Ricordando la strage di Timisoara, un impressionante esempio di falso giornalistico
di Simona Tratzi - 29/12/2005
Fonte: peacereporter.net
Immagini della menzogna“Il massacro di Timisoara” raccontato dai media di tutto il mondo è stato uno dei casi di disinformazione più eclatanti degli ultimi vent’anni.A pochi giorni dal Natale del 1989 gli spettatori del mondo intero si commossero di fronte al “vero” volto dell’oppressione comunista del regime di Ceausescu vedendo i corpi dei ribelli torturati e poi uccisi dalla polizia del dittatore.
Ancora oggi, nonostante la certezza che si trattò di una messa in scena, è difficile dimenticare l’impatto emotivo di quelle immagini toccanti che diventarono parte della nostra memoria storica.
La rivolta. Sono passati quasi vent’anni dalla svolta anticomunista dei Paesi che aderirono al Patto di Varsavia. Nel 1989 l’Europa dell’Est attraversò diverse rivoluzioni che portarono alla caduta dei regimi. In Ungheria, Bulgaria, Repubblica Democratica Tedesca e Cecoslovacchia si raggiunsero nuove forme di governo senza spargimenti di sangue. Il caso della Romania fu invece emblematico a causa del “conducator” Nicolae Ceausescu, fortemente odiato dalla popolazione. La rivoluzione che lo cacciò dal potere fu tutt’altro che pacifica. La prima città a ribellarsi fu Timisoara, capoluogo del distretto di Timis, al confine con l’Ungheria. Dal 17 al 22 dicembre 1989 si scatenò la reazione dell’esercito contro la popolazione in rivolta. La Securitate, la polizia segreta del regime, si impose con la forza contro la popolazione, attaccando i manifestanti con carri armati e lacrimogeni. Ceausescu ordinò di chiudere tutte le frontiere, soprattutto ai giornalisti che vennero tenuti lontani dalla città durante gli scontri. In particolare il 17 dicembre una folla immensa manifestò contro il regime, occupando il quartiere generale del partito Comunista e bruciando le immagini del dittatore.
Il ruolo delle agenzie di stampa. In seguito a questi scontri l’agenzia di stampa ungherese Mti raccolse la voce di un anonimo cittadino cecoslovacco che raccontava “di colpi di arma da fuoco sparati a Timisoara”. Un paio di giorni più tardi le fonti delle notizie per i giornalisti di tutto il mondo diventarono i cittadini che riuscirono a varcare la frontiera. L’agenzia Adn dell’ex Germania comunista fornì per prima la notizia della “tragedia”. “Ci sono 4.660 morti, 1860 feriti, 13.000 arresti, 7.000 condanne a morte”. Il giorno dopo la Tv di Stato ungherese diffuse la notizia del ritrovamento della prima fossa comune. Da tutte le televisioni del mondo occidentale cominciarono a provenire immagini di corpi mutilati, appena disseppelliti. Le notizie sulla strage causata dalla rivoluzione contro il regime di Ceausescu rimbalzarono di agenzia in agenzia, raggiungendo le case di milioni di persone. I racconti furono dettagliati e precisi: 4.362 morti e 13.214 i condannati a morte. Entrato nel circuito informativo nel periodo natalizio, il massacro di Timisoara fu mostrato in continuazione dalle televisioni e raccontato attraverso reportage dai toni appassionati da tutti i maggiori giornali (Corriere della Sera, Figaro, New York Times, Le Monde, Washington Post), commuovendo l’opinione pubblica occidentale.
I corpi, appena esumati, erano in parte ricoperti di terra: quasi tutti con una lunga ferita, dall’alto in basso sul torace, grossolanamente ricucita. In particolare l’immagine che commosse gli spettatori fu quella del corpo di una donna che giaceva supino e, sopra di lei, il minuscolo cadavere di una bimba, apparentemente appena nata, che la stampa si affrettò a identificare come madre e figlia.
La verità. Solo a partire dal 24 gennaio 1990 cominciarono a circolare le prime smentite rispetto alla rivolta di Timisoara. Una rete televisiva tedesca trasmise alcune testimonianze oculari dalla cittadina, secondo cui le immagini di orrore e la scoperta delle fosse comuni erano una messa in scena. Anche l’agenzia di stampa France Presse scrisse che le immagini dei cadaveri mutilati mostrati dalle televisioni non erano altro che una messa in scena. Raccolse la testimonianza di tre medici di Timisoara che affermarono che i corpi di persone decedute di morte naturale furono prelevati dall’istituto medico legale della città ed esposte alle telecamere della televisione come vittime della Securitate. Quando si ebbe la certezza che la “strage di Timisoara” non aveva niente a che fare con la realtà e che si trattava di un falso giornalistico costruito attraverso la televisione, furono pochissimi gli organi di stampa a riferirlo ai lettori. Da indagini più approfondite emerse che quei corpi provenivano da un cimitero dei poveri: le ferite sul torace non erano i segni della tortura, ma dell’autopsia. Si rivelò, inoltre, che le salme riesumate erano in tutto 13: corpi di sventurati barboni sepolti nei mesi precedenti. Risultò che madre e figlia assassinati erano rispettivamente Zamfira Baintan, un’anziana alcolizzata morta a casa sua di cirrosi epatica l'8 novembre del 1989, e la bimba Christina Steleac, morta per una congestione, a casa sua, a due mesi e mezzo di età, il 9 dicembre 1989.
Nel caso di Timisoara i mass media non si preoccuparono mai di accertare i fatti e le fonti, che rimasero sempre anonime, anche quando i giornalisti riuscirono ad oltrepassare la frontiera e ad arrivare in Romania. I creatori di questa eccezionale manipolazione giornalistica non sono mai stati identificati con certezza, ma rimane l’illusione della storia in diretta, creata dalle immagini delle fosse comuni. L’evento mediatico riuscì a soppiantare la realtà e rimane ancora oggi vivo nella memoria storica della "civiltà occidentale". In verità nei disordini di piazza del dicembre 1989 a Timisoara ci furono 72 morti e 253 feriti distribuiti tra i manifestanti e gli agenti della Securitate.