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Satana è un essere personale determinato a provocare la rovina dell'uomo?

di Francesco Lamendola - 28/12/2007

 

 

 

Nel precedente articolo Alla società secolarizzata sfuggono gli indizi della presenza diabolica (1) ci eravamo chiesti se il mondo moderno, per le sue stesse caratteristiche materiali e spirituali, non sia praticamente incapace di prendere coscienza di una presenza malefica che tende a soffocare ogni fede nella trascendenza, nell'anima, in un progetto complessivo di Bene e di Amore.

Ora vogliamo chiederci se quella presenza malefica debba proprio intendersi nel senso di un essere personale, che la religione cristiana chiama Diavolo o Satana, come indicano sia numerosi passaggi del Nuovo Testamento, sia alcuni interventi di Paolo VI (2) e di Giovanni Paolo II. (3)

A questo proposito partiremo da alcune penetranti riflessioni di Hedwige-Louis Chevrillon, la cui acutezza avevamo già avuto modo di apprezzare a suo tempo.

Il dato dal quale Chevrillon prende le mosse è il testo del Vangelo, nel quale si parla di ripetuti "faccia a faccia" di Cristo con Satana e che non possono essere ridotti, per una serie di ragioni testuali e teologiche, a meri espedienti didattici costruiti sulla ingenuità e sulla superstizione della società ebraica di quel tempo. Anzi, tutta la vita pubblica di Gesù Cristo è preparata da un drammatico confronto col Diavolo nel deserto, nel corso del quale quest'ultimo cerca in ogni modo di tentarlo per farsi adorare. Pensare che si tratti di un racconto puramente simbolico pare decisamente azzardato, tanto più che tale episodio della vita di Cristo non ebbe testimoni e gli apostoli dovettero apprenderlo dalle sue labbra: non sarebbe, pertanto, il frutto di una loro interpretazione, ma la  trasmissione di un insegnamento, orale e diretto, del loro Maestro.

Certo, possiamo ridurre tale racconto alla dimensione del mito: ma, così facendo, rischiamo davvero di perdere di vista la concretezza del fatto storico dei Vangeli, così come in un altro articolo abbiamo avuto occasione di discutere e approfondire. (4)

 

"Alcuni sostengono che il termine Satana altro non sia, nel Vangelo, che l'allusione ad una sfera del male, diffusa in seno all'umanità, e non il nome di un essere distinto.

"E difatti la pretesa maggiore dell'uomo di oggi consiste nel volersi indipendente, sia nel male che nel bene, al tempo stesso Satana e Dio. L'uomo di oggi intende essere, egli solo, la propria misura, riempire della propria storia tutto lo spazio spirituale e fisico. Assorbe e riassorbe tutte le realtà, diventa, ai propri occhi, il demiurgo del proprio universo, e come una talpa brancola attraverso l'oscuro labirinto del tempo, di cui - a poco a poco - si costruisce - sotto la duplice spinta della scienza e dell'avvenimento, la coesione dinamica. In questa proiezione di se stesso, in questo reale di cui egli solo possiede le chiavi, si dispiega un panteismo in potenza. In grazia del pensiero umano, che le coglie nell'istante in cui affiorano, si organizza e si stabilisce tutto un mondo razionale di relazioni sufficienti, ben presto esclusive di una qualifica di ordine morale o religioso.

"L'umiliazione di sottostare alle seduzioni di un genio del male, principe di questo mondo, è per l'uomo tanto cocente, quanto il dipendere da un Dio sovrano.

"Per quanto voglia mostrarsi oscuro romantico e fascinoso, l'angelo nero non riesce a rivestire i suoi clienti di un durevole prestigio: fanno la figura più di vittime che di colpevoli, più di sciocchi che di filibustieri. È appunto ciò che intendono dimostrare le raffigurazioni diaboliche dei pittori medioevali, là dove pongono il forcone nei fianchi dei dannati, e dove gi esecutori delle basse opere del demonio assumono l'aspetto di smorfie viventi, di ridicoli burloni. Rappresentazioni comiche meno puerili di quanto sembra, perché nascondono amare verità: quelle appunto che più ripugnano ai contemporanei. I quali si mostrano felici, perché tali 'diavolerie' getterebbero aria di farsa sulle credenze del passato: quell'aria che li dispensa dal prenderle sul serio.

