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Hebron: città ambita dai coloni israeliani

di Michel Bôle-Richard - 13/12/2007



Per i coloni non c'è dubbio: è un punto strategico. Situato su una collina che domina una piccola vallata, l'enorme fabbricato consente di controllare l'accesso al centro storico di Hebron. L'edificio, quattro piani e una superficie totale di 3.500 metri quadrati, rappresenta soprattutto un'acquisizione fondamentale nella conquista del territorio palestinese da parte dei coloni per collegare la colonia di Kyriat Arba alla tomba dei Patriarchi, importante luogo di culto di questa antica città sia per gli ebrei sia per i musulmani.

È una nuova mossa messa in atto per soppiantare la popolazione palestinese situata tra i punti d'insediamento già stabiliti nella città vecchia (dalle 600 alle 700 persone) e le due colonie di Kyriat Arba e di Givat HaAvo (8 mila abitanti) in periferia. In questo modo, il grande cerchio verrebbe a chiudersi, permettendo agli israeliani di riprendere in parte possesso di ciò che David Wilder, portavoce della comunità ebraica, definisce "la prima città ebraica al mondo".

Per questo, il 19 marzo, un gruppo di coloni ha occupato l'immobile, situato nelle prossimità di una moschea e di un cimitero musulmano, al centro di un quartiere palestinese. Da allora, per gli abitanti della zona, è un inferno. Circondati dai coloni, non hanno più il diritto di utilizzare la strada e si spostano a piedi o con dei carretti, che i nuovi sbarramenti non sempre lasciano passare. La polizia e l'esercito sono onnipresenti. Un avamposto è stato installato nelle vicinanze e sul tetto dell'edificio. Di fronte, dall'altro lato del vallone, c'è una torre d'osservazione. Forti della protezione delle forze di sicurezza, circa dieci famiglie vi si sono insediate. Alla stampa è vietato l'ingresso.

I coloni sono intenzionati a restare e lo fanno sapere ai loro vicini, ritenuti indesiderati. Un rapporto pubblicato da B'Tselem riferisce che ora l'immobile dispone dell'allacciamento elettrico e che sono iniziati i lavori per l'insediamento di nuovi coloni. Inoltre, denuncia "gli abusi e le violenze esercitati dai coloni e dalle forze di sicurezza, e i crescenti impedimenti alla libertà di movimento dei palestinesi". B'Tselem enumera tutti gli attacchi che si sono prodotti da sette mesi a questa parte: "Aggressioni fisiche e verbali; insulti; maledizioni; lanci di pietre, urina, uova, immondizia, bottiglie vuote", sotto lo sguardo indifferente delle forze di sicurezza accusate, a loro volta, di maltrattamenti e umiliazioni.

"I coloni non smettono di attaccarci. Mio figlio è stato trascinato fuori e picchiato", si lamenta Bassam Jaabari. "Mi impediscono di portare la merce. Ci sputano addosso, ci lanciano la spazzatura. Non ci considerano persone. Cercano in tutti i modi di farcene andare. Mio fratello è in prigione dal 5 agosto con altre sei persone, accusate di aver lanciato delle pietre. È un inferno". Bassam Jaabari gestisce una piccola attività al piano inferiore dell'edificio dei coloni che è stato ribattezzato "la casa della pace". "È per dimostrare che arabi e ebrei possono vivere in pace" dice David Wilder, senza ridere. Spiega che le accuse di B'Tselem sono "una macchinazione. Non ci sono prove, né tanto meno immagini. Gli ebrei vogliono vivere a Hebron e quando c'è una proprietà da acquistare, è normale farlo".

Atti di proprietà fasulli

Contrariamente a ciò che afferma Wilder, le prove di violenza sono numerose. B'Tselem ha fornito ai palestinesi delle piccole videocamere grazie alle quali hanno potuto filmare diverse aggressioni. Per quanto riguarda le vendite di immobili, i palestinesi si rifiutano di vendere, anche sotto pressione. Fayez Al-Rajabi, il proprietario, racconta di non aver mai venduto lo stabile, da quando, tredici anni fa, aveva comprato quel terreno da un giordano. Aveva iniziato a costruire l'edificio ma i lavori avevano subito dei ritardi a causa dell'Intifada. Secondo lui, i documenti di proprietà dei coloni sono "dei falsi". "La mia casa mi è stata rubata", denuncia. Ha trascorso anche sei mesi in prigione poiché l'Autorità palestinese lo aveva sospettato di aver venduto la casa ai coloni. Il che viene considerato un atto di collaborazione. Domenica 18 novembre, l'indagine governativa richiesta dell'Alta Corte ha concluso che effettivamente egli non aveva venduto il suo bene e che, di conseguenza, gli occupanti dovevano essere allontanati.

Ma sembra che i coloni abbiano acquistato dallo stesso giordano, un certo Ayoub Jaber, una proprietà che questi aveva già venduto a al-Rajabi. Il procuratore dell'Alta Corte ritenne che c'erano dei "seri dubbi sull'autenticità dei documenti presentati dai coloni". Da qualche mese, il Ministero della Difesa ha ordinato l'espulsione dei coloni. Si è fatto ricorso in appello. Per i coloni, l'importante è guadagnare tempo. Si insediano e creano sul territorio una situazione di fatto. "Noi siamo a casa nostra e siamo intenzionati a comprare tutto ciò che è possibile comprare in quanto Hebron" sostiene fermamente Wilder "è un alto luogo dell'ebraismo".

Le Monde
(Traduzione di Valeria Nanni)