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Masahiro Morioka e la seimeigaku

di Ulrike Whor - 19/12/2007

 




ComeDonChisciotte pubblica quella che è forse la prima introduzione in italiano al pensiero di Masahiro Morioka, filosofo giapponese ideatore della "Terza Via" ("Tra due vie in egual misura insoddisfacenti, quella delle scienze naturali moderne, che hanno soffocato le domande sul significato del mondo e dell’essere, e quella della religione, che si basa sulla fede, Morioka crea la cosiddetta “terza via” di coloro che da soli si mettono alla ricerca del senso dell’esistenza"). Speriamo di poter approfondire in altri articoli alcuni degli spunti di riflessione qui accennati. Buona lettura.

-- Luogo di pubblicazione dell’originale: 11. Deutschsprachiger Japanologentag in Trier. Vol. I: Geschichte, Geistesgeschichte/Relgionen, Gesellschaft, Politik, Recht, Wirtschaft, a cura di Hilaria Gössmann e Andreas Mrugalla. Hamburg, LIT-Verlag, 2001, pp. 675-689.

*Stesura della versione digitale: Tohru AMEMIYA.

*I numeri in corsivo tra parentesi quadre (es. [675/676]) rimandano ad un cambio di pagina nel testo originale.

Il “nuovo paradigma”

Il presente articolo prende in esame la variante giapponese di quel mondo di idee o movimento che negli Stati Uniti ed in Europa viene spesso racchiuso nel concetto di “New Age”. Inoltre esso si occupa di una categoria di intellettuali giapponesi le cui pubblicazioni vengono annoverate tra i modelli di quel movimento. Con il filosofo della morale Masahiro Morioka presento un autore che ha dalla sua una carriera vertiginosa nelle istituzioni scientifiche stabili del Giappone,1 ma la cui fama si basa sulle sue opere di successo popolare, lette da decine di migliaia di persone, e sui suoi interventi ed apparizioni in televisione.2 Innanzitutto io presento le idee di Morioka, poi le analizzo alla luce del contesto popolare della “New Age” giapponese e della categoria dell’“intellettuale spirituale” coniata dallo scienziato delle religioni Susumu Shimazono.

Nei suoi libri Morioka delinea una “nuova” scienza, che contemporaneamente deve fondare un nuovo modo di essere. Un principio fondamentale della sua nuova “scienza della vita” (seimeigaku) è il superamento non solo della separazione tra le discipline, ma anche delle mura della torre d’avorio accademica. [675/676]

Secondo Morioka un “nuovo paradigma”, che il cosiddetto “accademismo” (akademizumu) delle scienze deve rompere, può venire concepito solo da laici, o assumendo un atteggiamento da laici (Morioka 1988, p. 266; 1993a, p. 207). A detta di Morioka “laicato” significa “nella ricerca, studiare a fondo fedelmente le questioni che sorgono dal proprio animo” (1993a, p. 207). Il tema fondamentale del filosofo della morale Morioka è la questione che riguarda la giusta condotta di vita. Questa si esprime concretamente nella formulazione della domanda: “le tecnologie create dagli uomini, come cambiano gli uomini e la società?” e: “come dovrebbero comunicare e relazionarsi gli uomini fra loro in un ambiente caratterizzato da quelle tecnologie?” (ibid., p. 6). Morioka nei suoi scritti non si limita però alle questioni della responsabilità sociale, ma con la sua “scienza della vita” progetta anche una metodologia di ricerca del senso dell’esistenza umana.


Il programma dell’inochi


Secondo la concezione di Morioka, la bioetica occidentale soffre del fatto di derivare dal principio moderno del libero borghese, e perciò non ha la pretesa di superare il “moderno paradigma”, né dispone dello strumentario per farlo (Morioka l994a, p. 94). Morioka sviluppa il proprio progetto di vita sulla base delle rappresentazioni, da lui stesso empiricamente analizzate, che le giapponesi ed i giapponesi di oggi collegano al concetto di inochi (“vita”) (Morioka 1993b).

Egli dimostra che le qualità che vengono realmente attribuite all’inochi sono in sé contraddittorie. La vita nell’universo sarebbe dunque strutturata da un lato secondo l’“individualità”, dall’altro secondo l’appartenenza ad una “sfera” senza limiti. L’accentuazione dell’“individualità” porterebbe ad un atteggiamento “individualistico, atomistico”; dare risalto alla “sfera” favorirebbe una concezione “olistica” dell’inochi. Nel caso ideale però entrambi i principi dovrebbero trovarsi in equilibrio (Morioka 1993b, p. 53).

