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Cina-India, manovre militari congiunte

di redazionale - 22/12/2007


Partite le prime manovre militari congiunte I due giganti mettono da parte i rancori

Dialogo
E' l'avvio di un dialogo che mira a consolidare un assetto multipolare nel continente «al riparo da eccessivi condizionamenti americani»

Svolta
L'Asia prepara una svolta che è difficile immaginare senza ricadute ben oltre i suoi territori. Pechino ha conquistato una posizione centrale in questo scacchiere in movimento

Frontiera contesa
Le esercitazioni in corso sono di modesta dimensione, non coinvolgendo più di un centinaio di militari per parte, ma hanno un significato politico. Nel 1962 il Dragone e l'Elefante si fronteggiarono in un conflitto a causa delle divergenti rivendicazioni di confine. La questione è rimasta aperta fino al 2005, quando Cina e India hanno sottoscritto l'impegno a risolverla

PECHINO — Le tre grandi potenze d'Asia incrociano le loro rotte in un fine d'anno coi botti. Cina e India per sette giorni fanno giochi di guerra congiunti (esercitazioni antiterrorismo). La prima volta nella storia. Significativo e simbolico il nome in codice attribuito alle manovre che si svolgono nella provincia meridionale dello Yunnan: «Operazione Mano nella Mano». A conclusione, fra il 27 e il 30, il nuovo premier giapponese Fukuda volerà a Pechino per il suo battesimo internazionale.
Questa doppia accelerazione diplomatica è il punto di partenza di un nuovo corso che può significare molte cose per gli equilibri della regione: le tre capitali, pur segnate da vecchie ferite e da rivalità inedite alimentate dal ruolo di traino che le economie di Cina e India hanno assunto, provano a compiere uno scatto verso relazioni di stabile e buon vicinato, necessarie visto che coinvolgono quasi due miliardi e 700 milioni di persone, oltre il 40 per cento della popolazione sul globo. Le questioni sul tavolo sono parecchie: gli strascichi del passato (dispute di confine, esasperazioni nazionaliste, mancate riparazioni storiche) per niente archiviati in modo definitivo, nel futuro resta sempre il nodo del seggio nel consiglio di sicurezza Onu (Delhi o Tokio?). Tuttavia prende consistenza l'idea di un orizzonte di dialogo che sappia frenare le spregiudicatezze e che sia pure in grado di consolidare la prospettiva di un assetto competitivo e assieme multipolare nel continente con il via libera di Washington ma al riparo da eccessivi condizionamenti e suggestioni americani.
L'Asia prepara una svolta che è difficile immaginare senza ricadute ben oltre i suoi territori. Pechino ha conquistato una posizione centrale in questo scacchiere in movimento: la crescita record e il fascino che essa esercita sui mercati confinanti più poveri — vedendo essi una finestra di riscatto nell'esempio cinese — sono un volano straordinario. L'ex impero maoista ha saputo costruirsi, puntando le energie su un mix di deregulation capitalista e di riformismo statalista, una posizione di rendita politica molto forte che gli ha consentito di rientrare da protagonista nei giochi diplomatici che contano (la soluzione della crisi nordcoreana sponsorizzata dal Dragone lo dimostra), di trattare da pari a pari con i tradizionali pilastri dell'area (il Giappone), di riannodare il discorso con Mosca (ritornato partner militare e commerciale, oltre che eccezionale rubinetto di gas siberiano), di congelare le incomprensioni con i giovani colossi (l'India), addirittura di impostare con essi un rilancio strategico su più fronti a cominciare da quello dell'import- export che si progetta di raddoppiare da 20 a 40 miliardi di dollari entro il 2010.