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José Martì a 40 anni dalla morte di Che Guevara

di Manuel Zanarini - 19/12/2007

 

“Non è ricco un paese dove ci sono alcuni uomini ricchi, bensì quello dove ognuno possiede un po’ di ricchezza” (Josè Martì)

 

Il 9 Ottobre del 1967, a La Higuera in Bolivia, un commando di soldati regolari boliviani e di agenti CIA uccideva Ernesto “Che” Guevara.

A 40 anni di distanza, invece di ripercorrere le gesta del Comandante, di cui tanto si è detto e scritto, vorrei parlare del primo eroe cubano della storia, nonché modello insieme a Simon Bolivar ( si veda articolo precedente) della lotta rivoluzionaria del Che: Josè Martì.

Josè Julian Martì Perez, nacque a L’Avana il 28 Gennaio 1853 ed è stato un politico, un poeta ed uno scrittore.

Nasce in una Cuba, che scoperta da Cristoforo Colombo, viene conquistata da Diego Velazquez nel 1511 e fino al 1898 resterà una colonia Spagnola, quindi sotto il tallone del Colonialismo Europeo.

E’ un periodo già scosso dai fermenti indipendentisti,accentuati da una grave crisi economica e sociale.

 Zucchero e alimenti di lusso subiscono una grossa contrazione sui mercati esteri ed i piantatori giungono alla conclusione che i lavoratori costano meno degli schiavi, stagionali i primi fissi i secondi, così la Giunta d’informazione sollecita l’abolizione della schiavitù.

Il tutto culmina il 10 Ottobre 1868 quando Carlos Manuel de Cespedes dichiara Cuba indipendente, dichiara cessata la schiavitù e libera i propri servi.

Partirà cosi la “Guerra dei 10 anni”, che a causa della disomogeneità del fronte indipendentista (campagne contro città, borghesia contro ceti poveri, bianchi contro meticci) porterà solo alla firma del patto di Zanjon nel 1878, che la Spagna violerà sistematicamente.

Nel frattempo Martì viene arrestato, nel 1869 a soli 16 anni, con l’accusa di tradimento e verrà condotto nel carcere nazionale, dove a causa dei trattamenti carcerari subirà danni permanenti alla salute.

Nonostante una condanna a 6 anni, il Governo decide di esiliarlo in Spagna, dove studiò legge e diede il via al suo lavoro di scrittore denunciando lo schiavismo Spagnolo.

Nel 1877 torna a Cuba sotto falso nome, situazione poi legalizzata con il patto di Zanjon e la relativa amnistia.

Nel 1880 si trasferisce a New York. Qui lavora come corrispondente estero per i più importanti giornali latino-americani e conosce più a fondo il potente impero USA; infatti denuncerà la situazione disumana in cui vivono gli afro-americani, i nativi americani e gli operai delle industrie sulla costa orientale.

In seguito l’Uruguay lo nomina ambasciatore per la Pan American Monetary Commission  riunita a Washigton il 1891.

Questa Commissione aveva lo scopo di imporre il bimetallismo, un sistema che prevedeva la “copertura” delle monete sia  in oro che in argento di cui gli USA erano i primi produttori mondiali, agli altri stati delle Americhe, per poi proporlo all’Europa.

Josè Martì, a nome di tutti i paesi latino-americani, si dichiara contrario ed accusa gli USA di imperialismo e di voler scatenare una campagna di conquista sulla parte centro-sud del continente dopo aver annientato i nativi americani.

In effetti le mire espansionistiche su Cuba si fanno sempre più pressanti. Vengono comprate miniere, centrali zuccheriere, grandi territori, viene imposta una tariffa doganale molto pesante sul tabacco de L’Avana (da McKinsley nel 1890) che di fatto costringe le aziende cubane a spostarsi sulla costa della Florida e una volta ottenuto questo risultato verrà resa molto più elastica.

Infine, viene proposto alla Corona Spagnola l’acquisto dell’isola! L’offerta è di 300 milioni di dollari, ma il Re rifiuta.

A questo punto insieme ad altri esuli cubani fonda il Partido Revolucionario Cubano e inizia a raccogliere fondi per acquistare armi e tornare a liberare l’isola, prima che la Spagna la svenda agli USA.

Il 25 Marzo 1895 pubblica il Manifesto di Montecristi in cui dichiara l’indipendenza di Cuba e la fine della schiavitù e della segregazione razziale sull’isola.

Una volta raggiunto l’accordo con i generali cubani della “Guerra dei 10 anni” esuli negli USA e raccolti i fondi necessari, l’11 Aprile dello stesso anno, alle 10 di sera, Josè Martì  e quattro compagni riescono a sbarcare a Cuba.

L’isola è già in rivolta, ma mentre ad Occidente, più cittadino, la Spagna si difende, ad Oriente, rurale, da dove partirà anche la rivoluzione del Che, gli indipendentisti sono molto più forti e sono organizzati attorno al generale Moncada, da cui verrà il nome della caserma di Santiago da cui partirà l’assalto al potere di Batista delle truppe di Castro.

Il 19 Maggio, nella battaglia di Dos Rios, Josè Martì morirà a seguito delle ferite riportate nel conflitto con l’esercito spagnolo e non vedrà la fine della guerra ispano-americana che finirà all’incirca tre anni dopo, anche se per l’indipendenza una grossa mano arriverà proprio dagli USA che dichiararono guerra alla Spagna, ma questa è un’altra storia.

Con l’articolo su Bolivar prima e su Josè Martì, abbiamo tracciato i profili di due grandi rivoluzionari che hanno lasciato un peso enorme sulle generazioni future.

A 40 anni dalla morte del “Che”, trovo molto più interessante ed utile, ritrovare i sentimenti di lotta anti-imperialista, di costruzione di un blocco latino-americano in grado di opporsi allo strapotere USA e di dare libertà e dignità ai popoli “indiani” di quelle terre, che hanno caratterizzato il pensiero di Guevara e che, appunto, partono da questi grandi rivoluzionari del 1800, piuttosto che ripetere le filastrocche che vedono il Comandante come un “comunista buono” da stampare sulle

t-shirts della Festa dell’Unità!