Strano: così bravo e spericolato nel vantare i meriti suoi e della sua proiezione di impeccabile buongoverno, Berlusconi non accenna neppure a un merito concreto, indiscutibile, autentico, benefico per tutti, come la liberazione di tutti i luoghi pubblici dal fumo di sigarette per opera del suo ministro (chissà perché estromesso poco tempo dopo) Sirchia. Gli italiani in gran parte gliene saranno sempre grati. Neppure Veronesi c’era riuscito: la provvida misura faticava ad imporsi mentalmente. Adesso l’Italia sopravanza in questo una quantità di Stati ancora esitanti o che se ne infischiano di proteggere da uno smog di troppo e da un’aggressione polmonare così volatilmente diffusa. Nei ristoranti l’assenza di masticanti col posacenere pieno ne rende la frequentazione più sciolta, addirittura più fiduciosa: pazienza la cucina, almeno non ingoieremo nolenti il fumo di altri, non dovremo pregare di astenersene i commensali. Grazie - e mai più ripensarci!
Quanto al resto, questo più lungo passaggio della cometa Berlusconi non lascia un Ambiente-che-ride. Di salvaguardie non so quante ne avrà lasciate indenni. Nel suo fondamentalismo industrialista non ha avuto limiti nel mettere l’impresa (qualunque faccia assuma, e là le facce Biancaneve-San Francesco non fanno cifra) avanti a tutto, e gli inquinatori, grandi e piccoli, puliti e sporchi, ci hanno perso perfino il fastidio di un po’ di solletico. E i suoi condoni hanno svuotato mezzo purgatorio. L’idea fissa berlusconiana del ponte sullo Stretto e delle Alte Velocità è, per l’ambiente, campana a morto: sciagura che non sia il solo ad averla. Non ha mai cessato di premere per il nucleare e di esecrare il referendum post-cernòbil, ma passare all’atto scatenerebbe prontamente rivolte popolari incontrollabili. Scansando col silenzio queste biglie roventi, Prodi rassicura quanto un formaggio per topi: per opporsi al vento infernale che tira vuoi che siano sufficienti le differenze temperamentali? E l’Italia è fragile, e non si fabbrica tanta ricchezza superflua senza infragilirla di più, di generazione in generazione.
Una politica veramente moderna, degna del nome e adatta ai tempi avrebbe messo da un pezzo e sempre più metterebbe la questione ecologica, enorme di scomparti d’insolubile, sul trono. Il vivo magma umano, votante o no, capirebbe. Non mettendo in primo piano, al posto degli idoli perversi dell’economia, la vita, un vivere accettabile, - la morte s’introna da sé. Il significato esoterico di globalizzazione è questo.
E la politica sarà ancora emozionante in Israele e negli Stati Uniti, o con tutto il suo tremendo in Iraq: ma che cosa ci può stuzzicare in questo italiano spiumarsi di galline e pro e anti-berlusconi scambiarsi colpi? Uno si vanta e rivanta di aver fatto crescita; l’altro addita panorami di rovine da Italoshima: ma è un contrasto sensato questo? E’ un pólemos generatore? E si possono guadagnare applausi di folla, ascolti tele, editoriali di storici e politologi, caterve di voti, consensi femminili, con argomenti simili, su triviali sfondi giudiziari? Radunate di partiti per palleggiarsi questa roba? C’è del grave in una frivolità cieca. Questo rende l’ideologia dominante, che è priva di dissonanze, ignara di rotture di fondo e di principio, pericolosa: perché la crescita autentica, aggressiva, corrodente, è quella della penuria d’idee, del vuoto di consapevolezza della malattia planetaria, in una parola - da intendersi fortissima - dell’insignificanza.
Il solo a possedere dell’immaginazione politica è uno tenuto lontano dai pitbull del santuario: Marco Pannella - malvisto e sfigato nel suo sforzarsi (e in questi sforzi spreca e disperde immaginazione) di portarci dentro dell’altro. Non fa scelte nette di campo perché è impossibile stabilire una reale differenza tra una Destra e una Sinistra senza divergenze sostanziali, che non accomuna soltanto l’assurdo prefisso centro. (Suggerirei si chiamassero Centro A e Centro B, un po’ da anonimi beckettiani, distinzione sufficiente per il certificato elettorale e il dibattente televisivo, nel vorticare dell’insignificante). Ma Centro A e Centro B del male di vivere d’oggi ne sanno qualcosa? E della violenza antiumana che produce e attira un vivere generale così senza ideali, così senza neppure la libertà di sentirsi in esilio perpetuo, e di soffrirne?
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