La nomina di Mario Draghi a Governatore della Banca d'Italia è una tipica nomina "al contrario". Infatti il nuovo Governatore è l' anti-Fazio per eccellenza: Fazio era cattolico e legato ad ambienti vaticani, Draghi, non lo è almeno pubblicamente, ed è legato alla cosiddetta finanza laica; Fazio era al di sopra delle fazioni politiche ( in modo molto particolare, ovviamente: nel senso che ha "aiutato" sia Fiorani che Consorte), Draghi è sbilanciato a sinistra (nel 2001 dopo la vittoria di Berlusconi si dimise da Direttore Generale del Tesoro); Fazio era dalla parte delle banche italiane (probabilmente troppo), Draghi è dalla parte di quelle straniere, e favorevole a una spiccata globalizzazione creditizia e finanziaria; Fazio temeva Wall Street e gli Stati Uniti, Draghi considera l'America, come scrive "Repubblica" di ieri, "la sua seconda patria".
Questo significa che Draghi farà l'esatto contrario di quel ha fatto Fazio. In particolare, Draghi, che tra l'altro è stato cinque anni alla Banca Mondiale (1984-1989), "aprirà", per quello che gli sarà istituzionalmente possibile, alle banche straniere, e probabilmente, a quelle inglesi e Usa.
Ci sono infatti due episodi, sui quali i giornali di ieri hanno sorvolato, che permettono di fare una previsione del genere.
In primo luogo, Draghi, come Direttore Generale del Ministero del Tesoro (1991-2001), partecipò al famosa riunione (2 giugno 1992) del panfilo Britannia, dove per sua stessa ammissione tenne una relazione sulle privatizzazioni italiane, allo scopo di mettere in contatto gli esperti italiani con i rappresentanti delle principali banche d'affari inglesi, ovviamente presenti. Niente di male, ma in seguito, come è noto, le banche d'affari della City si assicurarono, a danno delle banche italiane, ghiotte commissioni come consulenti ben pagate dei gruppi da privatizzare...
In secondo luogo, Draghi dal 2002 è vice presidente per l'Europa della banca d'affari, , statunitense Goldman Sachs, che insieme alla Merril Linch, è stata advisor del Banco di Bilbao nell'Ops per l'acquisto della Bnl. Carica alla quale ora dovrà rinunciare. Tuttavia come Governatore della Banca d'Italia Draghi si troverà nella condizione di vigilare e soprattutto decidere sull' offerta degli spagnoli, da lui in precedenza patrocinata...
Va pure detto che Draghi, quando vuole, sa essere conciliante. Ai tempi del Mit, come ricorda Modigliani nelle sue memorie (Avventure di un economista, Laterza 1999, pp. 224-229), Draghi, suo studente, firmò con lui e con i giovani colleghi Baldassarri e Bruni, un articolo sull' "Espresso" (3-febbraio 1974) in cui si criticava la politica delle svalutazioni competitive di Carli, allora Governatore dell Banca d'Italia. Ma diciotto anni dopo (estate 1992), Draghi come Direttore Generale del Tesoro, non avrà nulla da eccepire, prima sulla dissennata difesa di Ciampi della Lira e poi sulla successiva svalutazione, che favorirà chi aveva in precedenza puntato contro la Lira, e soprattutto, le multinazionali straniere, che così potranno acquisire a prezzi stracciati le azioni delle imprese pubbliche privatizzate.
E si rischia che non finisca qui. Dal momento che fra sei o dodici anni, Draghi potrebbe essere il candidato ideale per la presidenza di una Banca Europea, ancor più condizionata di oggi, dagli Stati Uniti e dal capitale bancario e finanziario euro-americano.
Con Fazio, certo, uomo dai mille difetti, si è estinta una specie: quella del Banchiere Centrale che "serve" gli interessi nazionali. Il futuro, può piacere o meno, è rappresentato da uomini come Mario Draghi: pochissima Italia, poca Europa, tanta, forse troppa America.