La componente “individualistica, atomistica” dell’inochi deve essere certamente messa sullo stesso piano di ciò che Morioka definisce, nell’articolo che è citato qui ma più sopra, “tendenze della civiltà moderna”, che sarebbero “radicate troppo in profondità” “per poter essere modificate attraverso delle ramanzine” (Morioka 1993b, p. 49). Tra le conseguenze di queste tendenze egli annovera la distruzione globale dell’ambiente e le dispute etiche sempre più furiose in merito all’uso di tecnologie moderne nella medicina. Questi sviluppi sarebbero conseguenze “dell’irruzione della tecnologia scientifica nell’ambito della “vita”” (ibid., p. 35). Prendere in parola la filosofia dell’inochi di Morioka significa però accettare queste energie, caratterizzate negativamente, come una delle coordinate della vita stessa. [676/677]

E’ qui che si manifesta una contraddizione fondamentale nel pensiero di Morioka: il suo atteggiamento sostanzialmente critico nei confronti della modernità si trova immediatamente accanto alla conferma che tutti e due i principi, apparentemente contraddittori - quello “olistico” dell’essere legato e quello “individualistico” dell’essere separato – appartengono in egual misura alla vita, e accanto all’esigenza normativa di sollecitare un’armonia tra questi due principi (Morioka 1993b, p. 53).

Se si leggono le pubblicazioni di Morioka in ordine cronologico, è evidente che le sue concezioni della vita e dell’individuo si trasformano progressivamente. L’oscillazione tra un atteggiamento critico ed uno affermativo nei confronti delle manifestazioni della modernità nell’ambito della nostra vita può essere però definito come una costante del suo pensiero. Anche la trasformazione avvenuta nella filosofia di Morioka può essere rappresentata come un’evoluzione da una posizione prima “solistica” ad una posizione “individualistica, atomistica”.


Il “nemico interno” e l’individuo abbandonato a se stesso


E’ Morioka stesso a tematizzare un cambiamento fondamentale nel suo atteggiamento, motivandolo attraverso un’esperienza personale. Ecco come descrive la sua mentalità prima di questa frattura: “[. . .] con la testa continuavo a filosofare come prima sull’armonia e su una comunità simbiotica degli esseri viventi (kyosei). Io usavo solo la mia testa per scoprire come fosse possibile superare la fede nella scienza (kagakushugi) ed il sistema della modernità, che quell’armonia e quella comunità avevano distrutto” (Morioka 1996, p. 131).

Ciò che Morioka interpreta come una “svolta decisiva” (1996, p. 132) nel suo pensiero, è stato provocato in definitiva non dalla sua testa, ma dalla vita stessa: a 30 anni è diventato padre e si è occupato del bambino il più possibile, secondo i propri diritti.3 Soltanto, diritto e realtà non erano sempre facili da conciliare, ed un giorno il filosofo ossessionato dall’armonia si è dovuto vedere nei panni di uno snervato aggressore colpito da pensieri omicidi nei confronti di un poppante che urlava bisognoso d’aiuto (ibid., p. 131 seg.): “La scoperta dei miei impulsi interiori violenti, che si rivolgevano contro il mio stesso figlio, ha annientato quella che fino ad allora era stata la mia filosofia. [. . .] Il nemico non si trovava al di fuori. Era nel mio stesso intimo che aveva nidificato, in nessun’altro luogo” (ibid., p. 132) [677/678].

La filosofia della comunione con ogni essere vivente, propagandata nel suo primo libro come mezzo di superamento del meccanicismo e del dualismo cartesiani, sarebbe una falsa consolazione, che per di più verrebbe abilmente commercializzata dal “sistema” stesso (Morioka 1994a, p. 193). La distruzione dell’ambiente e lo svuotamento morale della società non ci minacciano perché disprezziamo la vita bensì, secondo Morioka, perché la brama di vivere che è insita nella vita stessa ci spinge a sottomettere e controllare la natura. La marcia trionfale del meccanicismo e del dualismo cartesiani, della scienza e della tecnologia moderne viene attribuita da Morioka al fatto che questi vengono incontro più facilmente a quegli aspetti di avidità e di egoismo della vita.

A partire dall’ammissione che il nemico non sia da ricercare all’esterno ma all’interno dell’essere umano, Morioka sviluppa la sua cosiddetta “filosofia delle slealtà” (bonno no tetsugaku).4 Qui si farebbe cenno innanzitutto al fatto che con questo si intende un processo di conoscenza di sé e di lavoro in sé che ognuno deve attraversare per sé in solitudine. E’ su “solitudine” che si pone l’accento, e questo rimanda sia ad un assioma che anche ad una tesi normativa del pensiero di Morioka: l’essere umano è solo e deve restare solo (p. es., 1988, p. 266; 1993a, p. 120 seg.).

La solitudine, cioè l’indipendenza spirituale come norma nasce per Morioka dal terribile declino di Omu Shinrikyo [Aum Shinrikyo, “Suprema Verità di Aum”, gruppo religioso giapponese che fonde credenze buddhiste e induiste, ndt; fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Aum_Shinrikyo], nonché dalla storia tragica, costruita come un caso parallelo, della popstar giapponese Ozaki Yutaka (1966-1992) [http://en.wikipedia.org/wiki/Yutaka_Ozaki; in italiano: http://client-manager.org/posts/view/104 e http://www.asianworld.it/forum/index.php?showtopic=2847&mode=threaded, ndt], che secondo Morioka è rimasto vittima della sua stessa popolarità. In entrambi i casi Morioka individua il motivo della catastrofe nell’inammissibile trasferimento della responsabilità per la “guarigione” (iyashi) e la “redenzione” (kyusai) di molti su di un singolo (Morioka 1996, p. 176 seg.). Il fondamento di ogni male è la struttura di un gruppo in cui uno parla e gli altri ascoltano, uno pensa e gli altri lasciano pensare (ibid.).

