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I legumi: poveri ma buoni

di redazionale - 13/12/2007



 

I legumi nella storia - Cosa sono - Croce o delizia?  -  I ceci - I fagioli - Le fave - Le lenticchie - I piselli - La cicerchia - La soia - Per concludere...

I legumi nella storia

L’Europa dei  “secoli bui”  medievali dovette essere davvero terribile se, a causa delle reiterate epidemie si sfiorò parecchie volte lo spopolamento di intere comunità di persone, poco preparate peraltro a resistere alle malattie, essendo il loro fisico costituzionalmente debole per carenza di alimentazione. La carne, infatti, introvabile ed irraggiungibile per la gente poverella, cioè per la massima parte degli abitanti, costituiva per contro il cibo quotidiano per l’entourage delle corti feudali e per pochissimi altri ricchi, che alla fine finivano col contrarre malanni determinati da troppa carne presente nel  quotidiano della loro dieta. Un maiale, per chi si  poteva permettere di allevarlo e ingrassarlo, era la fonte di carne prioritaria: di questo animale non si buttava niente! I pochi giorni canonici in cui il signore apriva i suoi boschi alla pubblica venazione erano occasioni d’oro da non perdere in assoluto per poter far incetta di un po’ di carne: un cinghiale o un cervo costituivano l’approvvigionamento di carne per più settimane, se non per mesi!

Lenticchie, fave, piselli e fagioli sono alimenti consumati dall’uomo già nella notte dei tempi, ma erano stati sempre considerati poco pregiati e quindi discriminati nella gerarchia alimentare. Nell’Egitto dei Faraoni erano apprezzati ceci, lenticchie e piselli, i fagioli al contrario erano ritenuti al rango di alimento per poveri e, pur presenti nelle ricette del “De Re Coquinaria” di Apicio, nel medesimo modo venivano altresì considerati  in epoca romana dal naturalista Plinio e da Columella.
In Europa solo verso il X secolo, cioè all’inizio del Basso Medio Evo, con la ripresa dei traffici e dei commerci, si incrementa la coltura dei legumi e si arricchisce pertanto di elementi la dieta alimentare comune, che viene ulteriormente migliorata nel XVI secolo con le varietà esotiche di fagioli americani portati fra altri prodotti dagli Spagnoli. È di questo periodo il significativo dipinto di  Annibale Caracci “Il mangiafagioli”, nel quale l’artista rappresenta l’uomo nell’atto di portare alla bocca con appetito una cucchiaiata di fagioli mentre sul tavolo, fra poche suppellettili spicca sovrana una ciotola  bella e piena: l’uomo e il suo cibo. Si tratta tuttavia di cibo per poveri e per contadini, essendo i legumi molto poco frequenti alla tavola dei ricchi, che, giova ripetere, erano estimatori e consumatori di carne di ogni genere. È solo con la Rivoluzione Francese   (1789) che i legumi salirono di rango e dignità nella gastronomia, essendosi sovvertita la graduatoria della cucina aristocratica. In un interessante articolo sul Corriere della Sera redatto da Umberto Eco, “per il loro alto valore nutritivo e l’elevato contenuto in proteine”, egli considera i fagioli “l’invenzione più importante del 2° millennio”: “Se siamo ancora qui…questo è dovuto ai fagioli… Senza fagioli la popolazione europea non sarebbe raddoppiata in pochi secoli”.
Esaurito questo breve e doveroso inquadramento storico, servito peraltro ad illustrare l’importanza di questi alimenti nel passato, veniamo ora ad analizzare nel dettaglio l’oggetto del nostro discorso.

