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Speculazioni: lo spettro di Soros su Alitalia

di Andrea Angelini - 14/12/2007

 

Speculazioni: Lospettro di Soros su Alitalia



La notizia del giorno non è tanto che il consiglio di amministrazione di Alitalia ha deciso di rinviare al 18 dicembre la scelta del nuovo padrone della compagnia di bandiera, gara ormai ristretta tra Air France-Klm, AirOne e la già sconfitta cordata guidata da Antonio Baldassarre, quanto che da ieri un nuovo pretendente è entrato in campo. E non è un personaggio da poco visto che si tratta del famoso, o se si preferisce famigerato, George Soros che con un suo fondo di investimento ha manifestato in extremis una “manifestazione di interesse” unitamente al fondo Thl e alla Singapore Airlines. Un interesse che esperti ed osservatori stanno cercando di interpretare abbandonandosi anche alle inevitabili dietrologie del caso. Alitalia, pur non legando il rinvio alla mossa di Soros, ha motivato in un comunicato la sua decisione a causa della necessità di “approfondire ulteriormente gli elementi emersi per l’individuazione del soggetto con cui avviare la trattativa in esclusiva”. La verità è che il governo è diviso tra l’opzione di consegnare Alitalia alla AirOne di Carlo Toto, imprenditore vicino ai Ds, e quindi alle banche che lo finanziano, oppure alla Air France e creare un grande gruppo europeo sia pure posizionato su Parigi. AirOne ha dalla sua una banca di area “prodiana” come il San Paolo-Intesa, un’altra banca molto vicina all’entourage del Professore come l’americana Goldman Sachs, e due altre banche, l’americana Morgan Stanley e la giapponese Nomura. Visto che AirOne non ha di suo i soldi per cimentarsi nell’impresa, è gioco forza concludere che, se la cordata Ap holding, che le riunisce tutte, dovesse vincere la gara, sarebbero le banche le vere proprietarie di Alitalia e quindi sarebbero loro a deciderne la gestione. Da parte sua Air France può mettere sulla bilancia il peso dell’iniziale appoggio di Prodi e quello dei rapporti che il Professore è venuto a tessere con Sarkozy e che hanno favorito gli accordi industriali nell’energia tra Enel ed Edf. C’è la possibilità quindi che un matrimonio tra Air France e Alitalia, se si realizzasse, sarebbe determinato da superiori interessi in funzione di un’alleanza aerea europea in chiave latina. Il governo comunque appare diviso sia da valutazioni pratiche che da considerazioni economico industriali sul futuro non solo di Alitalia ma anche dell’intero traffico aereo nel nostro Paese. Se Rutelli preme per una soluzione “italiana” che italiana non è, Padoa-Schioppa è apparso favorevole ai franco-olandesi, mentre più cauti si mostrano D’Alema, Letta, Bianchi e Bersani. Invece Prodi, tanto per mantenersi sull’ambiguo, dopo uno scontato “vinca il migliore”, aveva dichiarato giorni fa che “il problema è avere un piano aziendale che rinforzi la compagnia, poiché quello della proprietà è un fatto secondario”. Un riferimento all’incrocio azionario del 2% esistente tra Air France-Klm e Alitalia e alla presenza di entrambe nell’alleanza commerciale di Sky Team. E qui peserà anche un altro elemento perché AirOne fa parte di Star Alliance e Alitalia pagherebbe cara, con una multa di 400 milioni di euro, una rottura dell’alleanza. Una cifra che peserebbe inevitabilmente sull’esborso finale di denaro da parte di Ap holding. Ma il ministro dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, ha negato che il governo sia spaccato. “E’ assurdo ragionare in termini di spaccatura - ha spiegato - ciascuno nel suo ruolo, cerca di trovare la soluzione migliore per l’azienda e per il Paese, Non è che ci siano i partiti per questo o quell’altro. Cerchiamo di non mettere in burletta una così seria”.Ci sarebbe da rispondere a Bersani che semmai la burletta sta nel come il governo ha gestito fino a questo momento tutta la vicenda della privatizzazione di Alitalia.

Un nuovo pretendente
La notizia della giornata è stata comunque l’irrompere sulla scena di una nuova cordata interessata ad acquistare la quota del 49,90% di Alitalia ancora in mano al Tesoro. Un consorzio formato da SA Holding Ltd (Singapore Airlines), da Evergreen Special Situation Fund LP III (facente capo al Quantum Fund di George Soros) e dal THL Transportation Equities Fund. Alitalia ha reso noto di avere ricevuto da parte di uno studio legale una lettera sottoscritta dai tre soggetti in questione che manifestavano forte interesse a presentare un’offerta per l’acquisizione della quota pubblica di Alitalia. La compagnia aerea precisa nel suo comunicato che lo scorso 11 settembre, potenza della data trattandosi di aerei, alcuni rappresentanti della Citigroup, consulente finanziario di Alitalia, avevano già incontrato l’amministratore delegato della Singapore Airlines, Chew Choon Seng, il quale in tale sede aveva dichiarato di non avere interesse strategico ad investire in Alitalia. Sorge spontanea una doppia domanda: ma se Singapore Airlines non era intenzionata a comprare Alitalia, chi ha voluto quell’incontro? E ancora: cosa è successo per fare cambiare loro idea, forse la convinzione che si tratta di un’operazione su una compagnia sull’orlo del baratro e che, come la Sora Camilla, non aspetta altro di qualcuno che se la piglia? Interessante è quindi vedere chi sono i pretendenti della traballante e decrepita società italiana. Singapore Airlines è una compagnia aerea considerata economicamente florida e ben posizionata sui mercati asiatici. Per essa valgono le stesse obiezioni sollevate per AirOne, visto che fa parte infatti di Star Alliance. Invece Thl è un fondo d’investimento americano che ha in portafoglio rilevanti partecipazioni in compagnie aeree come Cathay Pacific (Oneworld), American Airlines (Oneworld), United Airlines (Star Alliance), Delta (Skyteam), e la stessa Singapore Airlines. Se ne deve dedurre che conosca il mercato aereo e sappia almeno come si gestisce una compagnia aerea.

