruzione di massa sui civili.

 

 

Semplicemente Israele non è una democrazia, ma una dittatura coloniale a prevalenza teocratica ed etnocentrica, molto astuta sicuramente, che gode di appoggi internazionali e militari potentissimi, con ampie risorse economiche, al di là di ogni immaginabile limite.

Ma sempre dittatura sanguinaria resta.

Questo il mondo lo deve sapere.

 

 

 

Quando andremo a votare, tra breve, i nostri politici di governo, ricordiamoci delle facce di quelli che si sono messi una kippa in testa e cosparso il capo di cenere, che si sono sbracciati e coccolati con gli assassini che reggono il potere sionista, che hanno dichiarato sudditanza e sottomissione allo Stato d'Israele, che quando ne hanno avuto la possibilità non hanno vigliaccamente mosso un dito nè spezzato una freccia in favore della popolazione araba oppressa sotto il tallone di Giuda.

Perchè se li votiamo, saremo loro complici nel genocidio della gente di Terra Santa.

Nota stonata

Ho pensato a lungo prima di decidermi a riferire dell'episodio che segue, ma alla fine ho ritenuto opportuno farlo, non per un puerile spirito di rivalsa, ma per mettere in risalto i comportamenti scorretti che bisognerebbe evitare, affinchè nel futuro il senso di responsabile condivisione degli intenti e degli sforzi non sia vanificato da sconsiderate parole e giudizi temerari nei confronti di amici presenti a questo tipo di incontri, nel rispetto della fede professata e delle idee.

Si può anche confutare una posizione o confrontarsi con un amico con visioni diverse dalle nostre, che stia però condividendo con noi questo momento di solidarietà, ma mai usando il turpiloquio e l'offesa come metodo discriminativo, nè nei confronti dell'amico, nè nei confronti di ciò o coloro che rappresentano la sua fede. Tutto ciò sembrerebbe ovvio, ma non sempre è così.

Incredibile a dirsi (ma neanche poi troppo) l'unica nota stonata è provenuta da ambienti "cristiano" progressisti, che nella figura di un singolo rappresentante (di se stesso) non ha perso l'occasione di offendere ripetutamente per provocare reazioni che non sarebbero state consone al momento e agli obiettivi che tutti ci eravamo prefissi.

Ad un primo grave e pesante insulto, irripetibile oltre che gratuito ed assolutamente fuori luogo, nei confronti del Santo Padre Benedetto XVI, e nonostante che sorridendo gli si fosse fatto notare che stava parlando con un cattolico che ama il suo Papa, questa persona poco educata e per nulla consapevole del senso di responsabilità che sarebbe stato doveroso in tali circostanze, calcava la dose.

Oltre a ripetere l'insulto con maggior veemenza (con accento rasposo non italico) esternava la personale speranza che al Santo Padre fosse riservata dal destino una breve vita terrena, affinchè gli potesse succedesse un Papa più "democratico", che liberalizzasse anticoncezionali e preservativi, celibato sacerdotale, e così via dicendo, amenamente.

Evidentemente deve aver trovato naturale tale modo di esprimersi, e probabilmente con le persone con cui tale persona si rapporta abitualmente nessuno mai ha avuto nulla da ridire: in fin dei conti si stava oltraggiando ed augurando la morte solo al Papa, mica a qualche esponente religioso dell'Islam o dell'Ortossia. Vergognoso.

È stato penoso e imbarazzante dover assistere ad un conato d'odio così sfrontato e vergognoso, di fronte agli amici rappresentanti musulmani, donne e uomini, i quali osservando tale sceneggiata non potevano che prendere atto della poca saggezza e senso di misericordia da parte di certi cristiani.

Desiderare la morte di qualcuno, ed oltretutto del proprio capo spirituale, è assolutamente pessima attitudine mentale e mancanza di carità cristiana.

Manifestare tale desiderio, sicuramente non ispirato da buoni sentimenti, per giunta pubblicamente e di fronte ad appartenenti ad altre confessioni religiose, è sicuramente cosa altamente sciocca.

Ma quando l'orgoglio prende il sopravvento, accecando i cuori, questi sono i risultati deleteri.

L'intento era deliberatamente offensivo e provocatorio di una lite che non avevo alcun intenzione di concedere.

