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Libro del Genesi e darwinismo, la barba originaria e il suo imitatore

di Giuseppe Sermonti - 11/12/2007

La famosa barba bianca di Darwin non è

un gadget ornamentale del viso del fondatore

dell’evoluzione per selezione naturale.

E’ parte integrante della teoria, che da

quel barbone riceve il suo afrore selvatico e

insieme quella imitazione del padreterno

che fa della teoria la bibbia dei laici.

Darwin senza la barba non si sarebbe impresso

nella mente di milioni di fedeli come

il nunzio di un nuovo mondo e avrebbe lasciato

i miscredenti della creazione senza

l’immagine di un profeta. Quella barba concede

qualcosa di mosaico alla selezione e al

suo inventore e dà al naturalista inglese la

solennità di un Omero, di un Galileo o di un

Marx. Questi accostamenti non sono semplici

e dissacranti divertimenti. “L’origine delle

specie” è realmente una imitazione del

Genesi biblico, con alcune varianti e alcune

improprietà. Così apre il prologo de “Le origini

del pensiero scientifico”, Giorgio de

Santillana (Sansoni 1966): “Pur non essendo

un libro che possa dirsi scientifico, la Bibbia

inizia con una teoria sulle origini del mondo”.

Darwin copre un campo ridotto rispetto

a quello del Genesi e si limita a una teoria

sull’origine dei viventi, anzi delle specie

animali (con poco riguardo per le piante). In

SE LA ZOOLOGIA MODERNA DA’ RAGIONE ALLA BIBBIA

tempi recenti la teoria dell’evoluzione è stata

fatta esplodere ad abbracciare l’origine,

l’espansione del cosmo e la estinzione del

tutto, benché sia grottesco immaginare la lotta

per la vita, la prevalenza dei migliori o la

selezione in rapporto al sesso in una competizione

tra nuclei atomici, tra galassie in fuga

o tra pianeti rotanti. Il Genesi 1 non è un

testo preistorico. E’ stato scritto intorno al sesto

secolo a.C., al rientro dall’esilio babilonese,

ai tempi di Pitagora e di Eraclito, quando,

poco distanti dalla Palestina, stavano nascendo

la filosofia e la scienza moderna. A

differenza delle cosmogonie assiro-babilonesi

o greche, il Genesi non mette in scena divinità

mostruose in lotta tra loro o con gli uomini,

non menziona catastrofi o cataclismi,

evita persino di dare un nome al sole e alla

luna (li nomina “luci nel firmamento del cielo”)

per evitare denominazioni di divinità

mesopotamiche. E’ un testo sobrio e prudente

e affronta l’origine dei viventi dopo quella

della materia e del firmamento. I viventi non

sorgono tutti insieme, come in certe oleografie

ottocentesche. Prima si formano i continenti

(Genesi 1, 9) come nel nostro periodo

Cambriano, poi “La terra fece spuntare verzura,

graminacee… e alberi…” , come nella

nostra era Devoniana, che vide il diffondersi

delle piante terrestri. Poi Dio creò tutti gli

esseri “vivi e guizzanti di cui brulicano le acque”

(Genesi 1, 21) in quella che chiamiamo

“l’età dei pesci”. Ed ecco “le fiere della terra

… e il bestiame e tutti i rettili del suolo”

che noi attribuiamo al Carbonifero (rettili) e

all’Eocenico (mammiferi). Per ultimi, nel nostro

Pleistocenico, Dio creò l’uomo a sua immagine…

“maschio e femmina li creò” (Genesi

1, 27). Per perfezionare la simiglianza,

Darwin si fece crescere il suo famoso barbone

bianco. La differenza fondamentale tra

Genesi e darwinismo non è nella cronologia

(i famosi cinque giorni) ma nella derivazione

dei tipi. Per Darwin i rettili derivano dai pesci,

i mammiferi dai rettili, l’uomo dalla

scimmia. Per la Bibbia i diversi tipi compaiono

indipendentemente l’uno dall’altro: nel

Genesi non si fa cenno di “discendenze”. Ebbene,

la zoologia moderna dà torto a Darwin

e ragione alla Bibbia. “Il tipo che ha imboccato

una strada non può più uscirne”, scrive

Pierre-P. Grassé ne “L’evoluzione del vivente”

(Adelphi 1979). I tipi viventi emergono da

forme arcaiche, le linee delle “madri”, come

le chiama Grassé, “paragonabili a un rizoma

da cui spuntino di volta in volta dei fustici-

ni”. Esse sono riferibili alle linee delle cellule

staminali, che percorrono l’organismo

dando origine, sotto l’influenza di speciali

“organizzatori”, qua al fegato, là al cuore, ai

polmoni, al cervello… senza dover immaginare

che il fegato si trasformi in cuore o il

polmone in cervello, come vorrebbe una concezione

trasformista. Nella formazione dell’organismo

(l’ontogenesi), come nell’origine

delle specie (filogenesi) si realizzano quelle

emergenze separate che i darwinisti considerano

poco raccomandabili perché evocano

misteriosi “organizzatori” che somigliano al

dito di Dio o ai comandamenti mosaici. Rosa

Alberoni propone uno spiritoso accostamento

tra la barba del Mosè e quella di Darwin

(“Il Dio di Michelangelo e la barba di

Darwin”, Rizzoli). Davanti alla statua di Mosè,

Michelangelo avrebbe invocato, colpendola

con una martellata: “Perché non parli?”.

Di fronte all’icona di Darwin con la sua

invadente e barbosa letteratura si è tentati

di invocare: “Perché non stai un po’ zitto?”.

 

Di Giuseppe Sermonti è appena giunto in libreria

“Il Tao della biologia”, Lindau, pagine 141

euro 14.50.