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Per combattere la fame basta non seguire le regole della Banca Mondiale

di redazionale - 07/12/2007

   
 
La popolazione del Malawi per anni ha sofferto la fame. Dopo il disastroso raccolto del 2005, cinque dei sedici milioni di abitanti del Paese necessitavano di aiuti alimentari.

Da quest’anno però, il Malawi sta nutrendo i suoi affamati vicini: è il maggior venditore di grano dell’Africa subsahariana per il World Food Program e sta esportando centinaia di migliaia di tonnellate di cereali verso lo Zimbawe.

Questa rivoluzione può essere spiegata con una sola parola: sussidi pubblici. Negli ultimi vent’anni, la Banca mondiale ha spinto il Malawi ad aderire alle politiche di libero mercato e a tagliare o eliminare i sussidi per l’acquisto di fertilizzanti, nonostante Stati Uniti e Unione Europea continuino a elargire generosi aiuti ai propri agricoltori.
Secondo un rapporto interno della Banca Mondiale, questi provvedimenti hanno provocato un rialzo esorbitante dei prezzi dei fertilizzanti in Africa, mentre la qualità dei terreni coltivabili è calata con una conseguente diminuzione della produzione agricola. Meno cibo prodotto, più fame per la popolazione, e il Malawi ha dovuto subire per anni l’umiliazione degli aiuti alimentari

Ma dopo la crisi alimentare del 2005, Bingu wa Mutharika, presidente del Malawi, ha inaugurato un’importante politica di sovvenzioni statali all’agricoltura, soprattutto fornendo forti sussidi agli agricoltori per l’acquisto di fertilizzanti e promuovendo la coltivazione di prodotti locali.
Il successo è stato immediato: l’agricoltura ha recuperato il suo ruolo centrale nell’economia del Paese e gli investimenti pubblici ora si stanno concentrando sulla formazione dei contadini, il seedsaving, la concessione di crediti alle aziende, la ricerca in campo agricolo.

I numeri parlano chiaro, in Malawi la produzione di grano è passata da 1.2 milioni di tonnellate nel 2005, a 2.7 milioni nel 2006 a 3.4 milioni nel 2007, in due anni praticamente triplicata. Il Governo non ha fatto altro che non rispettare i precetti della Banca Mondiale, l’istituzione che dovrebbe, fra le altre cose, combattere la fame nel mondo.

Fonte :
The New York Times