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La laicità secondo Eugenio Scalfari

di Carlo Gambescia - 17/12/2007

 

Ieri su la Repubblica Scalfari, prendendo spunto da alcune tesi sulla laicità di Rushdie, a suo avviso decisamente anticlericali, ha proposto la propria personale visione in argomento.
Ma ascoltiamolo: “La laicità senza aggettivi riposa esclusivamente sul principio di non imporre ai cittadini altro vincolo all’infuori di quello che vieta a ciascuno di limitare la libertà altrui e di violare il principio di eguaglianza di tutti di fronte alla legge. Questo non è altro che il fondamento della democrazia di cui la laicità non è che il sinonimo. Ogni opinione può essere manifestata liberamente e in contrasto con altre opinioni. Ma se l’opinione di alcuni - fosse pure l’opinione maggioritaria - si trasformasse in norma discriminante, allora l’eguaglianza sarebbe violata e con essa la democrazia”. Di conseguenza “ Fondandosi sul principio di eguaglianza di fronte alla legge le Costituzioni democratiche vietano ogni discriminazione basata su etnia , religione, sesso. La legge è eguale per tutti. Tutti i diritti che non ledono i diritti altrui meritano rispetto e cittadinanza” . E conclude: “ Si può invocare l’obiezione di coscienza contro un principio costituzionale? Rivendicando contemporaneamente la propria appartenenza ad un partito democratico? Direi proprio no. L’obiezione di coscienza in tal caso avrebbe un’impronta clericale, incompatibile con i principi della democrazia ‘per la contraddizion che nol consente’ ”.
Che dire?
Sul piano della teoria del diritto, Scalfari riconosce come unica fonte dei diritti civili e politici la “Costituzione democratica”. Da lui considerata superiore persino alla coscienza individuale. Il che significa che una Costituzione, votata comunque a maggioranza (pur qualificata), rischia di assumere lo stesso valore totalitario della terribile volontà generale teorizzata da Rousseau.
Sul piano della teoria democratica, Scalfari identifica democrazia e diritti individuali, facendo però dipendere l’ effettivo esercizio di questi ultimi dalla rinuncia nei loro titolari a farsi portatori di qualsiasi discriminazione etnica, religiosa e sessuale. Discriminazioni culturali, dunque storicamente mutevoli, che vengono fissate costituzionalmente. E quindi in ultima istanza, a decidere, su ciò che sia culturalmente accettabile, malgrado Scalfari dichiari in precedenza il contrario (“ma se l’opinione di alcuni - fosse pure l’opinione maggioritaria - si trasformasse in norma discriminante allora l’eguaglianza sarebbe violata e con essa la democrazia”), resta soltanto una anonima volontà generale costituzionalizzata.
Sul piano della teoria sociologica, Scalfari in buona sostanza rivendica il potere di un gruppo sociale costituzionalizzato, come lo Stato, sull’individuo. La cui libertà viene così sottoposta alla volontà particolare di un gruppo socioculturale, costituzionalizzata e rappresentata come generale.
Si dirà, la libertà sociale dell’individuo non può essere assoluta. Servono regole… Giusto. Ma allora non si deve presentare la laicità come una conquista democratica. Ma, più semplicemente, come l’imposizione, in termini di volontà generale, di un “certa” idea di libertà, che riflette un “certo” universo culturale dominante, esito provvisorio di un divenire storico ciclico, dove i valori e i gruppi sociali configgono e si alternano al potere. Di conseguenza l’unica, per così dire, “stella polare” che può essere di guida in questo secolare cammino, segnato dalla ascesa e caduta delle civiltà più differenti, non può non essere che la coscienza individuale, spiritualmente motivata, e il doveroso rispetto di essa da parte di qualsiasi tipo autorità.
Ciò significa che c’è vera democrazia solo dove all’individuo è riconosciuto il libero diritto alla disobbedienza civile e politica. A cominciare dal diritto di obiezione di coscienza. Un diritto - che per venire al moderno culto delle Costituzioni - dovrebbe perciò essere costituzionalmente riconosciuto, proprio da coloro che celebrano i diritti costituzionali del cittadino come una sempiterna conquista.
Ma su questo punto Scafari tace. Probabilmente perché preferisce far parlare Rousseau.