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Profilo di Pavel Florenskij: la colonna e il fondamento della verità

di Fabrizio Gualco - 27/12/2007

Fonte: ragionpolitica

 

 

Pavel FlorenskijPavel Aleksandrovic Florenskij è sacerdote, teologo, teorico dell'arte e del linguaggio, fisico, matematico, ingegnere elettrotecnico, epistemologo. E' un uomo di fede e di scienza. Suoi fratelli spirituali, sotto questo aspetto, potrebbero essere Pascal e Leonardo da Vinci. Graziano Lingua, evidenzia in Florenskij la «capacità di intervenire nelle discipline più disparate senza cadere mai in dilettantismi (...) In ogni campo che ha toccato egli è stato in grado di acquisire una competenza straordinaria e apportare un contributo innovativo». (cfr. la sua Introduzione a Pavel Florenskij, Il valore magico della parola, Edizioni Medusa, Milano 2001).

La sua testimonianza di fede e di scienza incarna la legge dell'arabesco, dove visibile e invisibile sono realtà al tempo stesso unite e distinte, perché ogni trama è collegata ad una origine remota, ad un punto unitario che, seppur non immediatamente visibile, impedisce alla varietà di trasformarsi in confusione. Pur nell'estrema ricchezza e varietà di temi, problemi e vicissitudini, in lui vita, opere e pensiero costituiscono una poliedricità unitaria. Non a caso Natalino Valentini scrive che «in Florenskij la vita e l'opera, malgrado siano rimaste tragicamente incompiute, costituiscono un'unità indissolubile, un unico tessuto di incomparabile finezza» (Cfr. Natalino Valentini, L'arte della gratuità, saggio introduttivo a Pavel Florenskij, in Non dimenticatemi, Mondadori, Milano 2000).

Florenskij nasce il 9 gennaio 1882 a Evlach, nel governatorato di Elizavetpol' (l'attuale Azerbaigian). Dopo aver trascorso l'infanzia a Tiflis, in Georgia, si trasferisce a Mosca, dove si iscrive alla facoltà di Matematica. Durante gli studi universitari nell'ateneo moscovita il giovane Pavel entra in contatto con il filosofo e matematico N. V. Bugaev la cui influenza si riverbera sulla tesi di laurea in Matematica e Fisica, che ha per argomento le curve piane come luoghi di violazione della continuità.

Durante gli anni universitari Florenskij ha modo di interessarsi al movimento simbolista e, anche grazie all'amicizia con il figlio di Bugaev, A. Belyj, si avvicina al mondo della poesia e dell'arte. Terminati gli studi universitari, la vocazione religiosa è più forte di una possibile carriera accademica. Pavel, che pur avrebbe la possibilità di continuare le sue ricerche presso l'ateneo di Mosca, decide di iscriversi all'Accademia Teologica e di trasferirsi quindi presso il Monastero della Trinità e di San Sergio a Sergej Posad: una delle sue intenzioni, come comunica in una lettera alla madre, è quella di attuare una sintesi fra la tradizione teologica cristiana e la cultura filosofica e scientifica occidentale.

Nel 1910 si sposa con Anna M. Giacintova e alcuni mesi dopo viene consacrato presbitero ortodosso. L'anno seguente dirige la rivista teologica «Bogoslovskij Vestnik» (Messaggero Teologico). Le ricerche teologiche della tesi di dottorato, pubblicate in volume nel 1917 con il titolo Stolp i utverždenie Istiny (trad. it. La colonna e il fondamento della verità, Rusconi, Milano 1974), lo pongono all'attenzione del mondo scientifico e culturale di Mosca e San Pietroburgo. Nello stesso anno Pavel comincia ad insegnare all'Accademia fino a quando non verrà chiusa dal regime che si instaura in Russia con la cosiddetta Rivoluzione di Ottobre.

Da questo punto in poi, Florenskij ritorna ai suoi interessi scientifici e partecipa ai dibattiti che sorgono in coincidenza con la nascita delle avanguardie artistiche. Diviene responsabile della tutela del patrimonio artistico del Monastero della Santissima Trinità, collabora alla Enciclopedia tecnica diretta da L. K. Martens e, fino al 1924, è docente di Analisi della spazialità nell'opera d'arte nella al Vchutemas di Mosca (parte delle sue lezioni sullo spazio sono pubblicate in Lo spazio e il tempo nell'arte, Adelphi, Milano 1995) Nel 1922, con il volume Gli immaginari nella geometria affronta il problema dello spazio nella Divina Commedia di Dante alla luce della teoria della relatività di Einstein. La sua genialità purtroppo gli procura le censure del potere sovietico, costitutivamente refrattario a tutto quello che sborda dai ristretti ambiti teorici e pratici dell'ideologia.

