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Una strada nuova, magari a quattro corsie

di Grigi Bolero - 18/12/2007

   
 
 

Per tornare a casa percorro in macchina una strada stretta, costruita chissà quando, tra lo stagno di Molentargius e un quartiere residenziale. Da un lato quindi le canne alte dello stagno, che se tira vento si piegano fino quasi a carezzare la cappotta delle macchine che passano, e dall’altro lato un prato verde curatissimo, qualche palma, una fontana, tremila metri quadrati di parco, un teatro all’aperto e di lontano, dalla visuale della strada, le finestre del complesso residenziale che guardano il Golfo degli Angeli.
Oggi lo stesso, come ieri, attraversavo la strada stretta, quella che quando piove si allaga completamente perché lo stagno è troppo vicino e le canalette di scolo si riempiono subito, il terreno non drena, è zuppo d’acqua, praticamente impermeabile. E la strada stretta diventa come un fiume, e a volte le macchine galleggiano e te le ritrovi incastrate in mezzo alle canne fra gli uccelli protetti dalla convenzione Ramsar. Oggi lo stesso quindi, come ieri, attraversavo la strada stretta e c’era vento e le canne non c’erano più ai bordi della strada a carezzarmi la cappotta della macchina, ma un terreno fangoso smosso e segni profondi di cingolati e pale meccaniche. Sulle canalette, ai lati della strada stretta, c’era una condotta in cemento armato pronta ad essere posata, un metro di diametro, volgare ed arrogante, imponente, presuntuosa, moderna. E  i picchetti per la nuova strada già piantati lungo il profilo, sicuramente più larga la nuova strada, più bella, più veloce, magari a quattro corsie, con un bel distributore di benzina proprio di fronte all’ingresso del quartiere residenziale. Segni dell’uomo ovunque, nastro arancione di lavori in corso, cicche di sigarette e buste e bottiglie. Poi il cielo grigio gonfio di pioggia, minaccioso come l’acqua di uno spicchio di stagno scoperto dai lavori in corso.
Mi ha fatto pensare questo piccolo specchio d’acqua liberato dalle canne che lo proteggevano, forse uno spazio di nidificazione, svergognato dall’uomo, scoperto e reso pubblico quando lui – lo spicchio d’acqua – aveva deciso di restare privato, chiuso, parte di un tutto naturale.
Mi è venuto anche da ridere però, subito dopo, dopo averlo superato quello specchio d’acqua; piccolo, è vero, ma troppo vicino alla strada che verrà, così minaccioso, che conta i giorni che lo separano dalla vendetta. La natura – ho pensato mentre imboccavo la litoranea – la natura mica la puoi far entrare in una condotta di un metro di diametro, la natura (non) si adegua, la natura entra.
E se avessi un figlio o qualcuno a cui dare un consiglio gli direi questo: quando piove non passare dalla nuova strada, quella tra lo stagno e il quartiere residenziale, sarebbe molto pericoloso.