La solitudine è il fondamento di una nuova identità – la chiave dell’esistenza nell’“era religiosa”. Morioka da un lato formula questo concetto in quanto propria confessione, dall’altro come offerta ai suoi lettori e lettrici: “Vorrei però studiare a fondo con i miei occhi e la mia mente la questione relativa al senso della mia esistenza, al senso della vita e della morte, ed il problema di chi sia io realmente, senza inoltrarmi sul sentiero della religione (1996, p. 56). [678/679] A tutti voi che vi ponete le stesse mie domande, e che non sapete da che parte girarvi! Invito anche voi ad approfondire queste domande, camminando con le vostre gambe e seguendo il vostro ritmo” (ibid., p. 64).


La rete anonima


Nonostante tutte le riserve espresse nei confronti della ricerca organizzata della verità, sia all’interno delle istituzioni accademiche che nei gruppi religiosi, Morioka concede tuttavia all’essere umano un minimo di comunità spirituale. Già nelle sue prime pubblicazioni egli concepisce una rete “libera” di scambio d’informazioni come alternativa all’”accademismo” della scienza istituzionalizzata (Morioka 1988, p. 266; 1993b, p. 55). La catastrofe di Omu Shinrikyo induce Morioka ad estendere la sua idea di rete alla prestazione reciproca di assistenza spirituale. Certo, egli continua a vedere in agguato anche qui il pericolo di un allontanamento dalle proprie responsabilità. Perciò egli nega ogni “legame d’amicizia” (majiriau koto) tra gli appartenenti alla rete (Morioka 1996, p. 65). Aiuto significherebbe solo far coraggio all’altro “da lontano” e metterlo al corrente del fatto che non è solo (ibid., S. 4, 65, 216f.).

E’ tipico delle relazioni tra i membri della rete il concetto di anonimato (tokumeisei; 1996, p. 65). Rendendo l’anonimato il principio delle relazioni interpersonali, Morioka cambia positivamente il valore di un concetto fondamentale della critica moderna della civiltà. Già in una sua opera sulla teoria della comunicazione, pubblicata nel 1993, l’idea dell’anonimato è d’importanza centrale: la caratteristica più importante della comunicazione basata su mezzi elettronici, dal telefono al computer, sarebbe la garanzia del parziale o totale anonimato degli interlocutori. Secondo Morioka è proprio su questa incertezza che si fondano le particolari possibilità di questi mezzi di comunicazione (Morioka 1993a, p. 10 segg.). Gli aspetti della personalità umana che nella vita di tutti i giorni vengono repressi, potrebbero essere espressi grazie alla protezione data dall’anonimato (ibid., p. 40 seg., 13 segg.).

Morioka si spinge tanto in là da presentare la “comunità anonima” (tokumeisei no komyuniti; 1993a, p. 76 segg.) come nuova categoria sociologica. Come esempio tipico egli costruisce la “comunità anonima” dei flaneur [bighelloni, girandoloni, ndt] presenti nei rioni delle grandi metropoli come Roppongi o Harajuku a Tokyo, che comunicano raffinatamente fra di loro al di là della moda di cui loro fanno sfoggio (ibid., p. 67 segg., 78 segg.). Un ulteriore esempio è la cosiddetta chat su internet, in cui molti partecipanti si incontrano a piacere in una “stanza fittizia” (kyoko kukan) – per lo più usando uno pseudonimo (handoru nemu) - e chiacchierano tra di loro attraverso i loro schermi (ibid. p. 22 segg., 78 segg.). [679/680]


Tecnologia mediatica e cultura pop


Nella mentalità di Morioka nei confronti della tecnologia mediatica moderna e le forme popolari di cultura del presente, come la moda, i cartoni animati e la musica pop, si mostra il suo atteggiamento positivo di fronte alle manifestazioni della modernità.

Egli attribuisce quindi un effetto terapeutico all’uso di telefono, radio e computer quali “media di gruppo anonimi”. Egli parte dall’esempio dato dai programmi radiofonici trasmessi in diretta, che si basano sugli interventi telefonici degli ascoltatori (1993a, p. 157 seg.). Tali forme di comunicazione, che di certo non obbligano all’anonimato, ma lo rendono comunque possibile, possiedono secondo Morioka il potenziale per esprimere il “subconscio sociale” (shakai no muishiki), in altre parole: per far sognare la società (ibid., p. 153 segg.).

Morioka abbozza uno scenario da fantascienza, proiettando il modello del talk show radiofonico con un moderatore, o della chat su Internet accompagnata da un “padrone di casa”, sulle possibilità multimediali future (1993a, p. 169 pagg.). In questo mondo multimediale la figura del moderatore o del padrone di casa, che Morioka concepisce come un lavoratore del sogno, come un “navigatore del sogno” (dorimu nabigeita), agisce in modo ancora più fantastico (ibid.).