"Respingere tutto ciò, conferisce all'uomo moderno una specie di rispettabilità razionale, che lo pone al sicuro alle proprie inquietudini. Forse non del tutto, se si pensa all'ansia che accompagnò nell'ultima ora Paul Valéry, la cui opera, del resto, non riflette che la luce dell'ellenismo e la sicurezza del genio.

"«Il diavolo col forcone» ha forse, in un momento di chiaroveggenza, manifestato il segreto del suo travestimento a questo spirito penetrante? L'intrusione di questo inquietante personaggio nella vita di qualche santo, non ancora conquistato dalla leggenda e vicino a noi, si affianca a quelle che noi chiamiamo 'diavolerie', e alziamo le spalle. Chi gode nel  farsi giudicare ingenuo, nel farsi tacciare di infantilismo? Con tutto ciò il curato d'Ars, padre Lamy, la stessa S. Teresa di Lisieux, così ancorata in una contemplazione tutta amore, padre Pio, centro ardente del dolore redentore, hanno avuto, su questo punto, una esperienza precisa., che una serena informazione può controllare. Questi uomini e queste donne, tutti dediti a Dio, sono stati bersaglio di stravaganze tragicomiche e di vani furori. Siccome la loro umile fedeltà li aveva resi impermeabili ai terrori e alle vertigini, che colpiscono il loro interno, il dispetto del maligno non trovava risorsa, se non in questo rango di derisione, caricaturale e terribile, che non sconcerta l'anima, ma che turba, talvolta, la carne.

"Non fermiamoci a queste manifestazioni. Esse pongono gli interrogativi a cui rispondono l'Antico Testamento, e soprattutto il vangelo. Non mi rivolgo a coloro che contestano il vangelo, né a coloro che, di commento in commento, di interpretazione in interpretazione, gli fanno subire un'autentica alienazione, che ne dissolve il realismo sostanziale. Il vangelo è semplice nelle sue affermazioni. L'accento della sua veracità colpisce, lo so per esperienza, perfino l'adolescente che lo legge per la prima volta. Davanti ai fatti e ai detti del Signore gli evangelisti si sono fatti da parte. Il dato non sfugge al lettore non sofisticato da pedantismi preconcetti. A proposito del vangelo di Giovanni un imbecille ha parlato di ridondanze: senza aver saputo cogliere, nelle insistenze di quest'evangelista, uno dei più veementi ardori della persuasione: «In verità, in verità vi dico». E le magnifiche ripetizioni del capitolo sesto.

"Il vangelo della vita pubblica ha inizio con un episodio preliminare, che gli apostoli hanno probabilmente conosciuto solo attraverso il racconto dello stesso maestro: rifiutarlo, significa tenere in scacco la  parola più immediata  di Cristo: sulla montagna deserta, detta della tentazione, vi fu uno scontro frontale tra Gesù e Satana, giustamente definito come 'il tentatore', 'il diavolo'. Il fatto che Gesù abbia voluto provare, fino al limite estremo che precede la capitolazione, le seduzioni a cui gli uomini soccombono, dimostra la sua trascendente simpatia per coloro che la sua resistenza salvava. A proposito di ciò di cui parliamo, l'importante consiste nel sapere, attraverso la sua bocca, che un essere personale si è fatto agente di queste tentazioni presso di lui; che questo essere ha usato, per trascinarlo e per convincerlo, argomenti che si riferivano ai diritti stessi della sua filiazione divina,  cercavano di rovesciare la gerarchia delle sue relazioni tra il Padre e il 'Figlio dell'uomo', facendo di Dio in quanto Dio, il servo dei desideri umani.

"Qui si fermerebbero le ambizioni banali della concupiscenza: l'appagamento sessuale, il potere, l'abuso presuntuoso della preghiera, la gloria. Il demonio però non persegue i fini dell'uomo, ma i  propri. Per questi compimenti desiderabili c'è una condizione: il principe di questo mondo li dà a coloro che si prostrano dinanzi a lui, e l'adorano. È qui appunto che l'evangelista lo smaschera e lo fa rivestire della sua identità. Asservire Dio in coloro che si proclamano di Dio, è un primo successo, ma prendere una rivincita sul grido misterioso dell'arcangelo Michele: «Quis ut Deus?»,, costituisce l'eterna febbre che tormenta Satana nel suoi riposo.