Verso la fine degli anni Venti, la persecuzione totalitaria diventa la prassi preferita dal governo dei Soviet. Florenskij subisce un primo arresto nel maggio 1928. Ritenuto soggetto socialmente pericoloso (! ), gli viene inflitta una condanna di tre anni, che però viene annullata quasi subito grazie al provvidenziale interessamento di Ekaterina Pavlovna Peskova, responsabile della Croce Rossa Politica.

Il vero e proprio calvario inizia il 26 febbraio 1933: a Lefortovo Florenskij subisce il secondo e definitivo arresto, da cui procede la condanna a dieci anni al gulag per l'accusa di propaganda antisovietica e partecipazione e organizzazione controrivoluzionaria. (cfr. V. Sentalinskij, I manoscritti non bruciano. Gli archivi letterari del KGB, Garzanti, Milano 1994). Così la figlia Olga Pavlovna ricorda quel momento: «Papà è partito di buon'ora; si è avvicinato ad ognuno di noi, ci ha benedetto e poi è uscito. La mamma mi raccontò che quando se ne andò per l'ultima volta si avvicinò a me e pianse (...) Requisirono i manoscritti, l'orologio e le posate d'argento. Perquisirono anche la nostra casa e dopo una settimana circa portarono via i libri e misero i sigilli allo studio, che così rimase per qualche anno» (citato in Pavel Florenskij, Non dimenticatemi, a cura di Natalino Valentini e Lubomír Žák, Mondadori, Milano 2000)

Dopo un periodo di iniziale prigionia alla Lubjanka, Florenskij viene inviato in un lager della Siberia occidentale ed assegnato al reparto della ricerca scientifica. Nonostante tutto, riesce addirittura a portare a termine importanti ricerche scientifiche sul ghiaccio perpetuo, sui liquidi anticongelanti, sul permafrost. Nel settembre 1934 viene trasferito allo SLON delle isole Solovski: un arcipelago interamente trasformato in lager, materializzazione dell'inferno sulla terra.

Il potere politico, dopo avere sfruttato le sue non comuni capacità intellettuali e scientifiche, decide di eliminarlo. Viene fucilato nei pressi di Leningrado l'8 dicembre 1937, all'età di 55 anni. Solo dopo la perestroika di Gorbac'ev si conosce la DATA ufficiale della sua morte. Ancora nel 1939 sue moglie Anna aveva richiesto aveva richiesto la sospensione della pena. Richiesta non accolta, in base alla motivazione che Florenskij non aveva deposto il suo ufficio presbiteriale.

Il filosofo Hans Jonas si è chiesto se dopo Auschwitz, all'indomani della tragedia dell'Olocausto, vi sia ancora la possibilità di un discorso umano su Dio. Questo interrogativo, a quanto pare, è assente nelle parole e nei pensieri di Florenskij. La fede del sacerdote russo - che senz'ombra di dubbio somiglia più ad un letto di spine che ad un cuscino - permane viva, palpitante, parte integrante del pensiero e dell'azione: "la mia più intima persuasione è questa: nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo, anche se noi cessiamo di percepirlo" (Pavel Florenskij, Non dimenticatemi).

Dio, Verità, Amore: la colonna e il fondamento della verità

Pavel FlorenskijLa vita e le opere di Pavel Florenskij testimoniano di un uomo perseverante e coraggioso, che vive la sua vita alla luce di una verità tanto salvifica quanto non sempre evidente ai procedimenti logico-intellettuali. Un uomo libero che sceglie di volere ciò che Dio ha scelto per lui, ed in tal modo realizza, anche nelle circostanzaùe a lui meno favorevoli, le cose più difficili.

Florenskij ama tutto con tutto se stesso: dell'amore accoglie su di sé la Croce e ne porta il peso, con tutte le lacrime di gioia e di dolore che tramite essa si raccolgono nel cuore come pietre preziose pronte ad essere donate come offerta di lode. Con la sua vita e le sue opere Pavel testimonia attraverso se stesso ciò che, in lui, è incommensurabilmente più di lui stesso: alla luce di ciò, quale costante presenza del suo itinerario esistenziale e spirituale, la persuasione che la realtà è molto di più di quello che empiricamente l'uomo può registrare.

Il mistero di Dio si disvela a colui che riconosce se stesso come enigma, e come tale si dimostra capace del coraggio quotidiano di esperienze immediate, personali. Per l'uomo spirituale della tradizione mistica cristiano-ortodossa, il divino, più che essere dimostrato, si mostra. Dio non è lo scacco del pensiero e dell'azione, ma il suo carburante più prezioso.