A dire il vero si palesa anche l’innegabile ambivalenza dell’autore riguardo alle tecnologie moderne. Ad esempio da un lato egli invoca l’azione terapeutica dell’“altro mondo elettronico” (denshi takai) (1994b, p. 11 seg.), ma dall’altro lamenta il fatto che lo sviluppo delle tecnologie moderne abbia ignorato dei bisogni elementari dell’essere umano (ibid., p. 31).

In linea di massima l’atteggiamento di Morioka verso i nuovi media e le nuove tecnologie può essere descritto tuttavia come positivo, ed è talvolta persino quasi naif: “Provate a pensare a come molte persone anziane che vivono da sole si siano liberate dall’ansia e dall’insicurezza grazie alla diffusione del telefono. E quanto conforto abbiano provato chiacchierando al telefono. Pensate a quanto la diffusione della televisione abbia liberato dalla solitudine le persone anziane. [. . .] Allo stesso modo i videogiochi e la trasmissione multimediale di dati portano un conforto nella vita degli anziani (1994b, p. iii).”5 [680/681]

L’atteggiamento disinvolto di Morioka nei confronti dei fenomeni della modernità si manifesta inoltre nei suoi frequenti riferimenti alla cultura popolare del presente. Attraverso il destino del cantante pop Ozaki Yutaka mostra i pericoli del carisma, ma nei testi di Ozaki ritrova elementi della propria filosofia (Morioka 1996, p. 140 segg.). Egli confessa che la musica di Ozaki lo ha aiutato a superare momenti difficili (ibid., p. 140) e conferma che il suo lavoro inizia proprio là dove Ozaki ha fallito (ibid., p. 179). Anche certi cartoni animati non vengono solamente fatti oggetto di riflessioni teoretiche, ma egli scrive su questo argomento dal punto di vista del consumatore. Così si professa ad esempio fan della giovane Nausicaa nella “fiaba ecologista” di Hayao Miyazaki (Schilling 1997, p. 141) Kaze no tani no Naushika (“Nausicaa della valle del vento”; Inoue/Morioka 1995, p. 127 segg.).6 [http://it.wikipedia.org/wiki/Nausica%C3%A4_della_Valle_del_Vento_(film)]

In fondo però è sempre un significato più profondo che Morioka cerca dietro i fenomeni della modernità: gli strati in profondità della coscienza sociale, che si rivelano nella comunicazione fornita con mezzi elettronici; la ricerca sul senso della popstar solitaria (Morioka 1996, p. 141 segg.) e del senso proprio del suo tragico fallimento; l’effetto purificatore, persino religioso dell’eros fanciullesco di Nausicaa (Inoue/Morioka 1995, p. 132 segg.).


Scienze naturali, religione e “terza via”


Morioka definisce “religiosità” l’aspirazione al bene, alla conoscenza ed alla trascendenza (shukyosei; Morioka 1995, p. 132, 135; 1996, p. 157). La religiosità viene valutata in maniera assolutamente positiva nei libri di Morioka. Essa è definita attraverso le domande che toccano “l’essenza della vita umana” (Morioka 1996, p. 61). La parola “religione” (shukyo) invece indica un gruppo o un movimento che è strutturato in maniera uniforme su un fondatore o su un leader, su una dottrina e su precise attività di gruppo. I seguaci di una religione sarebbero costretti a rinunciare al proprio pensiero, ed a far inesorabilmente proprie le formulazioni di qualcun altro (ibid., p. 52 segg., 61).

Secondo l’interpretazione propria di Morioka, sono stati gli avvenimenti relativi a Omu Shinrikyo che gli hanno reso possibile accettare la “malattia dell’anima”, che lo aveva oppresso per molti anni (Morioka 1996, p. 228), ed allontanarsi definitivamente dalla religione organizzata [681-682]. Nei giovani fuorviati uomini di scienza, che producevano il gas tossico Sarin nei laboratori di Omu Shinrikyo, egli ha riscoperto se stesso. Il nucleo di ciò che egli offre come soccorso esistenziale per “l’era senza religione” è il riassunto dei propri esperimenti ed errori spirituali.

Tra due vie in egual misura insoddisfacenti, quella delle scienze naturali moderne, che hanno soffocato le domande sul significato del mondo e dell’essere, e quella della religione, che si basa sulla fede, Morioka crea la cosiddetta “terza via” di coloro che da soli si mettono alla ricerca del senso dell’esistenza. Questa via e la “scienza della vita”, seimeigaku, sarebbero la stessa cosa (Morioka 1996, p. 58). Con le idee religiose, che danno alla “terza via” di Morioka la direzione, egli non si trova certo in uno spazio vuoto. Esse portano i tratti della sua esperienza con la dottrina dell’Qi Gong (giapp. kiko) e rispecchiano il contenuto dei libri sulla meditazione e lo Yoga, che da studente aveva letto con grande interesse (ibid., p. 97).

