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L'organizzazione economica dell'Ordine Templare

di Luigi Carlo Schiavone - 18/12/2007

 

 
L'organizzazione economica dell'Ordine Templare


Aldilà delle imprese militari e delle mille sfaccettature esoteriche che circondano la storia dell’Ordine dei Cavalieri Templari non si può avere un quadro preciso dell’opera di tale ordine senza trattare anche dell’aspetto economico e finanziario delle loro attività. Un aspetto che, per le capacità di gestione dimostrate e per le innovazioni introdotte, è tutt’altro che marginale.
Abbandonata, infatti, la primitiva povertà enunciata dai nove cavalieri fondatori di questa milizia che aveva il compito di fornire protezione ai pellegrini in viaggio per la Terra Santa, l’Ordine finì, in breve tempo, con accumulare, grazie a molteplici donazioni, un vasto capitale.
Le donazioni di cui l’Ordine beneficiò provenivano da tutto il mondo cristiano; fattasi strada, infatti, la fama delle loro virtù, per tutti i fedeli beneficiare l’Ordine del Tempio divenne quasi una sorta di obbligo. Queste donazioni, dalle quali traevano origine sia l’accrescimento delle ricchezze che permettevano all’Ordine di sostenere le spese derivanti dall’impegno bellico in Terra Santa sia l’aumento del numero delle loro proprietà fondiarie, inoltre, possono essere suddivise in tre categorie fondamentali: vi erano le donazioni “pro anima”, concesse dai donatori che non ponevano alcuna condizione se non quella di ottenere la salvezza della propria anima, le donazioni “in extremis”, sebbene scarse numericamente e ben presto sostituite dai lasciti testamentari, fatte da pellegrini “prudenti” molto spesso prima di recarsi in pellegrinaggio presso il Santo Sepolcro, ed in ultimo le donazioni che comportavano un contraccambio di natura economica e per questo facilmente assimilabili a veri e propri atti di compravendita.
Come già detto, queste donazioni furono fondamentali nell’accrescimento del patrimonio templare. Basti pensare che in Spagna le donazioni “regali” ai Templari erano spesso legate ad attività di “Reconquista”, comportando, quindi, per i Cavalieri Templari, il compito di conquistare e valorizzare ampie aree precedentemente sotto il controllo dei Mori.
Se queste operazioni possono sembrare “interessate” non minor lucro si celava dietro le donazioni legate alla volontà di ottenere benefici spirituali dall’Ordine; una pratica molto ambita che consentiva, ad esempio, di essere seppelliti in un cimitero templare. Dopo esser stati ammessi “ad succurrendum”, donando le proprie fortune all’Ordine, a vivere gli ultimi anni della propria esistenza presso il Tempio, infatti, molte persone potevano chiedere di essere seppellite nel cimitero della casa templare che le aveva ospitate; questo fu il caso di Oddone di Grancay che, entrato nell’ordine nel 1185 presso la casa di Bures situata nei pressi del suo castello, vi morirà nel 1197 e lì sarà seppellito.
Col tempo la massa ingente delle donazioni cominciò ad acquisire vaste dimensioni, interessando non poco i Cavalieri Templari, ed in particolar modo i vertici dell’Ordine, che cercarono di renderla un blocco omogeneo attraverso semplici manovre; un esempio ci può essere fornito dalle manovre operate dall’Ordine in Catalogna e in Aragona dove, cedendo terre che avevano in luoghi lontani, acquistarono terreni confinanti con quelli già posseduti.
Non rari furono, inoltre, i casi in cui l’Ordine del Tempio acquistò i terreni di proprietari litigiosi impegnati in futili liti di confine.
Tuttavia, sebbene l’afflusso dei proventi dei loro possedimenti terrieri fosse considerevole e avesse reso l’Ordine Templare il più ricco tra gli Ordini militari del tempo, i Cavalieri si guardarono bene dal dar sfoggio della propria ricchezza, che pur era sotto gli occhi di tutti.
Uno dei motivi per cui i Cavalieri Templari, e tutti gli altri Ordini militari del tempo, cercavano di ottenere vasti profitti dai loro possedimenti europei era legato alla necessità di recuperare i fondi necessari per il perseguimento delle operazioni militari in Terra Santa. Fruttuosa era la pratica del “responsio”, corrispondente a circa un terzo di quanto producevano le proprietà di tutti gli Ordini militari, che diede vita ad una sorta di politica coloniale “inversa” dove erano i Paesi di origine a sopperire, con derrate e denaro, alle esigenze sorte nel Paese colonizzato.
