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Israele rilancia la costruzione di una colonia controversa

di Michel Bôle-Richard - 10/12/2007





Una settimana dopo il summit di Annapolis (Maryland), l'amministrazione israeliana ha annunciato di aver lanciato una gara d’appalto per la costruzione di 307 nuovi appartamenti nella colonia di Har Homa. La creazione di questa insediamento, in prossimità di Betlemme, alla fine degli anni novanta, aveva già sollevato aspre controversie.

Proprio mentre dei colloqui si devono aprire il 12 dicembre per tentare di creare uno Stato palestinese, l'ampliamento di Har Homa viene considerato dai palestinesi "una provocazione". "Se Israele non annulla questa decisione, allora saboterà i risultati di Annapolis ancor prima che la loro implementazione abbia inizio", ha dichiarato Saeb Erakat, primo consigliere di Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità palestinese.

Per il governo israeliano di Ehoud Olmert, questa colonia fa parte della "Grande Gerusalemme" e dovrebbe, nella prospettiva della creazione della Palestina, essere inglobata in quella che gli israeliani definiscono la loro "capitale unificata e indivisibile". Invece – secondo i palestinesi – è situata sul territorio conquistato durante la guerra dei Sei giorni (1967) e dovrà far parte di Gerusalemme Est, di cui l'Autorità palestinese intende fare la sua capitale.

Appendice di Gerusalemme

Olmert si è impegnato a proibire la costruzione di nuovi insediamenti e a smantellare le colonie "selvagge", ma si è rifiutato di impedire l’ampliamento delle colonie esistenti, specialmente nei tre grandi blocchi che sono ritenuti far parte del territorio israeliano. La questione è sapere se Har Homa dovrà essere considerata come un appendice di Gerusalemme, come sostiene Mark Regev, porta-voce del governo, secondo cui "Israele stabilisce una chiara distinzione tra la Cisgiordania e Gerusalemme, che cade sotto la sovranità israeliana".

Nella prospettiva dei negoziati sul futuro di Gerusalemme Est e sul tracciato delle frontiere della Palestina, Israele intende salvaguardare le sue conquiste sul terreno. Circa 180mila coloni sono insediati a Gerusalemme Est e altri 267.500 in Cisgiordania, di cui circa due terzi a ovest della "barriera di sicurezza" che, una volta terminata, si estenderà per 760 chilometri. Israele intende salvaguardare il territorio conquistato grazie alla costruzione di questa barriera (circa il 10 per cento delle Cisgiordania), così come tutta la riva occidentale del Giordano.

È per questo che Ehoud Barak, ministro della Difesa, ha proposto, domenica 2 dicembre, di approvare una legge che consente di offrire una compensazione ai coloni che vivono a est della “barriera di sicurezza" e intendono abbandonare volontariamente le loro abitazioni. Tra i 70 mila e gli 80 mila coloni si trovano in questa situazione e dovranno essere evacuati in caso di creazione dello Stato palestinese. Questo progetto ha suscitato le proteste della destra e dei sostenitori della "Grande Israele".

Questi ultimi protestano anche contro le proposte di Olmert, che ha parlato della distruzione di 21 colonie "selvagge" sulle 105 registrate attualmente dall’organizzazione Peace Now. In un rapporto pubblicato martedì, questo movimento che si oppone alla colonizzazione della Cisgiordania sottolinea che, su 3.449 ordini di demolizione, solo 107 sono stati eseguiti nel corso degli ultimi dieci anni. Quanto alle numerose promesse di smantellare le colonie "selvagge", esse non sono mai state seguite dai fatti.

(Traduzione di Carlo M. Miele)

Le Monde
L’articolo in lingua originale