La Seimeigaku come via religiosa o spirituale non solo implica delle idee, ma si basa sulla loro conoscibilità. Da sola però l’esperienza mistica della totalità non rende l’essere umano migliore. L’illuminazione può essere motivata attraverso la brama di potere e la mania di mettersi in risalto (Morioka 1996, p. 81 segg.), e l’esperienza dell’unità con il cosmo può rendere megalomani (ibid., p. 88). Tali avvertimenti sono da considerarsi in relazione con la scoperta di Morioka dell’ambivalenza della vita, della brama di vivere, che oppone a ciò che della vita accomuna e guarisce, ciò che divide e distrugge. All’esperoienza mistica della totalità deve aggiungersi perciò un’autoanalisi spietata, così come già esercitata da Morioka stesso.


Soggettivismo e riflessione su se stessi


La necessità di una riflessione radicale su se stessi è contenuta nella cosiddetta “filosofia delle slealtà” e costituiva fin dal principio un caposaldo della seimeigaku.7 E’ interesse dell’autore scoprire l’illusione quotidiana — ciò che lui chiama “la dinamica del bendarsi gli occhi da soli” (jibun jishin ni mekakushi o shite iku dainamizumu; 1996, p. 192).

Le esigenze di Morioka di una scienza orientata verso il soggetto e radicalmente autoriflessiva si possono riassumere nella sua idea di scienza come “storia personale” (jibunshi), di una scienza che è nello stesso tempo autoterapia [682-683]: “[...] la vera scienza deve essere “storia personale” [...]. Solo se sono garantite attraverso la “storia propria”, le scienze umane iniziano a brillare. [...] La scienza a cui io aspiro accetterà perciò anche la “ripugnanza della presunzione” e la “melma del potere” come fossero a me dovute, ma contemporaneamente non perderà di vista l’”amore” e l’”etica”, che non sono da ridurre a questo. Essa sarà un confronto continuo tra queste cose, una lotta senza via d’uscita” (Inoue/Morioka 1995, p. 172).

Il postulato della “storia personale” è anche critica alle premesse e ai metodi delle scienze naturali. Ci sono fenomeni che non sarebbero ripetibili con un esperimento in serie e non sarebbero formulabili come legge. Di questi farebbe parte la vita insostituibile ed inconfondibile del singolo (Morioka 1996, p. 44 segg.) — la vita che nella forma della “storia personale” diventa la base della nuova scienza di Morioka.

Il collegamento tra scienza e “religiosità”, che conduce all’idea di “storia personale”, si manifesta negli scritti di Morioka non solo sotto l’aspetto del contenuto. Nella sua ricerca di un nuovo paradigma Morioka sperimenta anche nuove forme di rappresentazione che, parole sue, non seguono la logica formale, bensì una logica “visiva” (kashi ronrigaku) (Morioka 1993a, p. 188). Esemplare è il viaggio immaginario della coscienza del “navigatore del sogno”, che si estende per oltre 15 pagine, nello stile di una “catena di immagini” (imeji rensa). L’impressione che nel caso del viaggio del “navigatore del sogno” si tratti di una sorta di viaggio sciamanico, è confermata alla fine dall’autore stesso: “Il viaggiatore del sogno è l’intermediario (baitai), il medium (media), ed anche lo sciamano (shaman), che conduce l’inconscio della società (shakai no muishiki) dagli strati profondi a quelli in superficie e che fa sognare la società” (Morioka 1993a, p. 203).

Lo sciamano, che guarisce se stesso e facendo ciò acquista energie per guarire la società. L’autore, che cura se stesso e facendo ciò diventa il modello per il suo lettore. Lo scienziato, che accetta la propria “malattia” e facendo ciò raggiunge la visione nella natura della vita.


Masahiro Morioka - un “intellettuale spirituale”?


Lisette Gebhardt ha fatto notare la posa sciamanica di certi rappresentanti delle scienze umane giapponesi (Gebhardt 1996 e 2000). Susumu Shimazono per tali scienziati, che attingono al discorso del cosiddetto “mondo spirituale” (seishin sekai) della New Age giapponese8 alimentandolo nuovamente [683/684], ha coniato il concetto dell’”intellettuale spirituale” (reiseiteki chishikijin) (Shimazono 1993, 1996, p. 247 segg.; cfr. anche Prohl 1999 e Wöhr l997) ed ha presentato anche Masahiro Morioka come uno dei loro rappresentanti.9

Una caratteristica degli accademici così designati è il successo commerciale delle loro opere (Shimazono 1996, p. 251). Il mercato editoriale che riguarda la divulgazione scientifica, particolarmente vasto in Giappone, non induce solo gli scienziati “spirituali” a rivolgersi sempre ad un pubblico generico. Il mercato funge in tal modo da spazio pubblico in cui vengono negoziati i significati, in svariati modi che rinviano alla produzione del sapere.10

