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La nuova rivoluzione sessuale consentita dai congelatori

di Ronald W. Dworkin - 20/12/2007

I marxisti dividono la vita in eventi reali e

pseudoeventi. Gli eventi reali, come le

guerre e le rivoluzioni, hanno una rilevanza

di significato sociologico. Gli pseudoeventi

non hanno tale rilevanza, indipendentemente

da quanto possano essere entusiasmanti

o spettacolari se visti alla televisione. Il superbowl

è uno pseudoevento. Lo stesso vale

per le World Series e per quasi tutte le scoperte

mediche.

L’ultimo evento “reale” nel campo della

medicina (forse il più grande di tutti gli

eventi “reali” del XX secolo) è stata l’invenzione

della pillola anticoncezionale, che ha

contribuito a scatenare quella rivoluzione

sessuale che ha completamente mutato le

abitudini riproduttive della gente. Le conseguenze

politiche di quest’invenzione si sentono

ancora oggi.

Oggi si profila all’orizzonte un altro evento

“reale”: un metodo pratico per conservare

ovuli umani non fecondati. Fino ad ora si

potevano congelare e conservare soltanto

ovuli fecondati. Infatti, l’alta quantità di acqua

contenuta negli ovuli non fecondati in

condizioni di temperature estremamente

basse può subire fenomeni di cristallizzazione

che rendono inutilizzabili gli ovuli stessi.

Una coppia può conservare embrioni per

un tempo indefinito. Un uomo può conservare

i suoi spermatozoi per un tempo altrettanto

indefinito. Fino ad oggi, però, una donna

non poteva conservare i propri ovuli. Se voleva

rinviare la procreazione di bambini, doveva

far fecondare i propri ovuli prima di

congelarli. Questo significava andare a una

banca dello sperma o procurarselo nel vecchio

modo tradizionale, uscire con gente

sconosciuta o chiedere agli amici se conoscevano

qualcuno disposto a concedere il

suo sperma; e tutto questo nella continua

preoccupazione per il proprio orologio biologico

e per la propria carriera.

La tecnologia che permette la conservazione

degli ovuli, chiamata “vetrificazione”,

è ancora ai primi passi, ma il successo è garantito;

e quando sarà ottenuto, le conseguenze

saranno di enorme portata. Al momento

attuale, un bambino su cinque nasce

da una donna con più di trentacinque anni.

Quando l’immagazzinamento degli ovuli diventerà

facilmente accessibile, questa cifra

LE DONNE E LA TECNICA CHE PERMETTE DI CONSER VA R E G L I O V U L I / 1

aumenterà vistosamente, fino a comprendere

non soltanto donne trentenni e quarantenni

ma addirittura cinquantenni e sessantenni.

Il vero problema per una donna cinquantenne

che vuole avere un figlio non sta

nel fatto che non sia in grado di portarlo nel

proprio grembo (una cura ormonale può servire

a questo scopo, persino dopo la menopausa)

ma nel fatto che i suoi ovuli (sempre

ammesso che ne abbia) non sono più in grado

di impiantarsi nel suo utero. Ma ovuli

raccolti quando aveva appena vent’anni e

poi conservati per tre decenni e infine prelevati

e fecondati sono invece in grado di

impiantarsi. L’utero non subisce un deterioramento

dovuto all’età.

Una prima conseguenza di questa nuova

tecnologia potrebbe essere un rovesciamento

di tendenza nel tasso di natalità dei paesi

occidentali, ora in fase di contrazione. Il basso

tasso di natalità, soprattutto in Europa, ha

già provocato sostanziali fenomeni di ristrutturazione

politica e culturale. Crescere dei

bambini mentre si cerca di fare carriera nella

propria professione è per una donna

estremamente difficile, e se gliene viene offerta

la possibilità, molte donne spesso scelgono

la carriera. La metà delle scienziate tedesche,

per esempio, non hanno figli. Quando

una donna è riuscita a farsi una posizione

stabile (diciamo verso i quarant’anni), può

essere ormai troppo tardi per avere figli. Se

le donne avranno la possibilità di conservare

i propri ovuli, potranno sostanzialmente

rimanere fertili per sempre.

La possibilità di conservare ovuli non fecondati

offre alle donne la via d’uscita da un

complicato labirinto culturale. Fino a qualche

decennio fa la vita degli uomini e delle

donne si separava a cominciare dall’adoloscenza.