Un ulteriore elemento di distinzione riscontrabile nell’ambito dell’attività economica svolta dai Cavalieri Templari è da ritrovare nell’abilità che essi ebbero nell’adattare le produzioni delle loro proprietà alle caratteristiche climatiche e morfologiche nonché alle tradizioni dei luoghi in cui erano situate: così se a Douzen si coltivava la vite, in Inghilterra i Templari allevavano i montoni da cui ottenevano la lana che veniva venduta a Southampton. Per portare un esempio italiano, le proprietà templari di Foggia si distinguevano per le ampie distese di vitigni ed uliveti, mentre nei loro possedimenti toscani così come in quelli di Viterbo e Castel’Araldo i Cavalieri si dedicarono allo sviluppo dell’allevamento e della cerealicultura.
Sui vari possedimenti del Tempio, inoltre, vigevano un’ampia serie di commenda: si passava dalla “grange”, che stava ad indicare la coltivazione diretta, alle “signorie”, con riserve a coltivazioni dirette, fino alle cosiddette “tenute contadine”, soggette a canoni e prestazioni. Pur privilegiando le coltivazioni dirette, i Cavalieri Templari non ne fecero mai un limite, evitando così che questa loro preferenza potesse interferire sia con la gestione economica delle loro proprietà fondiarie sia lederne le cospicue rendite. Va aggiunto poi che il personale impiegato dai Cavalieri Templari nelle loro tenute era rappresentato da lavoratori fissi a cui affiancavano, nei periodi di maggiore attività, dei lavoratori a corvées, e che i Templari inserirono sempre i loro servi tra i ranghi degli “uomini del Tempio” affinchè potessero usufruire dei privilegi e delle esenzioni che da tale status derivavano.
Altri strumenti importanti, ricollegabili alla volontà dei Cavalieri Templari di risolvere alcuni problemi del loro tempo mediante l’impiego di istituti innovativi e dalla grande valenza sociale e culturale furono “le carte di popolamento”, “le carte di consultazione” e le “quévaise”.
Attraverso “le carte di popolamento”, infatti, essi concedevano determinati diritti a quei contadini che desiderassero prendere dimora in alcune zone devastate o ancora da conquistare; tale pratica fu particolarmente diffusa nella Penisola Iberica dove simili territori rappresentavano la maggioranza delle donazioni ricevute dal Tempio. “Le carte di consultazione”, invece, rappresentarono delle concessioni volte a favorire la volontà di autodeterminazione di alcuni borghi e città sviluppate. Pratica in auge soprattutto a nord dei Pirenei grazie alla quale, ad esempio, il borgo di Montsaunès ottenne, nel 1288, l’autonomia municipale. La “quèvaise”, infine, fu istituita per sopperire al un duplice scopo di rafforzare la coesione della comunità rurale e far da supporto alle politiche di popolamento.
Attraverso questo strumento, infatti, veniva concesso ad un contadino, da parte dell’Ordine dietro versamento in denaro o in natura di un canone, l’uso individuale di un lotto. Tale utilizzo, inoltre, era trasmissibile, in linea diretta, a favore del figlio più giovane; se il contadino si impegnava a versarne una parte gli era concesso, per il raccolto, anche l’uso collettivo delle terre del villaggio.
A questi istituti val la pena di aggiungere, inoltre, la funzione svolta dall’Ordine Templare (e da altri ordini monastici) come “banca agricola” facendo prestito ai contadini in cambio di pegni in beni o diritti ed interessi che, essendo vietati dalla Chiesa, venivano dissimulati tramite operazioni di cambio da una moneta in un’altra.
Per avere una visione completa delle loro attività, però, a queste gestioni “bucoliche” vanno affiancate tutte quelle operazioni commerciali e finanziarie che rappresentarono il nerbo delle attività dei Cavalieri Templari e che furono, in qualche modo, le concause della loro fine. La rotta sulla quale queste si svilupparono fu tracciata tra la “seconda linea”, rappresentata dalle residenze templari in Europa, e i possedimenti presso il “fronte” della Terra Santa; fra questi territori, interessanti per la presenza di frequenti mercati e fiere, fu concesso loro di esportare le loro merci senza dover pagare alcun tipo di dazio.