Una particolarità di Morioka consiste nella sua riflessione su queste circostanze. Il fatto che, soprattutto nelle scienze umane, il sapere scientifico “puro” ed il sapere popolarizzato “impuro” si distinguono a malapena l’uno dall’altro, si rispecchia nelle esigenze fondamentali della seimeigaku: nella critica al cosiddetto “accademismo”, nel piano egualitario del “laicato”, così come nell’invito esplicito di Morioka ai suoi lettori di partecipare al progetto della seimeigaku. Anche un autore come Takeshi Umehara,11 che viene sempre citato da Shimazono come l’esempio calzante dell’”intellettuale spirituale” (p. es. 1993, p. 12 segg.), critica il dualismo cartesiano della scienza occidentale, ma ciò non trova alcuna espressione né nell’atteggiamento che questi assume nei confronti del suo pubblico, né nella critica concreta alle istituzioni accademiche. Il rifiuto da parte di Morioka dell’”accademismo”, a cui egli stesso deve la propria posizione, la sua critica aperta alle strutture gerarchiche del suo stesso istituto di ricerca (Inoue/Morioka 1995, p. 160) e ad autorità accademiche come Takeshi Umehara, possono essere certamente definite anche schizofreniche. Ma la sua mancanza di riguardo ha pur sempre un effetto rinfrancante e può aver senz’altro contribuito al successo dei suoi libri. [684-685]

La vicinanza delle idee di Morioka a quelle della seishin sekai non è da contestare. La preoccupazione per il futuro del pianeta, la speranza nella guarigione attraverso il cambiamento delle coscienze, l’isolamento scelto più o meno autonomamente, il rifiuto sia delle tradizionali “religioni della redenzione” che del razionalismo moderno e della scienza moderna a favore di una cosiddetta “terza via”, di un “nuovo paradigma”, caratterizzano le concezioni della seishin sekai (Shimazono 1996, p. 1 segg. dell’introduzione e p. 9 segg.) così come le opere di Morioka. Come “teologo” della seishin sekai (ibid., p. 250) Morioka si mostra anche attraverso il carattere introduttivo dei suoi scritti ed attraverso il loro tono appellativo e suggestivo. E tuttavia Morioka si distingue dal tipico “intellettuale spirituale” descritto da Shimazono. La critica di Morioka a Takeshi Umehara rende evidente questa differenza.

La presa di posizione di Morioka sulle argomentazioni di Umehara sulla cultura e la religione giapponesi si concentra in due punti. La prima obiezione si riferisce alla speranza di Umehara che il mondo prima degli effetti distruttivi della civiltà moderna, che si basa sul pensiero cartesiano, possa essere salvato con un ritorno all’armonia ed all’interezza della natura cioè della vita. Rispetto a ciò Morioka rimanda alla brama e alla furia di distruzione che sarebbe insita nella vita stessa (Morioka 1994a, p. 140-193). La critica di Morioka ad Umehara si rivolge inoltre contro lo sciovinismo nazionale di quest’ultimo: la cultura giapponese, secondo Umehara, a causa del suo orientamento verso la natura e l’armonia che ne risulta, sarebbe predestinata a salvare il mondo dalla rovina.12 Morioka invece scrive: “L’osservazione del mondo in base ad una divisione tra “Occidente e Oriente” è però un anacronismo. Questo paradigma valeva più di un secolo fa” (Morioka 1994a, p. 41 seg.).

La critica di Morioka all’”econazionalismo” si fonda sul riconoscimento che sarebbe stata la natura “egoistica” della vita ad aver prodotto la civiltà tecnica. La sua critica alla civilizzazione non può essere perciò logicamente una semplice critica all’occidente o alla civiltà moderna, come la si ritrova secondo Shimazono nei tipici rappresentanti degli “intellettuali spirituali” (Shimazono 1996, p. 384 seg.). La critica ad Umehara sarebbe però, riconosce Morioka, anche critica alle [685-686] tesi che egli stesso aveva sostenuto, quando il suo pensiero era stato confuso con il paradigma della New Age13 e del movimento ecologista (1994a, p. 199, 202).

Morioka stesso prende esplicitamente le distanze anche da quello che Shimazono definisce “nuovo movimento spirituale”, e però egli è indubbiamente uno degli “ideologi” (Shimazono 1993, p. 12) di questo movimento. Si possono indicare tre motivi per questo:

- In primo luogo le idee di Morioka non sono affatto scioviniste, ma non per questo sono assolutamente relativiste. La sua ricerca della “natura della vita” procede da un punto di vista universalistico, e la sua seimeigaku deve sviluppare dei programmi quanto più possibile universali per una vita bella e un pensiero salutare (Morioka 1993b, p. 37). Il suo universalismo umanistico determina il carattere in fin dei conti normativo dei suoi scritti. In questo egli rimane, come etico, fedele a se stesso.

- In secondo luogo Morioka non rinuncia, pur con tutto il realismo nei confronti dell’egoismo dell’essere umano, alla speranza, anzi alla certezza della guarigione. Dopo una profonda critica alla civilizzazione, che prenda in considerazione la “brama di vivere”, la seimeigaku dovrebbe perciò scoprire l’”altra natura” dell’essere umano, che scacci la civiltà contemporanea (Morioka 1994a, p. 193).

