L'inarrestabile percorso del darwinismo sociale: origini del fenomeno
di Fabrizio Fratus - 19/12/2007
La scalata al successo degli scienziati inizia nella seconda metà dell’ottocento;
la ricerca scientifica si unisce alle applicazioni tecnologiche creando un
legame essenziale che porterà la scienza a subordinare a sé la tecnica. Lo
scienziato diviene, allora, il vero “eroe” della società, la sua figura è
vista come colui che sviluppa “verità” e benessere per l’intera popolazione.
Lo scienziato, da semplice studioso della natura diviene colui che dà
risposte ad aspetti politici, sociali, economici e morali.
È molto semplice comprendere, nel panorama culturale descritto, il successo
di Darwin e delle sue ipotesi. L’impatto culturale che Darwin ebbe sulla
società fu potentissimo; si rivoluzionò tutta la visione della natura
immutabile creata da Dio sostituendolo con un unico processo che coinvolgeva
ogni aspetto dell’universo. L’uomo viene relegato nella sfera degli animali
anche se più evoluto.
Queste concezioni daranno origine a pensieri ideologici con contenuti di
carattere scientifico, l’idea dell’evoluzione fu inserita su piano sociale
creando così una visione ottimistica di progresso della società; visione che
portò la “società delle nazioni” ad un concetto di selezione basata sulla
lotta per la vita che voleva dare giustificazione al diritto del più forte,
sia nel campo delle classi sociali, che nei rapporti tra stati; nacque così
il “darwinismo sociale” che, interpretando scientificamente la società sulle
ipotesi di Darwin, diede sostegno alle concezioni di nazionalismo,
colonialismo e razza.
Il processo che portò alla “vittoria” delle teorie di Darwin va ricercato
nella correte filosofica del positivismo, corrente che predicava la
supremazia dei dati di fatto, del “positivo” contro le speculazioni
filosofiche. Prima delle ipotesi darwiniane le teorie positive non erano
riuscite a contrastare l’egemonia delle correnti di carattere
spiritualistiche e idealiste; dopo la pubblicazione de ”L’origine della
specie” il positivismo prese il sopravvento e si impose culturalmente nelle
università e nella cultura in generale. Colui che riuscì a ribaltare la
concezione delle impostazioni filosofiche fu Herbert Spencer che era
convinto che tramite l’osservazione della natura con metodo scientifico e
con l’interpretazione data dalle scoperte darwiniane si era in grado di
comprendere la società e il suo futuro caratterizzato da un progressivo
sviluppo in senso tecnologico e sociale.
Per Spencer l’evoluzione consisteva nel passaggio dall’indifferenziato al
differenziato, all’incoerente al coerente, quindi anche la società umana
procedevano verso una progressiva differenziazione e specializzazione delle
attività.
Questo modello interpretativo della società portò ad una visione ottimistica
di un progresso ottimistico. Per Spencer “l’evoluzione può terminare, per l’uomo,
solo con lo stabilirsi della più grande perfezione e della più completa
felicità”.
Fu in questo clima che si imposero a livello accademico le nuove scienze: la
psicologia, la sociologia, l’ antropologia culturale e tutte quelle nuove
materie denominate scienze sociali. Tali materie erano frutto diretto della
filosofia di Comte; si compiva così la vittoria della metodologia
scientifica per la conoscenza della natura, dell’uomo e della società.
Il nuovo pensiero dominante sostenne fortemente le teorie di Karl Marx che
sostenevano che i fatti spirituali come l’arte, le religioni, la poesia, le
ideologie avessero un fondamento materiale e, dato questo presupposto,
espresso nel testo “Il manifesto del partito comunista”, scritto con il suo
collaboratore Engels, e soprattutto ne “Il capitale” si prospettava una
rivoluzione sociale. Marx sostenne che “ i filosofi hanno soltanto
variamente interpretato il mondo, ma quello che importa è modificarlo”.
Quindi per Marx tutte le opere artistiche andavano considerate come
sovrastrutture che dovevano essere interpretate storicamente nel senso che
erano frutto di certe condizioni sociali di cui erano un riflesso. Marx
trovò sostegno per le sue teorie grazie soprattutto alla visione
materialista della vita che andava sempre maggiormente prendendo corpo tra
gli scienziati, grazie alle teorie darwiniane Marx aveva la “base”
scientifica per interpretare tutto in senso materiale.
Se prima della rivoluzione industriale, di quella francese e poi di quella
culturale vi era una società impostata su un dogma religioso nel ventesimo
secolo il dogma materialista andava a sostituirsi a quello religioso dando
origine ad una vera e propria ideologia: lo scientismo. Questo processo ha
portato, nel campo dell’insegnamento, ad un vero e proprio indottrinamento
massificante della filosofia materialista negando ogni possibilità di
critica ed arrivando perfino all’emarginazione