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Quando Keplero fece vedere le stelle a Wallenstein

di Franco Cardini - 20/12/2007

Alla luce del libro Wallenstein. La tragedia di un generale nella Guerra dei Trent’Anni di Sergio Valzania, lo storico Franco Cardini ricostruisce la vicenda di Albrecht von Wallenstein, generale al servizio degli Asburgo durante le lotte della prima metà del XVII secolo.
Valzania capovolge l’immagine storiografica di Wallenstein e delinea la figura di un condottiero ambizioso, determinato e colto, che mostrò anche le qualità del buon governante nell’amministrazione del ducato di Friedland. Wallenstein, insieme ad Ambrogio Spinola e Johann von Tilly, i generali italiani al servizio dell’imperatore Ferdinando II d’Asburgo, fu uno dei protagonisti della Guerra dei Trent’Anni, secondo Cardini, l’unica vera guerra di religione combattuta in Europa.


«Vagliensteino mi dà poco fastidio», dice nel IV capitolo de I Promessi Sposi il podestà di Lecco, ospite a pranzo di don Rodrigo. Il buon funzionario della Lombardia soggetta a Filippo IV di Spagna aveva appunto sentito proferire quel nome, con la relativa storpiatura, dal «signor castellano spagnolo»; e sapeva che quel generale dell’imperatore dal nome quasi impronunziabile era un tipo pericoloso, ma non tanto – secondo lui – da far ombra al Conte Duca, Gaspar Guzmán y Pimentel, conte de Olivares, allora primo ministro di re Filippo e stimato nei territori asburgici di Spagna tanto fine politico da tener testa persino al «Riciliù» (come con una punta di disprezzo il podestà di Lecco chiamava il «signor cardinale» di Richelieu). Le cose stavano in realtà in modo molto diverso da come il Manzoni immagina – e lo fa con buona verosimiglianza storica – che si potessero vedere e giudicare dall’osservatorio della Lombardia nell’autunno del 1628, quando il «Vagliensteino», cioè l’allora quarantacinquenne Albrecht von Wallenstein aveva sonoramente battuto i danesi a Wolgast e si era affermato, insieme con Ambrogio Spinola e Johann von Tilly, come uno dei più prestigiosi generali al servizio dell’imperatore Ferdinando II d’Asburgo. Wallenstein è conosciuto dai più solo per la spietatezza e la superstizione. Chi ne sa qualcosa di meglio, lo vede attraverso i versi della celebre trilogia tragica che gli è stata dedicata da Friedrich Schiller, il quale ne ha fatto un eroe romantico [...]. Ora, Mondadori pubblica nella collana «Le Scie» un libro che molti troveranno davvero rivelatore. Ne è autore uno studioso valorosissimo e sui generis: Sergio Valzania, direttore di RadioRai, docente nell’Università di Genova ma soprattutto storico molto raffinato e competente di storia militare, una disciplina purtroppo trascurata in Italia.
Noialtri italiani conosciamo pochissimo la storia del Seicento, questo secolo meraviglioso e terribile [...]. Siamo quindi portati a sottovalutare la «Guerra dei Trent’Anni», l’unica vera grande «guerra di religione» della storia europea. Eppure, della durezza e della ferocia di quei tempi abbiamo tutti ricordo: almeno quelli – forse non più giovanissimi – che a scuola il Manzoni l’hanno letto sul serio, riga dietro riga. Ricordate gli eventi dell’estate del 1630? «Passano i cavalli di Wallenstein, passano i fanti di Merode, passano i cavalli di Anhalt, passano i fanti di Brandeburgo, e poi i cavalli di Montecuccoli, e poi quelli di Ferrari; … passò anche Galasso, che fu l’ultimo». Tutti di là, dal ponte di Lecco, venendo dal nord; e tutti al servizio del Sacro Romano Imperatore, tutti schierati contro il Cristianissimo re di Francia e contro Gustavo Adolfo di Svezia che conosceva tanto bene la Bibbia del dottor Lutero. In quella guerra tra cristiani durante la quale gli eserciti belligeranti, quando passavano, rubavano e violentavano e sgozzavano senza pietà e tutti per la gloria del Signore. Con loro, dietro alle loro bandiere e alle ruote dei loro carri, marciava un’altra generalessa assassina. La Peste. Il contagio scoppiò difatti, puntuale, tra ottobre e novembre. Intanto, però, Albrecht di Wallenstein era stato esonerato dal comando delle truppe imperiali e costretto a dimettersi, mentre un attacco di gotta lo prostrava e, d’altra parte, i suoi amati astri davano risposte oscure e contraddittorie. Ma non era fuori combattimento, al contrario. Alla fine del 1631 avrebbe accettato di ricostruire l’esercito imperiale dopo il disastro di Breitenfeld, in cui Gustavo Adolfo aveva umiliato il Tilly, e nell’aprile del 1632 – morto dopo la sconfitta il vecchio generale – sarebbe tornato al comando delle truppe cesaree. Il 16 novembre successivo, nell’incerta pagina della battaglia di Lützen, Gustavo Adolfo di Svezia cadde sul campo e il Wallenstein, di nuovo sofferente per la sua eterna gotta, entrò nella sua fase di finale crisi. Avrebbe collezionato ancora vittorie, ma sentiva sul suo collo la crescente diffidenza e il rancore del suo sovrano. [...] Cospirava? Certo è quanto l’imperatore era convinto che facesse; e, con l’aiuto dei suoi generali italiani, corse ai ripari. Il 25 febbraio 1634 sarebbe stato difatti ucciso a Eger, a 51 anni. La Guerra dei Trent’Anni avrebbe proseguito altri tre lustri. Valzania sconvolge i tratti wallensteiniani [...]. Dal nuovo libro emerge un soldato e un politico dai tratti decisi e complessi: ambizioso, raffinato, solitario, che come duca di Friedland fu buon governante e, come amante delle stelle, ricevette un oroscopo da Keplero in persona. A tradirlo fu, probabilmente, anzitutto la considerazione di sé. Ma, grande stratega e geniale organizzatore, in fondo non amava la guerra e la considerava solo uno strumento d’affermazione verso un potere che avrebbe voluto usare anche nelle opere di pace.

Sergio Valzania, Wallenstein. La tragedia di un generale nella Guerra dei Trent’Anni, Mondadori 2007, pp. 264, € 18,00.