Ribattuto brevemente ad alcune scempiaggini inarticolate e contraddittorie del sano pensiero cristiano, esternata ancora una volta la mia professione di fede, confermato il mio attaccamento al soglio di Pietro (...era da tre ore che stavamo tutti insieme, dal pranzo in poi, e avevamo avuto abbondantemente tempo per chiarire le nostre rispettive posizioni, a scanso di equivoci, per facilitare la reciproca comprensione ed evitare "incidenti diplomatici"...), rinnovai l'appello a rimandare il confronto teologico, (non voluto nè richiesto e che sicuramente, dato l'esordio e la poca dimestichezza dimostrata in materia di Dottrina e Magistero, non credo che questa persona sarebbe in grado di sostenere) ad altra sede, a fronte di un obiettivo superiore da raggiungere, che era l'unità nella diversità per riuscire a contrastare al meglio la dittatura sionista ed i suoi malefici aspetti.

Posso solo sperare che in futuro tale persona usi un più maturo senso di carità e meno veemenza nel contrastare questioni di fede e dottrina. Questioni che non vanno affrontate con l'animo pieno di risentimento ed odio, nè tantomeno senza quella giusta dose di umiltà, che non ci può far credere di essere i più bravi ed intelligenti, tantomeno nei confronti del Vicario di Cristo.

Magari alle volte le cose vanno solo viste ed analizzate da un altro punto d'osservazione, per apparirci poi meno ostiche ed incomprensibili.

 

So bene che tale mia esternazione potrà trovare spazio solo su questo sito, perchè scomoda ad un certo tipo di movimento. Ma questa è la verità delle cose.

 

Mi auguro altresì che la prossima volta possa essere invitato anche un rappresentante della Custodia di Terra Santa, cui io sono legato in modo particolare, per testimoniare anche del grande lavoro, nel silenzio e nel nascondimento, che da circa 800 anni i Frati Minori Francescani compiono a beneficio non solo della cristianità, ma della popolazione araba di Terra Santa in generale.

Non voler tener conto della loro opera è compiere una omissione di non poco conto.

So per certo, per contatti telefonici intercorsi, che alcuni Padri responsabili di alcuni settori della Custodia di Terra Santa, se avvisati per tempo, si sarebbero anche resi disponibili all'incontro.

La loro testimonianza di presenza ininterrotta in Terra Santa, al fianco degli ultimi e dei più umili, pagata con un alto tributo di sangue e sofferenze nei secoli, sarebbe cosa di altissimo valore e che porterebbe di sicuro un apporto notevole al processo di comprensione del dramma palestinese.

Se c'è posto per l'Archimandrita Atallah Hannah, c'è posto anche per un Commissario di Terra Santa della Custodia Francescana o del Patriarcato Latino.

 

Chiedo scusa per questa lunga parentesi, specie all'amica Angela Lano, che tanto si è profusa per realizzare questa conferenza, dimostrando una disponibilità all'incontro e alla condivisione che ha voluto andare al di là di false trincee e barriere ideologiche create solo per dividerci e negarci la Verità.

Lei ha fatto tutto il possibile ed anche di più.

Non è colpa sua se certi animi sono accecati di un odio incontenibile verso Roma ed il Papato, che, loro piaccia o non piaccia, rappresentano la cattolicità nel mondo, e non quei quattro teologi e teologhesse tronfi e carichi di presunzione sulfurea.

Purtroppo dobbiamo confrontarci ancora, anche all'interno di un movimento che si batte contro le discriminazioni, con vecchi fantasmi astiosi e rancorosi di un'intolleranza fuori luogo e autolesionista. Fantasmi che si nascondono ovunque.

 

Come mi capitò di dire all'unisono, proprio in quest'occasione, con un'amica presente, non cristiana e per giunta di sinistra: "Respect".

Evidentemente l'altra mia amica neo-modernista, "nemica di Ratzinger a morte", era distratta e non ha raccolto il saggio invito.

 

Chi desiderasse riportare questo breve resoconto della conferenza sul proprio sito, ma trovasse sconveniente questa nota critica, ha la mia completa autorizzazione a rimuovere, se lo ritiene opportuno, tutta questa parte evidenziata in blù.

La verità rimane comunque questa, anche se urticante.

 

Questa è la mia massima disponibilità e dimostrazione di buona volontà a voler minimizzare l'accaduto.

Che andava però stigmatizzato per correttezza ed onor di cronaca nei confronti di quei circa 2500 iscritti, giornalisti, politici, professionisti, amici delle nostre newsletters.