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Il ricatto del camionista: una lezione per il biologico

di redazionale - 17/12/2007


Meno inquinamento, meno co2 immessa nell'ambiente, riscoperta dei prodotti locali. Forse lo sciopero dei camionisti è stato terapeutico.



Che la Repubblica Italiana abbia subito nel corso del suo consolidamento una forte connotazione stradale, è chiaro agli occhi di tutti. Non c'è occasione in cui non si faccia riferimento al traffico, al prezzo del pedaggio dell'autostrada, agli intoppi causati dai lavori soprattutto in quegli ampi tratti autostradali che scendono verso sud e poi, come in questi giorni, ci accorgiamo come possono riuscire a trasformarsi rendendoci inaccessibili frutta, verdura e carburante.

La rete stradale italiana ha sempre rappresentato il paradigma dell'ambiguo e strumentale rapporto che nel nostro Paese si ha con lo Stato e, soprattutto, con la risorsa pubblica. La risorsa pubblica non viene sempre utilizzata con l'intento di favorire il pubblico. L'Italia si regge su una colonna vertebrale d'asfalto, che la taglia da nord a sud, un'infrastruttura incompiuta ed inconcludente, che ha il solo grande merito di aver prodotto l'egemonia delle automobili, come favorito mezzo non solo di trasporto; e l'amore per le vetture, i veicoli, che da strumenti di trasporto privati si sono trasformati in una specie di appendice naturale, l'obiettivo principale di ogni affrancamento economico. A causa di questo, o forse conseguenza di tutto questo - non si è mai capito - ci ritroviamo con un sistema di trasporto pubblico dedicato alle persone e alle merci assolutamente inadeguato alle risorse del paese e del pubblico.

In Italia sono 308.000 i chilometri di strade costruite senza una reale pianificazione, circa 1 km lineare per ogni chilometro quadrato di superficie, un fatto più unico che raro. Il trasporto su gomma è riuscito a sfruttare questa peculiarità del nostro paese, infatti il 76% delle merci viaggiano lungo le autostrade, nonostante una rete ferroviaria e l'opportunità di sfruttare il trasporto via mare. Questi numeri dimostrano uno sbilanciamento netto a vantaggio di quella che non è la migliore soluzione. A livello economico il trasporto solo su gomma non è vantaggioso per tutta una serie di fattori che includono: traffico, sicurezza stradale e impatto ambientale.

In questi giorni di sciopero degli autotrasportatori abbiamo rilevato una serie di novità. La prima è che la nostra attenzione di consumatori si è rivolta soprattutto ai canali tradizionali che avevamo sostituito con i più pratici e poco saporiti supermercati. Con la penuria - o con la minaccia che ciò potesse accadere - di approvvigionamenti di frutta e verdura, ci siamo accorti, dalle interviste sui telegiornali, che i negozianti hanno scelto di procurarsi merci locali, frutta e verdura coltivata nel territorio di vendita. I supermercati magari potevano offrire qualche scaffale sguarnito ma i fruttivendoli rionali hanno continuato a vendere le zucche, i cavoli, le patate, le mele e quei prodotti di stagione.

L'altra scoperta riguarda il tasso d'inquinamento dell'aria. Lo sciopero dei tir ha fatto scendere i valori delle polveri sottili. L'Arpa Emilia Romagna ha rilevato nella regione una differenza media di 30 microgrammi per metro cubo d'aria nei giorni dello sciopero. A contribuire sicuramente hanno inciso anche le condizione meteo però, come spiega Vito Belladonna direttore Arpa di Bologna sul quotidiano Qn: " Il fermo dei tir e la conseguente riduzione del traffico veicolare , indotto anche dalla preoccupazione di risparmiare carburante, hanno giocato un ruolo importante".

Pensierino di Natale: in Inghilterra sappiamo che le organizzazioni del biologico stanno da tempo valutando la possibilità di escludere dalla certificazione quei prodotti che viaggiano in aereo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni di Co2 prodotte durante il trasporto. In Italia, invece di perdersi in innocue polemiche, perché non si inizia un dibattito sull'opportunità di rivedere il sistema dei trasporti nell'ambito del biologico?