I concetti non possono commisurare la vita, esaurirne l'intrinseca sovrabbondanza. Tutto scorre, tutto passa. Non puoi bagnarti due volte nella stessa acqua: panta rei, dice Eraclito. In definitiva l'unica certezza mondana è che, se tutto quel che sta sotto il sole è impermanente, nulla è certo: per questo, dice Florenskij, si innalza dall'anima umana, intesa come centro metafisico della persona concreta, la necessità di appoggiarsi e fondarsi a Colui che nel Bibbia (Tim. 3,15) viene indicato come colonna e fondamento della verità. La Colonna e il fondamento della verità che rende vero, credibile, degno di fede tutto ciò che per l'uomo ha valore, al di là del prezzo che altri possano o vogliano attribuirgli.

Pavel riconosce l'inaffidabilità della conoscenza razionalistica e contrappone ad essa una sapienza per così dire "infantile", per sua natura polarmente avverse alla quella senescente del supposto sapiente: che troppe volte, per inveterata abitudine o più semplicemente per malcelata aridità spirituale, adotta un linguaggio erudito, criptico, come ultima alibi alla sua insipienza, come uno scolaro inesperto eppur presuntuoso, che adotta toni solenni anche per dire sciocchezze.

Come notano Natalino Valentini e Lubomír, nei saggi di Florenskij appare spesso la contrapposizione tra la figura del bambino e quella dell'adulto. La figura del bambino richiama una concezione mistica del mondo, quella dell'adulto risponde ad una visione frammentata e più facilmente incline alla illusione. Attraverso la loro ingenuità, i bambini danno prova di un'inconsapevole saggezza. Secondo Florenskij i bambini possiedono, ben più degli adulti, la capacità di conoscere misticamente la realtà: essi, pur non disponendo di un linguaggio attraverso cui testimoniare le loro esperienze, riescono ad entrare in rapporto con l'invisibile che alberga sotto il velo del visibile e sperimentano l'unità sostanziale della realtà in cui vivono. A modo loro, riescono a cogliere il tutto nel frammento.

Eloquenti in tal senso sono le parole che egli indirizza al figlio Kirill in una lettera del 21 febbraio 1937: «che cosa ho fatto per tutta la vita? Ho contemplato il mondo come un insieme (celoe), come un quadro e una realtà unica, ma a ogni istante dato, o più precisamente in ogni fase della mia vita, da un determinato punto di vista (...). Le sue angolature mutavano, tuttavia l'una non annullava l'altra, ma la arricchiva, cambiando; è qui la ragione della continua dialettica del pensiero assieme al costante orientamento di guardare il mondo come un unico insieme» (cfr. Pavel Florenskij, Non dimenticatemi, Mondadori, Milano 2000).

Egli esercita quotidianamente la capacità di vedere ed apprezzare la misteriosa profondità della vita. Il suo modo di vivere la realtà che lo circonda è simile, nell'essenza, a quello indicato da Goethe, laddove vivendo pienamente il presente coglie l'hic et nunc, (il "qui e ora"), come compresenza di immanenza e trascendenza, di finito ed infinito, di necessità e libertà. Affinché ogni istante sia colmato di un contenuto sostanziale, nella consapevolezza che nel presente esso non può permanere ed in futuro non potrà ritornare.

Da questo punto di vista Florenskij, in Oriente, partecipa a quello che Georges Bernanos, in Occidente definisce lo "spirito dell'infanzia". L'infanzia è benedetta: i santi, gli eroi ed in generale tutti coloro che hanno testimoniato nel mondo qualcosa che rinviava oltre il mondo sono coloro che, usciti cronologicamente dall'età infantile, a poco a poco e non con poca sofferenza l'hanno curata ed ampliata in loro stessi, come condizione dell'anima, secondo la misura del loro destino. Giovanna d'Arco testimonia di tale condizione davanti ai dottori dell'università di Parigi, più preoccupati della lettera che dello spirito. Nella quiete del Carmelo, Teresa di Lisieux ne testimonia la sacralità e l'immensa fecondità nell'accogliere i doni di Dio per ridonarli a sua volta.

In Dio l'individuo diventa persona, e dire persona è dire relazione. L'uomo non è un isola. E la solitudine in cui l'uomo instaura il soliloquio di sé con se stesso alla luce della Verità, a volte può convertirsi in isolamento, in quello stato di estraniazione dove la mente prende il sopravvento sulle altre facoltà producendo sul vuoto illusorie controevidenze.

