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Ratzinger antimoderno?

di Giuliano Corà/Antonio Gentilucci - 09/12/2007

     

 

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Vi devo confessare che, sentendo alla radio e in tv le prime anticipazioni sull’ultima enciclica del Papa, mi era venuta la tentazione di correre ad iscriverlo ad honorem a Movimento Zero. Tutto, in quel che sentivo, pareva andare nella stessa direzione dell’antimodernismo di MZ: il monito sul fallimento dell’algido razionalismo illuminista e del plumbeo materialismo marxista; l’affermazione di come nessuno dei due sia riuscito a dare all’uomo la felicità né abbia mantenuto le sue promesse di rinnovamento, se non addirittura di rivoluzione; il richiamo, soprattutto, alla necessità di un recupero di radici antiche, spirituali e religiose, che sole possono dare un senso all’esistenza. Basta sfogliare un qualsiasi testo di antropologia religiosa, per sapere quanto sia vero, per scoprire un universo immenso di tradizioni e simboli che per millenni hanno sostanziato le attività umane, dalle società "primitive" a quella medievale, un patrimonio pervicacemente disperso prima dall’Illuminismo a colpi di ghigliottina, poi dal marxismo e dal capitalismo, apparentemente agli antipodi, in realtà facce della stessa medaglia, quella del Progresso. Ma le mie speranze sono state velocemente frustrate. Avrei dovuto dar retta a Cacciari: "Ma volete che il Papa non faccia il Papa?". Giusto: infatti, anche questa volta i salmi sono finiti in gloria, e quando i giornali hanno pubblicato le prime anticipazioni concrete ci si è subito potuti render conto di dove voleva andare a parare. Non alla religiosità, al Sacro, ma alla religione, anzi – naturalmente – "la" Religione, l’unica "vera", l’unica possibile: quella cristiana; anzi: quella cattolica. Tanto rumore per nulla, dunque. Quello che pareva dover essere un monito alle coscienze inaridite dell’Europa, si è rivelato non essere altro che l’ennesimo, arrogante ma anche noioso, pamphlet integralista; l’ennesimo arrocco intollerante attorno ad una "Verità" che in quanto rivelata si autogiustifica, e non ammette contraddittori. Insomma: “Extra Ecclesiam nulla salus”, fuori dalla Chiesa non v’è salvezza, come scrisse San Cipriano circa milleottocento anni fa. Non una gran novità, appunto. E vien dunque da concludere che di questo deludente testo non si sentisse affatto il bisogno.
Giuliano Corà

La seconda enciclica di Benedetto XVI, tolto il latino sacrale di un documento pontificio, è un chiaro atto di accusa ai fondamenti della Modernità.
L’Illuminismo ha inneggiato alla Razionalità come artefice di un mondo perfetto qui in terra. Col Positivismo, e per tutto il Ventesimo Secolo, con la realtà della Tecnica, si è giunti all’idea che la scienza (razionalità che produce scoperte e tecnica) fosse la nuova speranza per il mondo; il Progresso (bel progresso: da Bacone a Odifreddi, da Galileo a Severino Antinori...) ne sarebbe la prova provata: siamo allo Scientismo. Tutta la modernità ripiega sul materialismo. Ratzinger ne constata il fallimento: esso non è riuscito a rispondere ai bisogni dell’uomo,  cui ha fatto perdere la bussola.
Ma Benedetto XVI - e questa è musica per chi, come chi scrive, auspica un rinnovamento della Chiesa - ne ha anche per i destinatari propri dell’enciclica. Per i fedeli adagiatisi in un comodo cristianesimo borghese:  “...se, in definitiva, il mio benessere, la mia incolumità è più importante della verità e della giustizia, allora vige il dominio del più forte”. E per gli ecclesiastici stessi, in maniera più velata: la Chiesa non ha avuto il coraggio, nell’ultimo secolo, di controbattere la fede illuminista e scientista, e l’ha piuttosto subita, riducendo il cristianesimo ad un’etica umanista dei buoni sentimenti. Il risultato, aggiungo io, è che la Chiesa, sulla difensiva e senza coraggio, abbandonando la disputa, ha scelto poi per le sue inevitabili battaglie la via più facile: imporre diktat.
Ora, siccome non si può chiedere al Papa di non fare il Papa, e visto che l’enciclica è rivolta a “tutti i fedeli laici sulla speranza cristiana”, la soluzione che Ratzinger propone non può che essere un ritorno a Cristo (che è, per il credente, la verità rivelata, come dice giustamente qui sopra Corà). Ma credo che Movimento Zero non debba dispiacersi di una Chiesa che abbandoni il suo complesso d’inferiorità  verso la Modernità, dopo aver cercato pateticamente di inseguirla. Una Chiesa che pretenda da fedeli sempre più pigri che ridimensionino l’importanza del benessere materiale, e che lavori affinché l’uomo si ricordi di essere una creatura “sacra”. Quest’ultimo auspicio è centrale, secondo me, perché ci si rifiuti di continuare ad essere semplici ingranaggi di un sistema senza senso. Ogni religione, nel mondo tecnologico, ha questo compito.
Antonio Gentilucci