Cosa sono

I legumi sono i semi commestibili, singoli o multipli, della piante appartenenti alla Famiglia delle Leguminose, sottofamiglia delle Papilionee. Due valve, costituenti il baccello, si aprono a maturità lasciando liberi per l’appunto tali semi, i quali, tra tutti gli alimenti vegetali, sono i più ricchi di sostanze proteiche della migliore qualità di proteine, in quantità doppia rispetto a quella dei cereali, pari o anche superiore a quelle della carne, rispetto alle quali sono tuttavia qualitativamente inferiori. Pur di origine vegetale, tali proteine apportano infatti degli aminoacidi essenziali, come la lisina, la treonina, la valina, il triptofano in quantità discreta, senz’altro superiore a quella esistente nelle proteine del frumento, del mais e del riso. Queste ultime per contro contengono aminoacidi solforati, a loro volta  molto carenti nei legumi. Per tal motivo l’associazione di cereali  con legumi rende disponibile per l’organismo una miscela proteica di valore biologico paragonabile a quello delle proteine animali. Pasta e fagioli, pasta e piselli, riso e bisi, pasta e ceci, riso e ceci rappresentano pertanto alimenti nutrizionalmente equilibrati, da portare in tavola come piatto unico, completo e senza colesterolo, caratterizzato dalla doppia funzione, energetica e plastica, producono cioè energia e costruiscono i tessuti organici: ecco la funzione fondamentale dell’alimentazione!
Al contrario i legumi associati a proteine di origine animale, rappresentano un vero e proprio inquinamento per l’organismo, un superlavoro per reni e intestino, provocando sensazioni di gonfiore addominale e gastrico.

Dei legumi i fagioli, i piselli, le fave possono essere consumati anche freschi, ceci e lenticchie dopo la raccolta necessitano di un periodo di esposizione all’aria aperta per essere asciugati, per cui sul mercato si possono reperire solo secchi: è evidente che, a parità di peso, il prodotto fresco, avendo un contenuto di acqua molto superiore ( dal 60 al 90 % a fronte del 10 – 13 % ), ha un contenuto proteico e glucidico inferiore  e valore calorico più basso. Principalmente allo stato secco i legumi contengono una bella quantità di fosforo, di calcio, anche se parzialmente legata e quindi non completamente disponibile, e soprattutto di ferro, uno dei principi nutritivi più difficilmente reperibili negli alimenti; i glucidi sono presenti sotto forma di amido e di oligosaccaridi, responsabili peraltro della flatulenza; i lipidi di solito sono scarsi, tranne che nelle arachidi; si notano ancora grassi essenziali e, nei ceci, un quantitativo non trascurabile di EFA; discrete sono le quantità di Sali minerali  e particolarmente di potassio; il patrimonio vitaminico ( B1, B2 e niacina ) viene quasi tutto distrutto dalla cottura, allo stato fresco è presente anche la Vitamina C. Notevole è infine il contenuto in fibra alimentare, sia di quella “insolubile” localizzata nella buccia esterna, capace di regolare le funzioni intestinali, sia di quella  “solubile” o “formante gel”, in grado di collaborare al controllo dei livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue. A voler  essere più precisi, indipendentemente dall’azione delle fibre solubili, non è dato di sapere con certezza assoluta da quale componente scaturisca esattamente l’azione  “ipocolesterolemizzante” comune a tutti i legumi:  forse dalle proteine stesse, forse dai fosfolipidi, forse da quel toccasana che sono le saponine.

Croce o delizia?

Fra tanti vantaggi arrecati però, c’è anche qualche neo da segnalare:
•    I fattori di una certa flatulenza, fastidiosa ma non patologica, dovuta alla presenza di oligosaccaridi (raffinosio, stachiosio, verbascosio) che, non annullati dalla cottura e non attaccati da enzimi digestivi specifici inesistenti nel nostro intestino, sono fermentati dalla flora batterica intestinale producendo idrogeno, metano ed anidride carbonica: non si conoscono rimedi efficaci, atti ad eliminare questo effetto sgradevole. Le fave e la soia ne sono esenti.
•    Molto in generale nel campo dei legumi, ma specialmente per le fave ed in particolare per le fave fresche, gli allergeni, cioè glicoproteine a basso peso molecolare che vengono assorbite senza essere digerite, possono provocare una azione immunitaria a carico della pelle o del sistema respiratorio: l’intensità della reazione è in rapporto alla sensibilità individuale.
•    Alcune sostanze, tossiche e farmacologiche come glucosidi cianogeni, fitati, aflatossine, lectine, sono definite antinutrizionali perché in grado di legarsi chimicamente a diversi minerali come calcio, ferro, zinco, riducendone l’utilizzazione da parte dell’organismo.