Perciò l'ecclesialità (cerkovnost) è il luogo uni-versale al cui interno la hybris del raziocinio ed il pericolo dell'egoità si piegano alle pretese del cuore così come il ginocchio del credente si piega di fronte all'Altare. Qui, l'irrequietezza di chi vaga non sapendo dove andare si volge nell'inquietudine di chi, anche al di là di ogni presunta razionalizzazione sulla situazione presente, sa che la strada è quella giusta: sa che il percorso su cui muove i passi, ora speditamente ora zoppicando, rappresenta una via di cui conosce, seppur imperfettamente, la meta.

Conoscenza è anche comunione di persone. In primis fra persona umana e quella divina. In seconda battuta fra persone fra loro simili, rese tali dalla comunanza con Dio in Dio. Conoscere la verità significa partecipare alla Verità stessa, che permette di vivere esperienze ordinarie in maniera straordinaria L'autentica conoscenza, quella non illusoria, non è un fatto ma un evento: è un atto d'amore immagine e somiglianza di quel Dio Uno e Trino che è amore. Solo l'amore che Dio è è verità incontrovertibile. Solo l'amore è credibile, dice Hans Urs von Balthasar. L'uomo non può darsi da sé né la verità né l'amore, poiché se egli agisce con e per amore è perché l'amore che Dio è gli è colonna e fondamento della sua azione.

La conoscenza di Dio, dice Florenskij, è un dono di Dio stesso: quel Dio che si è fatto uomo affinché l'uomo divenisse Dio. E' il mistero della divinoumanità di cui parla Solov'ev in cui l'ingresso di Dio nell'individuo che ricerca verità e amore coincide con l'amicizia dell'individuo in Dio come Verità e Amore oggettivo. Del resto, «la conoscenza effettiva della verità è pensabile nell'amore e soltanto nell'amore, e viceversa, la conoscenza della verità si manifesta attraverso l'amore: chi è con l'Amore non può non amare». (La colonna e il fondamento della verità, Rusconi, Milano 1974)

Frasi e passi tratti dalle opere di Pavel Florenskij

 

«Le idee e la comprensione crescono come piante; non serve trafficare troppo attorno ad esse». (Non dimenticatemi, Milano, Mondadori 2000)

«La saggezza sta nel sapersi limitare e nel capire le proprie forze reali». (Non dimenticatemi, cit. )

«La mia più intima persuasione è questa: nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma si si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo. Ciò che è immagine del bene e ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo». (Non dimenticatemi, cit. )

«L'essenza stessa della percezione geniale del mondo sta nella capacità di penetrare nel profondo delle cose, mentre l'essenza della percezione illusoria sta nel nascondere a se stessi la realtà». (Non dimenticatemi, cit. )

«Chi agisce con approssimazione si abitua anche a parlare con approssimazione, e il parlare grossolano, impreciso e sciatto coinvolge in questa indeterminatezza anche il pensiero (...) Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il pegni della libertà spirituale». (Non dimenticatemi, cit. )

«Verità, bene e bellezza: questa triade metafisica è un unico principio, è un'unica vita spirituale esaminata sotto vari punti di vista» (La colonna e il fondamento della verità, Rusconi, Milano 1974)

«La verità manifestata è amore. L'amore realizzato è bellezza. Il mio stesso amore è azione di Dio in me, e mia in Dio». (La colonna e il fondamento della verità, cit. )

«Se i rapporti stretti ben dispongono alle emozioni concordi, il loro terreno più propizio è l'amicizia (...) La potenza e la difficoltà dell'amicizia non si esprimono in un pirotecnico attimo d'eroismo, ma nella placida fiammella della pazienza di tutta una vita». (La colonna e il fondamento della verità, cit. )

«A ciascuno Dio ha concesso una certa misura di fede, cioè "una convinzione di cose invisibili". Il pensiero può essere sano soltanto entro i limiti di questa fede, fuori dei quali diventa deforme» (Le porte regali, Adelphi, Milano 1995)

«Se non comprendiamo che ogni atto di cultura è verità, non saremo in grado di riconoscergli dignità interiore e vera umanità». (Il valore magico della parola, Edizioni Medusa, Milano 2001)

«Il rapporto realistico con il mondo è nella sua sostanza un rapporto di azione: è la vita nel mondo». (Il valore magico della parola, cit. )

«La nostra Chiesa - mi sono detto - o è una completa assurdità oppure deve nascere da un germe santo. Io l'ho trovato e lo farò crescere, lo porterò fino ai santi misteri, e non lo darò in pasto ai socialisti di tutti i colori e sfumature». (Corrispondenza con Belyi 15 luglio 1905, in «Kontekst» 1, (1991), 39)