Soros, un nemico dell’Italia
Altro discorso vale invece per Evergreen Fund che dipende dal Quantum Fund e dal suo titolare George Soros che vanta una ben fondata fama di speculatore, abituato a fare soldi con veloci operazioni di acquisto e rivendita di titoli, piuttosto che puntare su un investimento industriale rivolto allo sviluppo di un’azienda. Questa fama meritata è così diffusa che Arun Savkur, direttore di Evergreen, si è subito premurato di far sapere di stare lavorando ad una strategia che porti a focalizzare le attività di Alitalia su specifici mercati. Una strategia mirata a contenere i costi e aumentare i ricavi per i prossimi 10 anni, combinando al meglio l’apporto della flotta aerea della nostra compagnia di bandiera e quello degli aeroporti italiani. Visto chi c’è dietro Evergreen, ossia Soros, è lecito nutrire più di un dubbio e di un sospetto. Quello che ci si trovi di fronte all’ennesima operazione messa in atto da uno speculatore che non ha mai esitato a scatenare una speculazione. Come quella massiccia contro la lira nel settembre del 1992, di cui stiamo ancora pagando oggi gli effetti. Nella sua operazione Soros usava l’effetto-leva dei derivati: per ogni dollaro che puntava, era come se ne puntasse cento. Allora come Governatore della Banca d’Italia c’era Carlo Azeglio Ciampi che, invece di lasciare fluttuare la lira, si ostinò in una sua inutile difesa, senza chiedere aiuto a Banche Centrali reputate “amiche” come la tedesca Bundesbank, e vi investì da solo una cifra pari a circa 48 miliardi di dollari dell’epoca in valuta estera e prosciugando così di fatto le riserve di Via Nazionale. Ciampi fu spinto su questa linea del Piave anche da un incessante campagna di stampa condotta da Repubblica che tuonava contro una svalutazione leggera che in realtà avrebbe fermato la speculazione. La conclusione inevitabile fu che Ciampi costretto successivamente a svalutare la nostra moneta di ben il 30%. Da quel momento finì sul mercato buona parte delle aziende pubbliche diventate più che appetibili per la finanza anglosassone. Fu insomma l’approdo inevitabile delle imposizioni che la finanza della City londinese aveva dettato ai manager pubblici italiani nel corso della famigerata crociera sul panfilo reale Britannia il 2 giugno 1992 da Civitavecchia all’isola del Giglio e ritorno. Si era appena all’inizio della stagione di Mani Pulite che avrebbe spazzato via la classe dirigente politica dell’epoca, democristiani di centrodestra e socialisti, e avrebbe gettato le premesse per sostituirla con i democristiani di sinistra e con i post comunisti trasformati in socialdemocratici. Narrano le cronache che a bordo c’era, ma scese prima della partenza, anche Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro, che svolse una relazione sull’urgenza e la necessità di privatizzare le industrie di Stato e sottrarle al controllo dei politici. Una privatizzazione che fu lo stesso Draghi successivamente a gestire. Oggi, tanto per fare un esempio, il 40% dell’Eni appartiene a fondi di investimento anglo-americani. Di conseguenza è lecito concludere che Soros fu scelto come killer della lira e per dare un preciso avvertimento all’Italia. Quello di entrare, attraverso le privatizzazioni, nel mercato globale dove non esistono barriere nazionali e dove i capitali, anche se virtuali, navigano liberamente cercando l’investimento reputato più conveniente.
Un’applicazione estensiva, nel caso di Soros, degli insegnamenti del suo maestro, il filosofo Karl Popper, il fautore della “Società aperta”. Così aperto e omologato deve essere il globo che Soros, pur feroce critico di Bush e dei neo-conservatori, si è messo a finanziare attraverso le sue fondazioni, tutte le cosiddette rivoluzioni democratiche, che tali non sono, nell’Europa dell’Est. Per quanto riguarda il nostro Paese, è necessario ricordare che a un nemico dell’Italia come Soros, l’Università di Bologna ha conferito il 30 ottobre 1995 una laurea “honoris causa” in Economia e Commercio per la sua attività filantropica nell’Europa dell’Est. Bologna, la città dove è nato Prodi e l’Università dove insegnava.