Per fortuna  il calore della cottura distrugge i fattori antidigestivi (fattori antitriptici) rendendo assimilabili e digeribili i legumi che per tal motivo vanno cotti bene, con tempi di cottura  una volta molto lunghi, oggi notevolmente accorciati  dall’uso della pentola a pressione: possibilmente in poca acqua per non disperdere le sostanze, avendo cura di aggiungere sale o sostanze acide, come aceto o limone, a cottura quasi completa per non impedire l’intenerimento delle bucce, sede peraltro di molte delle sostanze dei legumi stessi. Per facilitare la cottura comunque si usa tenere a bagno per una notte i legumi secchi; alcuni sostengono che uno scarso cucchiaino di bicarbonato aggiunto all’acqua accorci i tempi di cottura: a scapito però di un po’ del sapore; le lenticchie non hanno bisogno di essere tenute a bagno.
I legumi di maggiore uso alimentare e più diffusi nella nostra società, come si evince da quanto si è venuto anticipando, sono i fagioli, i piselli, le fave, le lenticchie, i ceci, ai quali si aggiunge oggi la soia; altri semi di leguminose  meno diffuse ma non per questo meno importanti o meno buone sono le cicerchie. Ai suddetti legumi si limiterà dunque il nostro discorso impostato in un’ottica di fitness e salute, tralasciando pertanto i lupini, le arachidi, le carrube e qualche  altro ancora, ancorché pur’essi importanti.

Un ultimo cenno è doveroso: i legumi, nell’ambito della Dieta Mediterranea, sono la principale fonte di proteine; essi tuttavia non “fanno bene” solo agli uomini ma anche alla natura. Da sempre infatti ed in particolare da quando in agricoltura fu introdotta la tecnica della rotazione agraria la coltivazione delle leguminose segue quella dei cereali, migliorando così il terreno impoverito dal frumento o dall’orzo: quanto esposto è stato un indubbio vantaggio per i campi e per la società umana che ha potuto basarsi  su un congruo ventaglio di prodotti alimentari disponibili.
Successivamente l’introduzione dei concimi chimici e l’orientamento dell’uomo verso le proteine animali hanno un po’ causato la crisi dalla quale oggi i legumi emergono a pieno titolo  sia per la giusta rivalutazione della Dieta Mediterranea e del posto che ad essi compete nella medesima, sia per il successo dell’agricoltura biologica, grazie alla quale  molteplici aziende li hanno reintrodotti nella rotazione agraria  per la loro azione miglioratrice dei terreni.

I ceci 

I CECI  (Cicer arietinum),  originari dell’Oriente, furono uno dei primi alimenti dell’uomo; essi oggi sono molto diffusi in Medio Oriente e in India, nelle cui diete costituiscono un alimento basilare. In Italia vengono coltivati soprattutto nella fascia centrale, fra la Toscana , l’Umbria e il Lazio. Si prestano alla preparazione di gustose minestre, utilizzati anche in abbinamento con la pasta, come contorni o in passati: sotto questa forma sono consigliabili a persone che abbiano un apparato digerente delicato. Hanno un contenuto proteico di poco inferiore a quello delle lenticchie e dei fagioli secchi  ma sono più ricchi di grassi. Si usa cucinarli assieme all’aglio, al lauro e al pomodoro, aggiungendo a cottura quasi completata, olio extravergine di oliva ed un po’ di sale. Alcuni autori riferiscono che un loro uso moderato sia un buon rimedio per le vie urinarie perché aiuta ad espellere renella e calcoletti. Diuretica è infatti la principale proprietà dei ceci, tale da eliminare l’acido urico ed alcuni cloruri.
Contengono protidi, Vitamine C e B, lipidi, e Sali minerali ( fosforo, potassio, magnesio, calcio, silice).
Un  antico piatto della tradizionale cucina contadina? Lagane e ceci: ottimo e saporito!

Ceci: valori nutrizionali per 100 gr. :

Calorie Kcal

364

Calorie Kj

1522.976

Acqua

11.53 g .

Proteine

19.3 g .

Lipidi (grassi)

6.04 g .

Ceneri

2.48 g .

Carboidrati per diff.

60.65 g .

Fibre

17.4 g .

Zuccheri

17.7 g .