Gli uomini si preparavano per la carriera

professionale e le donne per la vita domestica.

Oggi, molti uomini e donne vanno a

scuola, al college e all’università spesso ritenendo

erroneamente che non vi sarà alcuna

differenza nelle loro rispettive traiettorie.

Quando ho consigliato a una studentessa

di medicina ventiduenne di prendere in

considerazione la possibilità di specializzarsi

come anestesista perché i ritmi di lavoro

consentono di avere il tempo sufficiente

per allevare dei figli, ecco cosa mi ha ribattuto:

“Io sono andata ad Harvard! Ho frequentato

la John Hopkins! Un giorno diventerò

primario! E tu invece vuoi farmi diventare

una mamma?”. Sette anni dopo, quando

questa donna fece richiesta per un posto

di anestesista, la prima cosa che mi chiese

fu: “Sto cercando di avere un bambino. Potrei

lavorare part-time?”.

La nostra cultura incoraggia le donne a

seguire prestigiose carriere professionali.

Molte donne sono comunque costrette a farlo:

con la percentuale dei divorzi oltre il 50

per cento, le donne non possono più contare

sull’integrità dell’unità famigliare. La nostra

cultura ci presenta un’immagine profumata

della carriera e della famiglia. Ma a un certo

punto irrompe la cruda realtà delle condizioni

biologiche, quando ormai queste

donne hanno superato gli anni di maggiore

fertilità.

Le donne che sceglieranno di conservare

i propri ovuli non fecondati potranno riprendersi

questi anni perduti, ottenendo così la

possibilità di seguire con comodo la propria

carriera professionale, esattamente come gli

uomini. Non ci sarà più il panico dell’ultimo

momento: nessun bisogno di sposare un uomo

che non si ama “soltanto per avere un

bambino”. Non sarà più necessario abbandonare

Harvard e andare in maternità.

Naturalmente, se queste donne decideranno

di non avere figli prima dei quaranta

o addirittura dei cinquant’anni, la popolazione

dei paesi occidentali non crescerà ma

continuerà a scendere ancora più vertiginosamente.

Tuttavia la maggior parte delle persone

di mezza età sa perfettamente che molte

carriere possono essere alquanto noiose e

pesanti. Seguire ferree regole e procedure fino

a mezzanotte in uno studio legale può essere

una cosa accettabile quando si hanno

venticinque anni, ma non quando se ne hanno

cinquanta. Consapevoli di ciò e provviste

di soldi e ovuli perfetti (e con un’aspettativa

di vita di 86 anni), molte donne sceglieranno

probabilmente di farsi una famiglia.

Ma che genere di famiglia? Le donne trentenni

sono riluttanti a ricorrere alle banche

dello sperma per avviare una gravidanza, in

parte perché sperano ancora di incontrare la

persona giusta e in parte perché non sono in

grado di mantenersi come madri single o

perché temono di essere giudicate negativamente

dal proprio ambiente.

Una donna di cinquant’anni probabilmente

ha meno speranze di trovare un uomo che

vuole creare una famiglia. Così, una donna di

mezz’età, senza prospettive di matrimonio,

ma piena di soldi e di ovuli congelati, e già

perfettamente sistemata per doversi preoccupare

di ciò che dice la gente, potrebbe benissimo

decidere di rivolgersi a una banca

dello sperma per avere dei bambini. Oppure

potrebbe sposare un settantenne, il quale,

vedendo che le donne possono diventare madri

a cinquanta e sessant’anni, non vede alcun

motivo perché non potrebbe essere padre

anche lui.

Sebbene i marxisti dividano la vita in

eventi reali e pseudoeventi, una distinzione

senza dubbio più accurata è quella tra le verità

di un’epoca e le verità di fatto. Le giovani

donne che rinunciano alla propria carriera

per avere dei bambini: questa è la verità

di un’epoca. Le donne, progettate dalla natura

per procreare, ma costrette a trovare nuovi

modi per farlo nella realtà odierna: questa

è una verità di fatto che alla fine è probabilmente

destinata ad imporsi.

 

Ronald Dworkin è senior fellow allo Hudson

Institute e autore di “Artificial Happiness (Basic

Books). © Wall Street Journal, per concessione di

Milano Finanza (traduzione di Aldo Piccato)