Fin dal 1200, inoltre, i Cavalieri Templari vararono un’accorta politica di sviluppo per le proprie attività finanziarie. I futuri “banchieri dei papi e dei re”, infatti, svolsero dapprima una funzione finanziaria che potrebbe essere definita, a ragione, passiva. Questa funzione si incarnava nella prassi di far depositare, dietro pagamento, nelle proprie casse “consacrate a Dio e per questo inviolabili” i preziosi dei ricchi sovrani d’Europa divenendo così, in breve tempo, la cassaforte d’Europa. Nel giro di pochi anni, però, questi depositi finirono col trasformarsi in veri e propri “conti correnti” ante litteram; gli “intestatari”, infatti, grazie a semplici lettere del tesoriere potevano ritirare somme ed effettuare pagamenti anche in località diverse da quelle dove era avvenuto il deposito. I possidenti, inoltre, potevano contare anche su un efficiente servizio amministrativo che permetteva di ricevere, dietro pagamento, tre volte l’anno una sorta di estratto conto col quale potevano tenere sotto controllo lo stato delle loro ricchezze.
Alla “banca templare” si deve, inoltre, l’introduzione di una serie di strumenti come il “mandato”, la “lettera di pagamento” e la “tratta” o cambiale commerciale, che, da allora, consentirono di ottenere denaro ed ottemperare a pagamenti anche se ci trovava a lunga distanza da casa. Queste attività, che durante le crociate si svolsero parallelamente alle operazioni militari, assunsero dopo la sconfitta di Acri un ruolo fondamentale. Esauritosi il loro compito militare, infatti, i Cavalieri Templari, rifluiti in Europa, si dedicarono assiduamente a rafforzare la loro situazione economica e finanziaria.
In Inghilterra, la loro funzione di banchieri ed amministratori ebbe ampi riconoscimenti. Come dimostrato dalla storia, infatti, la corte inglese fece costante riferimento al Tempio di Londra tanto da considerarlo come parte integrante del sistema finanziario del governo inglese. Basti pensare che, nel 1294, il Commendatore e il Tesoriere del Tempio di Londra erano due dei tre membri della commissione che il Re nominò per occuparsi della conversione dalle vecchie alle nuove monete. Durante il regno di Enrico III, inoltre, si ricorse spesso al Tempio per ottenere consigli utili per il governo del Paese; nel 1259, ad esempio, nel corso del dibattito che sancì la modifica del diritto consuetudinario e decretò i provvedimenti legislativi di lunga durata, il Parlamento si riunì presso il Tempio di Londra. Lo stesso fatto che Enrico III chiese di essere seppellito, alla sua morte, nel Tempio di Londra dimostra il grande prestigio di cui godessero i Templari presso la corte anglosassone.
Diversa fu la sorte che toccò al Tempio di Parigi. I Cavalieri Templari furono nominati, nel 1189, amministratori dei beni della Corona di Francia per volontà del Re Filippo Augusto che era in procinto di partire per la terza crociata. Tali beni si trovavano ancora presso le casse del Tempio, nel 1285, all’inizio del regno di Filippo il Bello ma, in seguito all’aggravarsi della situazione economica provocata dalla condotta di vita del monarca, quest’ultimo decise di riorganizzare la struttura amministrativa del regno trasferendo il tesoro della Corona al Louvre in quanto non era possibile né opportuno che in un simile frangente l’amministrazione del denaro fosse affidata ad un “ente” distaccato qual era il Tempio.
Data l’incapacità dei Tesorieri reali, però, nel 1303 il sovrano decise di affidarsi ad un’amministrazione congiunta concedendo nuovamente il tesoro al Tempio dove agenti reali e il Tesoriere del Tempio l’amministreranno fino al 1307, anno dell’inizio del processo ai Templari. Tale processo, avviato dall’avidità di colui che è stato definito da Dante nel canto XIX del Paradiso come il “falsario”, culminò nel 1314 anno in cui, grazie alla complicità degli Stati Maggiori del Vaticano, gelosi del potere e della benevolenza di cui godevano i Cavalieri Templari presso la popolazione, un immenso rogo avvolse le membra del Gran Maestro Jacques De Molay lasciando una traccia indelebile nell’aria di Parigi.