Fonte: Valori-alimenti.com/nutrizionali/tabella16056.php

I fagioli

I FAGIOLI (Phaseolus vulgaris): La carne dei poveri, per il prezzo e le proprietà nutrizionali!
 Già conosciuto fin dal tempo degli Egizi, seppur relegato ad alimento di infimo rango, questo legume si arricchì di nuove varietà importate nel XVI sec. a seguito della scoperta
dell’America. I fagioli comunque sono stati tradizionalmente uno dei piatti fondamentali della cucina dei poveri, tanto da meritare l’appellativo di “carne dei poveri”. Oggi ne esistono più di 300 varietà, di cui solo una sessantina commestibili; possono essere bianchi, rossi, neri, variegati, piccoli, grandi, tondi, schiacciati: dal nostrano cannellino bianco e lungo, al variegato borlotto, dal messicano, piccolo, nero e tondeggiante, al  fagiolo di Spagna grande, bianco e schiacciato. Si possono consumare sia come fagiolini freschi allo stadio di teneri baccelli ancora di color verde, reperibili peraltro di ottima qualità anche nella surgelazione, sia come semi maturi a baccello ingiallito: sia freschi che secchi. È necessario solo fare attenzione a non consumare un prodotto vecchio: alcuni studiosi affermano infatti che questo legume sviluppa nel tempo tossine e sostanze difficilmente assimilabili, per cui si consiglia vivamente di consumare i fagioli al massimo ad un anno dal raccolto. A parte questa piccola precauzione tuttavia, i fagioli, per il loro alto contenuto di ferro e fosforo, essendo nutritivi, energetici, ricostituenti, sono indicati agli anemici ed agli astenici. Il loro contenuto proteico medio varia infatti dal 2 % dei fagiolini al 6.5 % dei fagioli freschi al 23.5% di quelli secchi; discreto è il contenuto in  Vitamine B1, B2  ed in niacina, delle quali la B 1 viene purtroppo quasi completamente annullata dalla prolungata cottura, necessaria per ammorbidire i tegumenti esterni del legume; notevole è inoltre il contenuto di  calcio e potassio.
I fagioli possono causare meteorismo intestinale: è necessario che abbiano ben presente questo particolare quanti soffrono di dispepsie intestinali fermentative.

La digeribilità migliora se li si priva della buccia o se vengono consumati come passati oppure dopo una bella cottura particolarmente prolungata.  Una volta, nell’Italia contadina di tanti anni addietro, li si metteva a bollire per l’intera mattinata in un coccio di terracotta al lato della brace del caminetto, aggiungendo a cottura quasi ultimata qualche foglia di sedano, per servirli poi nel piatto sul pane biscottato o raffermo, conditi da nient’altro che da un filo d’olio extravergine di oliva.

Nel Meridione sono molto rinomati i fagioli di Controne nonché quelli di Sarconi.
E siamo sempre nell’orbita della Dieta Mediterranea, secondo le linee tracciate dal dott. Keys

 

Fagioli freschi

Fagioli secchi

Calorie Kcal

149

343

Calorie kj

623.416

1435.112

Acqua

61.2 g .

10.06 g .

Proteine

9.06 g .

20.96 g .

Lipidi (Grassi)

0.49 g .

1.13 g .

Ceneri

1.34 g .

3.66 g .

Carboidrati per diff.

27.91 g .

64.19 g .

Fibre

5.3 g .

12.7 g .

Zuccheri

0.37 g .

2.28 g .


Fonte
: Valori-alimenti.com/nutrizionali/tabelle16040.php; Valori-alimenti.com/nutrizionali/tabelle16041.php

 
Le fave


LE  FAVE  (Vicia faba) vengono da una pianta antichissima, originaria  della Persia o dell’Africa  Settentrionale e se ne trovano le prime tracce risalenti all’età del bronzo e del ferro. In tale ottica costituiscono pertanto i primi semi di legumi consumati dall’uomo, non necessitano infatti  di cottura per essere mangiate, al contrario di quanto avviene per i fagioli e i piselli che, per essere commestibili, devono essere cotti.

Sono reperibili sul mercato diverse varietà caratterizzate da semi di differente grandezza e colore. Il consumo, notevole nell’Italia contadina del primo 900, oggi va calando. In molte zone del Meridione e Sicilia, allo stato fresco  esse sono consumate anche come frutta, accompagnate da pane di grano casereccio e ottima pancetta tesa di maiale oppure fatte cuocere appena colte con l’intero baccello, sole o insieme ad altre verdure ed aromatizzate; allo stato secco sono ottime nelle minestre con pasta  o verdure, nelle quali non guasta qualche dadino di  pancetta curata. Il prodotto è reperibile inoltre per tutto l’anno  ed in ottima qualità sui banchi della surgelazione.
A tutt’oggi in molte  nazioni di tutto il bacino del Mediterraneo si stanno attuando vari programmi intesi a migliorare la qualità del prodotto nelle sue caratteristiche agronomiche e nutrizionali.