- La terza e più importante ragione dell’affinità di Morioka con la seishin sekai consiste proprio nella sua ambivalenza di fronte a ciò che egli stesso definisce “moderno”: atomizzazione della società, commercializzazione e tecnicizzazione. Il suo oscillare tra la critica al moderno e un atteggiamento affermativo nei confronti dei fenomeni della modernità riflette la contraddittorietà apparente, così com’è impressa anche nella variante giapponese della New Age: teorie monistiche da una parte e isolamento scelto autonomamente dall’altra; critica al capitalismo e commercializzazione; sviluppo di una coscienza e tecnologia avanzata.

La risposta dello scienziato delle religioni Shimazono a queste contraddizioni si basa sul sussumere sia gli intellettuali che il movimento nel concetto di “postmodernismo” (Shimazono 1996, p. 363), per “giungere”, per mezzo di concettualizzazioni attuali del postmoderno “ad un’esatta comprensione di ciò” che distingue il nuovo movimento spirituale dal moderno [kindai]“ (ibid., p. 366).

Io mi batto, seguendo autrici ed autori come Rita Felski (1995), Cornelia Klinger (1995) e Horst Stenger (1993) perché il soggettivismo ed i progetti di una realtà alternativa non vengano considerati movimenti o reazionari o progressisti contrari alla modernità, o meglio alla modernizzazione, ma vengano “presi sul serio” come ““attori” di pari grado nel processo di modernizzazione” (Klinger 1995, p. 8). Ciò significa [686/687] considerare la seishin sekai in generale, ed un autore come Masahiro Morioka in particolare non come “postmoderno”, ma significa ritenere proprio le loro correnti, pur potendo apparire rivolte all’indietro o utopistiche, espressione del “fai-da-te del senso” completamente moderno (Stenger 1993, p. 53).

Le realtà alternative di Morioka non si manifestano però in visioni utopistiche, ma nella ricerca del senso o dell’identità che l’autore presenta in modo esemplare ai suoi lettori ed alle sue lettrici. Così, nel proprio processo di sviluppo Morioka, così come lo ricostruisce egli stesso per il suo pubblico di lettori, emergono come “fratture biografiche” (Stenger 1993, p. 53) delle situazioni sperimentate: la disillusione dopo l’inizio degli studi di fisica, lo sfogo sentimentale aggressivo nei confronti del proprio figlio e la fine di Omu Shinrikyo. Queste sono, secondo Stenger, “situazioni prodotte dal sistema culturale delle società moderne”, che “contengono sistematicamente l’invito esistenziale alla ricerca ed alla creazione di un senso (apparentemente) private” (ibid.). Secondo Stenger il successo della New Age e dell’esoterismo si basa sul fatto che sono utili al soggetto nello sviluppare la “competenza nel fai-da-te del senso” (ibid.). Una “distanza riflessiva” renderebbe possibile all’uomo moderno una “impostazione ed una scelta rispetto alla propria identità” e sarebbe allo stesso tempo responsabile del sintomo del dubbio, che d’altra parte verrebbe incluso nei processi riflessivi (ibid., p. 49).

Questa integrazione del dubbio, anzi la sua elevazione a principio, è ciò che distingue fondamentalmente Morioka da un autore come Umehara, che offre ai suoi lettori e lettrici soltanto un progetto romantico in contrasto col loro presente. A tale riguardo anche Morioka ha delle oscillazioni tra approvazione della modernità e critica alla modernità. Qui ci si può solo chiedere se le identità spezzate di Morioka siano più utili rispetto ai mondi sani di Umehara per il “fai-da-te del senso” delle giapponesi e dei giapponesi moderni. Il futuro successo delle opere di Morioka scioglierà il dubbio.

1 Nel 1988 Masahiro Morioka (*1958) è passato dall’Università di Tokyo, dove aveva lavorato come assistente, al Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura Giapponese (Kokusai Nihon Bunka Kenkyu Senta), allora da poco fondato, un’istituzione centrale statale di ricerca non esente da incarico [Auftrag] politico. Dal 1997 è Professore all’Università della Prefettura di Osaka (Osaka Furitsu Daigaku).
2 La pubblicazione di Morioka che finora ha avuto più successo, il tascabile Seimeikan o toinaosu (“Un modo nuovo di vedere la vita”, del 1994), uscì in quel momento con una tiratura di 38.000 copie (Morioka 1999, capitolo “Chosho shokai: Tankobon”, punto 4). Popolari apparizioni televisive furono ad esempio la sua partecipazione al talkshow notturno in diretta Asa nama terebi, dell’emittente Asahi Terebi, sul tema “Omu Shinrikyo” nell’estate del 1995, ed il suo programma del 1997, trasmesso sul canale pubblico NHK, Seiro byoshi no genzai (“Vita, malattia, vecchiaia e morte nel nostro presente”; NHK).

