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Clima: la svolta culturale

di Pietro Greco - 19/12/2007

La svolta si è avuta. La lotta ai cambiamenti climatici è diventata cultura diffusa. Lo dimostrano il premio Oscar e il Nobel per la Pace attribuiti nel 2007 alla medesima persona, Al Gore, che di questa lotta si è fatto paladino. Lo dimostrano le conclusioni, a fine settimana scorsa, della Conferenza delle Nazioni Unite che ha riunito a Bali, in Indonesia, i rappresentati di 190 diversi paesi: entro il 2009 avremo un nuovo Protocollo che impegnerà tutto il mondo – sviluppato, emergente e in via di sviluppo – nella mitigation dell’effetto serra: in soldini, in una politica differenziata ma piuttosto drastica delle emissioni di gas serra e in una politica la più vasta possibile di incremento dei pozzi di assorbimento del carbonio (in primo luogo, estensione delle foreste).

Ma che si sia avuta un’autentica svolta culturale lo dimostra anche il fatto che la grande industria dell’energia si sta rapidamente riposizionando. E da un atteggiamento posizione strenuamente difensiva, abbarbicata ora sulla negazione dei cambiamenti climatici in atto ora sull’opposizione a ogni road map per la riduzione delle emissioni di gas serra, si sta, rapidamente ripetiamo, collocando su una posizione opposta, fondata sul riconoscimento che il clima sta cambiando a causa dell’uomo e sulla ricerca di nuove fonti di energia. La riprova? Nei giorni che hanno preceduto la Conferenza di Bali i giornali italiani hanno ospitato corposi inserti pubblicitari a cura di grandi aziende multinazionali che ci proponevano vecchi slogan ambientalisti – il futuro è nelle nostre mani – e una strategia per contrastare i cambiamenti climatici: l’innovazione tecnologica, sia per aumentare l’efficienza energetica, sia per rilanciare nuove fonti di energia, alternative ai combustibili fossili e carbon free.

Da Oslo a Bali, da Hollywood ai consigli di amministrazione (e alle direzioni marketing) delle grandi corporations, questo cambiamento di cultura va salutato con grande favore. Il mondo si sta sintonizzando sulla lunghezza d’onda giusta per contrastare quella che molti considerano la più grande minaccia per l’umanità nel XXI secolo.

Conviene tuttavia mettere in guardia su qualche rischio. I principali ci sembrano due. Correlati tra loro. Il rischio che l’innovazione tecnologica sia considerata non una, ma "la" soluzione del problema. Diciamo meglio. Senza innovazione tecnologica non ci sono soluzioni praticabili decisive nel contrasto ai cambiamenti climatici. Ma l’innovazione tecnologica da sola non basta. Occorre evitare un secondo rischio. Quello che si cerchi una soluzione che sia sostenibile ecologicamente, ma non socialmente. Sarebbe un grave errore non tener conto delle enormi disuguaglianze sociali create dal medesimo modello di sviluppo che ha generato le minacce ambientali. Le uniche soluzioni possibili ai cambiamenti climatici sono quelle che, con l’ausilio indispensabile dell’innovazione tecnologica, affrontano sia gli aspetti ecologici sia gli aspetti sociali dello “sviluppo insostenibile”.