Il valore nutritivo è di per sé notevole: 27 gr. di proteine per 100 gr. di prodotto secco; rilevante è altresì la presenza di materiali plastici, di una vasta gamma di Vitamine ( A, B, C,E, K, PP ), niacina, di Sali minerali in abbondanza.
Anche le fave hanno proprietà drenanti per l’apparato urinario. 
Per i soggetti sensibili però nel consumare fave ed in particolar modo quelle fresche, occorre fare attenzione al favismo in agguato, a cui si accennava nelle premesse:  trattasi di una malattia ereditaria provocata dalla mancanza di un enzima specifico in grado di neutralizzare gli effetti nocivi di talune sostanze  tossiche coma la vicina e la convicina,  presenti nelle fave, il cui consumo provoca nelle persone affette da favismo  crisi emolitiche ( rottura dei globuli rossi del sangue ). Tale malattia è diffusa in particolari aree del nostro Paese  e soprattutto in Sardegna.

Fave: valori nutrizionali principali per 100 gr. di prodotto:

Calorie Kcal

71

Calorie kj

297.064

Acqua

80.32 g .

Proteine

5.47 g .

Lipidi (Grassi)

0.22 g .

Ceneri

1.58 g .

Carboidrati per diff.

12.41 g .

Fibre

3.7 g .


Fonte: Valori-alimenti.com/nutrizionali/tabella 16054.php

 
Le lenticchie

Le Lenticchie (lens esculenta): il pane dei poveri,  furono fra i primi coltivati e consumati dall’uomo; da scavi effettuati in Turchia se ne sono  tracce risalenti al  5500 a .C. ed  altri reperti sono stati rinvenuti nelle tombe egizie del 2500 a .C. nell’antichità erano tenute in grandissima considerazione se si pensa che, da attestazione biblica, Esaù cedette al fratello Giacobbe il diritto di primogenitura  per un piatto di lenticchie.
Tale legume ebbe la sua diffusione in Asia Minore prima che in Europa.
Ne esistono varietà a semi più grandi (6–9mm) gialli o verdi, coltivate negli Stati Uniti ed in  America Meridionale, varietà a semi più piccoli  (2–6 mm)  di colore arancione o rosso o marrone, coltivate nel bacino del Mediterraneo, in Medio Oriente ed in India.

Sono le più digeribili fra tutte le leguminose per cui una certa difficoltà di digestione che possa essere riscontrata, è imputabile semmai alle cotiche, allo zampone, al cotechino  a cui si accompagna e con i quali la fa da padrona sulle tavole durante le festività di fine d’anno. Il tempo di cottura, se messe a bagno dodici ore prima e senza bicarbonato, è di un’ora soltanto, che si riduce a quindici minuti usando una pentola a pressione; prima di toglierle dal fuoco è opportuno continuare la cottura insieme a un soffritto di prezzemolo, cipolla, alloro e pomodoro, per poi condirle alla fine  con olio extravergine di oliva e poco sale,essendo i legumi di per sé salati. Chi ha una digestione delicata può consumarle sotto forma di passato, in modo da frantumare e ridurre le bucce. Sono meno flatulenti dei ceci e fagioli. Contengono proteine (25%), carboidrati (59%), lipidi (1%), Vitamine A, B1, B2, C, E, K, PP  ed inoltre ferro, calcio, fosforo, potassio.
Come si vede da quanto esposto, sono  di alto valore nutritivo ed inoltre sono ritenute galattogene, cioè favoriscono la lattazione delle puerpere.
Da noi sono molto apprezzate le Lenticchie di Ventotene nonché quelle di Castelluccio da Norcia, conosciute, queste ultime, fin dall’inizio della civiltà agricola umbra: questo legume non ha bisogno di essere messo a bagno, non scuoce, non perde la buccia ed ha un tempo di bollitura di soli 20 minuti.

Lenticchie: valori nutrizionali principali per 100 gr. di prodotto:

Calorie Kcal