"Comunisti" (Pdci) ed "ecopacifisti"

Tratto dal libro I FORCHETTONI ROSSI a cura di Roberto Massari

"Tra il 24 marzo e il 9 giugno del 1999, mentre il governo di centrosinistra guidato da D’Alema partecipava attivamente (anche con piloti italiani, come si seppe poi) ai bombardamenti Nato sulle zone abitate dai serbi nel Kosovo e sulla città di Belgrado, il Pdci (Oliviero Diliberto, Katia Bellillo) e i Verdi (Edo Ronchi) erano al governo. E ci rimasero per tutto il tempo necessario a concludere l’operazione militare.

Eppure, i due partiti continuarono a considerarsi rispettivamente “comunisti” (il Pdci) ed “ecopacifisti” (i Verdi), denunciando a parole quanto stava accadendo (senza definirlo, però, per ciò che esso effettivamente era: un vero e proprio crimine di guerra, foss’altro che per il fatto di bombardare obiettivi civili).

Cominciarono un’estenuante altalena per assicurare un giorno sì e l’altro pure che la guerra stava per terminare (e durò incede quasi tre lunghissimi mesi); giurando e spergiurando che non avrebbero mai consentito uno sbarco delle truppe di terra (come invece veniva richiesto da altri campioni del “pacifismo” – di centrodestra, ma oggi attivi nel centrosinistra – come Pannella, Bonino, e il Partito radicale). Si guardarono bene, comunque, dal fare l’unico passo concreto che avrebbe potuto fermare la guerra, e cioè dare le dimissioni. Se si fossero dimessi dal governo avrebbero infatti provocato un’immediata crisi politica e i comandi Nato avrebbero avuto seri problemi a proseguire la guerra senza l’autorizzazione a far decollare gli aerei da Aviano.

Collaborando alla tenuta di governo – nonostante i mille appigli legislativi che avrebbero consentito di farlo retrocedere o almeno di arrivare a una votazione parlamentare (che non ci fu) – i Verdi rinunciarono a difendere anche il loro specifico programma ecologico: e infatti, la quantità di uranio impoverito che per l’occasione fu dispersa nell’Adriatico sarebbe bastata da sola a giustificare un loro intervento risolutivo".