3 A proposito della mentalità pro-femminista di Morioka si vedano Inoue/Morioka 1995, p. 12 segg. e 1996, p. 202 segg.

4 Con l’uso del termine “slealtà” Morioka si colloca nel mondo ideale del Buddismo, sebbene egli non faccia riferimento a questo nella spiegazione del suo programma (cfr. Morioka 1996, p. 133 segg.). Le cosiddette slealtà (bonno; sanskr. klésa) – prima di tutte l’avidità, l’odio e l’illusione – sono ritenute in origine nel Buddismo mahayana il vero ostacolo sul cammino verso l’illuminazione (satori; sanskr. bodhi). D’altra parte nel corso della storia del Buddismo mahayana ha guadagnato in significato anche la concezione che l’essere umano in fondo non possa mai sfuggire del tutto a quelle slealtà, ma che ciononostante l’illuminazione sia possibile.

5 Si veda a questo proposito la critica dell’informatico cieco Jun Ishikawa, che fa notare che solo in base alle condizioni sociali in cui hanno trovato applicazione i media elettronici nel lavoro degli anziani e dei disabili, si deciderebbe se questi rendono la vita delle vittime più umana o più mostruosa (1996, p. 49 seg.). Morioka stesso rimanda a questa critica sulla sua homepage e ringrazia esplicitamente per questa (Morioka 1999, capitolo „Chosho shokai: Kyocho, taidan“, punto 2).

6 Il cartone animato “Kaze no tani no Naushika” era disponibile in Germania alla fine degli anni 90 in un video basato su una versione americana ridotta (UFA) con il titolo “Sternenkrieger”. Attualmente è in preparazione una nuova versione sincrona non accorciata del film presso la Walt Disney. Per questi riferimenti ringrazio Nina Olligschläger.

7 Già in occasione delle prime pubblicazioni dei suoi libri Morioka rimanda al sistema costruito da ogni singolo individuo della presunzione e della giustificazione di sé, che dovremmo riconoscere ed eliminare (1988, p. 239 segg.); cfr. anche Inoue/Morioka 1995, p. 172.

8 Shimazono adopera il concetto di Shin reisei undo/bunka (“nuovo/a movimento/cultura spirituale“”) per comprendere New Age e seishin sekai in un unico fenomeno globale. Qui però dev’essere usato ancora il concetto di seishin sekai, poiché si parla dell’impronta giapponese di questo fenomeno.

9 Sullo “sciamanesimo nella New Age” cfr. Zinser 1989.

10 Cfr. Frühstück 1995, p. 3. Si riferisce a Felt/Nowotny/Taschwer 1992.

11 Takeshi Umehara (nato nel 1925) ha studiato la filosofia occidentale all’Università di Kyoto. Ha insegnato prima all’Università Ritsumeikan e poi alla Scuola Superiore delle Arti di Kyoto ed è stato nominato nel 1987 direttore fondatore del Centro Internazionale di Ricerca sulla Cultura Giapponese (Kokusai Nihon Bunka Kenkyu Senta). Dopo gli studi universitari Umehara si era dedicato alla storia del pensiero giapponese, in primo luogo della filosofia esistenziale del Buddismo. Negli anni sessanta ha iniziato le pubblicazioni sul tema “Shinto”, e da allora ha scritto numerosi libri di successo sulla religione giapponese “primitiva”, “animistica”, in cui essere umano e natura sarebbero legati l’uno con l’altra grazie alla “forza vitale” (seimei) (Prohl 1999, p. 20 segg.; Shimazono 1993, p. 12 segg.).

12 Questa critica ad Umehara è espressa solo indirettamente da Morioka: egli cita un articolo giornalistico che rammenta che Umehara definisce la “cultura occidentale” una “cultura della rabbia e della violenza” e la “cultura orientale” una “cultura della calma interiore e della carità”. Certo, egli in mancanza di riferimenti letterari non potrebbe verificare se Umehara ha scritto davvero questo, ma l’affermazione fatta nella citazione sarebbe inequivocabilmente falsa (Morioka 1994a, p. 40). Si può verificare facilmente che Umehara si esprime effettivamente così: cfr. Umehara 1976, p. 54 segg. Si veda anche Prohl 1999, p. 24, 25 seg.; Shimazono 1993, p. 15; Wöhr 1997, p. 404 segg.

13 Morioka utilizza qui il concetto di nyu saiensu (“nuova scienza”), con cui si è diffusa in un primo tempo in Giappone la “New Age” occidentale (cfr. Morioka 1994a, p. 97).


Letteratura

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Klinger, Cornelia (1995): Flucht, Trost, Revolte. Die Moderne und ihre ästhetischen Gegenwelten. München, Wien: Hanser.
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Prohl, Inken (2000): Die „spirituellen Intellektuellen“ und das New Age in Japan. Hamburg: Gesellschaft für Natur und Völkerkunde Ostasiens.
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Wöhr, Ulrike,1997: Death in Present-day Japan. Changing the Image of an Immutable Fact of Life. In: Asiatische Studien/Etudes Asiatiques Bd. LI, Nr. 1, S. 387-419.
Zinser, Hartmut,1989: Schamanismus im „New Age“. In: Matthias Pilger und Steffi Rink (Hg.): Zwischen den Zeiten. Das New Age in der Diskussion. Marburg: diagonal Verlag, S. 63-71.

Link: http://www.lifestudies.org/ambivalenz01.html

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA MAZZAFERRO