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Comprare locale aiuta a salvare il mondo?

di Robert Freudenberg - 14/12/2007

Fonte: eddyburg.it

 


Il ruolo delle aziende agricole metropolitane e regionali nella tutela dell'ambiente, della sostenibilità economica, nell'arginare lo sprawl, e nella qualità dei cibi.



L’altro giorno mi sono spinto fino al Greenmarket di Union Square per comprare una mela, invece di andare al negozietto che sta nel nostro edificio, e che ne vende di coltivate nello stato di Washington.
Perché mai dovrei ignorare una mela dall’ottimo aspetto appena giù dalle scale, per pagarne di più un’altra a qualche isolato di distanza? Per una serie di motivi, che personalmente mi rendono più sano e soddisfatto, e credo facciano lo stesso effetto al mondo che mi sta attorno. Diamo uno sguardo a queste mie ragioni, per vedere in qual modo la mia scelta di comprare una mela locale abbia un significato.
Prima di tutto, la mela cresciuta da queste parti, una Honey Crisp, ha semplicemente un sapore più buono. Meno tempo passato sui camion in un viaggio attraverso tutto il paese, significa la possibilità di coltivare delle varietà più delicate, e portarle più vicine alla maturazione perfetta. É una cosa importante.
Secondo, l’acquisto della mela locale contribuisce a un’economia regionale più solida, che considero una ricchezza. Il sistema del commercio ortofrutticolo di New York City, nonostante qualche difetto e potenziali non sfruttati, contribuisce a mantenere quasi 200 aziende agricole nella regione, con complessivi 5.000 ettari di superficie coltivata. Il Council on the Environment of New York City (CENYC), che sovrintende il sistema dei greenmarket, riferisce che ogni settimana nell’alta stagione, ci sono oltre 100 ristoranti locali che acquistano da questi coltivatori, e oltre 250.000 clienti che frequentano i mercati.
E non si tratta di una clientele limitata a chi ha il portafoglio più gonfio. Tanto per cominciare, gran parte dei prodotti, con poche eccezioni, hanno prezzi ragionevoli. Inoltre, nell’ultimo anno il consiglio municipale di New York City ha iniziato un programma pilota che dà ai cittadini che ricevono dei buoni pasto maggiore possibilità di accedere ai prodotti dei farmers’ markets. Questo si aggiunge al programma del Ministero dell’Agricoltura WIC Farmers’ Market Nutrition, che già offre buoni spendibili ai mercati di tutta la regione.

Che si tratti di un’economica rapa, o di un più costoso cosciotto di agnello, spendendo i propri dollari nei greenmarkets, cooperative alimentari o di agricoltori (che spesso sono organizzate secondo un programma chiamato Community Supported Agriculture) o altre strutture che sostengono la produzione locale, allo stesso modo chi cucina a casa, i cuochi professionisti e i lavoratori affamati degli uffici, riversano utili risorse nella nostra economia rurale. Al contrario scegliere alimenti che provengono da fuori dello stato, orienta questi dollari verso un sistema distributivo centralizzato composto da una complessa combinazione di produttori (i contadini), intermediari (chi si occupa di lavorazione, confezione, magazzini, distribuzione) e grandi gruppi dell’ agribusiness.
Terzo, un effetto collaterale di una rafforzata economia agricola regionale è il contenimento dello sprawl. Seconod il CENYC, i coltivatori dei greenmarket hanno destinato circa 500 ettari di superficie agricola a programmi tali da tutelarli in modo permanente dall’edificazione. La nostra regione è fortunata ad avere piani del genere, come i Farmland Preservation dei dipartimenti di settore del New Jersey e Connecticut, o il Protection & Development dell’ufficio agricoltura dello stato di New York, oltre a iniziative di gruppi come Scenic Hudson, per tutelare i terreni a favore di chi li coltiva. Un parte essenziale di tutti questi programmi, è rendere economicamente conveniente l’attività agricola.
Quarto, quando compro la mela locale, non solo sostengo un’azienda che userà più probabilmente tecniche sostenibili, ma contribuisco anche a contenere altri impatti ambientali. Quella che ho comprato al greenmarket veniva da un’azienda locale che sta a Milton, nella Ulster County, stato di New York, a circa 120 km di distanza. Quella dallo stato di Washington ha viaggiato per oltre 4.000 km. Ci sono varie ricerche universitarie a proposito dei “chilometri alimentari”. I ricercatori del Leopold Center for Sustainable Agriculture dell’Università Statale dello Iowa ( http://www.leopold.iastate.edu/pubs/staff/files/food_travel072103.pdf) hanno rilevato che in media i prodotti locali viaggiano per circa 120 km per raggiungere la propria destinazione, mentre quelli della catena tradizionale ne fanno in media circa 2.200.

Per definizione, trasportare alimenti su distanze più lunghe aumenta la congestione del traffico, il logoramento delle strutture stradali, la quantità di incidenti, e consuma più combustibili fossili contribuendo a inquinamento atmosferico e cambiamento climatico. In un mondo ideale, costi del genere si riverserebbero sul prezzo della mela, ma ciò non accade necessariamente. Anche se è difficile calcolare nel complesso, probabilmente acquistare locale pone un carico inferiore sulle risorse naturali non rinnovabili.
Infine, comprando localmente posso contribuire a un sistema alimentare più sicuro e stabile. La recente gran quantità di morti e malattie legate al colibatterio E, attribuite a spinaci o altri vegetali contaminate, probabilmente ha contribuito a gettar luce su alcune gravi debolezze dell’agricoltura industriale: è vulnerabile. Coltivare in monocoltura su queste dimensioni significa che alimenti infetti da un numero contenuto di fonti possono avere impatti su tutto il sistema di fornitura del paese. Nei momenti di massimo timore per gli spinaci, ne ho comprati senza alcuna preoccupazione da un coltivatore locale.
In sintesi, ci sono molti vantaggi nel comprare alimentari di produzione locale. Ma non si tratta certo di una panacea. Non è auspicabile, né possibile, comprare tutto localmente, senza drastici cambiamenti nella nostra dieta. Ma complessivamente, è possibile sostenere una serie di obiettivi validi orientando i nostri soldi verso alimenti di produzione locale, anche se occorre operare verso strategie per un più equilibrato sistema alimentare in generale. Quindi la prossima volta che siete in centro e volete comprarvi qualche frutto o verdura, magari potreste chiedervi non se “posso andare da C-Town o da Gristedes?” ma invece “vado a Tompkins Square o a Union Square?”

 

Titolo originale: Buy Local, Save The World? Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

Spotlight on the Region (RPA-NY)
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