"Cristo incontra Satana costantemente sulla propria strada, e non si stancherà mai di porne in mostra, con forza, i tratti specifici, le caratteristiche spirituali: «Il padre da cui siete usciti - dirà agli avversari - è il diavolo; volete realizzare i desideri di vostro padre. È un mentitore, mentitore fin dall'inizio, padre di menzogna» (Gv. 8, 44). «Simone, Simone, Satana è entrato in te» (Lc. 22, 31). «Se Satana è diviso tra di sé, come potrà resistere il suo regno?» (Lc., 11, 18). Gesù ha parlato di un fuoco eterno, «preparato per Satana e per i suoi angeli» (Mt., 25-41) A mio giudizio questo termine non implica nessuna predestinazione, all'infuori di quella che deriva dalla logica immanente alle scelte di questi spiriti perversi, e si oppone in modo diretto all'ipotesi di un magma satanico confuso, soggiacente al mondo umano.

"Quanti ossessi Gesù ha liberato, ordinando ai demoni di tacere, e dialogando talvolta con essi! La scienza moderna si rifiuta di riconoscere le possessioni diaboliche, le cui manifestazioni si avvicinano spesso alle anomalie dell'isteria o della demenza. Ma non sa come spiegare che donne senza cultura, ad esempio, possano spesso, durante un raptus interiore, parlare lingue che non conoscono, difficili, antiche, e di cui, al risveglio, non conservano ricordo. Taluni cristiani credono di poter eliminare dal vangelo anche certi episodi, giudicati di troppo difficile interpretazione: il celebre trasferimento, ad esempio, di un'orda demoniaca in un branco di porci. Il borghese che sonnecchia in ogni buon democratico, dice: «Come credere che il proprietario del branco non abbia reagito?».

"Difatti non rimase in silenzio; accompagnato dai concittadini, pregò il Signore di partire, di allontanarsi. Protesta assai modesta diciamo noi. Non bisogna però dimenticare che ci troviamo in Israele, terra di profeti. Di fronte a questa potenza del Dio vivente, sempre soggiacente alla sottile pellicola delle apparenze, chi avrebbe osato innalzare le meschine rivendicazioni del tuo e del mio? I porci erano anche gli animali che simboleggiavano l'impurità, la sozzura, la carne proibita. In questo modo Gesù insegnava, in vivo, che Satana era l'intoccabile.

"Ci si sforza di trasformare questi dialoghi in scene di un teatro interiore, del quale il Signore avrebbe maneggiato le marionette, per colpire la immaginazione 'puerile' degli Ebrei del suo tempo. Si può anche aggiungere che Gesù si sarebbe prestato a quelle esigenze primitive, accordando loro benevole mistificazioni, come un buon padre che si trasforma in Babbo Natale. Devo confessare che questa ingannevole pedagogia, ripugna alla stima dovuta alla dignità del Figlio di Dio che viene nel mondo, di colui che non ha mai mentito. L'uomo moderno vuole affidare il proprio assenso solo alle informazioni, che vengono dette normali, dei suoi cinque sensi. Se irrompe nel loro naturale dominio, il soprannaturale lo irrita, gli fa paura. Del resto è naturale che noi non siamo soltanto coscienze e volontà agenti dell'universo spirituale, re che vi siano, tra noi e questi spiriti nascosti, degli incontri inattesi, inconsueti, senza essere, per questo, del tutto esteriori all'ordine del mondo. Esso, infatti, ci trabocca addosso da ogni parte, e volerlo rinchiudere tra le borchie delle nostre percezioni, obbligarlo a suonare soltanto la tastiera del nostro strumento, anche se elargito dal telescopio, dal microscopio o dalla fotografia scattata dai missili spaziali, equivale a rinchiudersi in un abitacolo senza uscita.

"Potrebbe anche il nostro tempo essere, più dei precedenti,  rivelatore del combattimento che oppone, in un mondo fertile di peripezie grandiose, il genio della discordia al Principe della pace? La nostra epoca ha conosciuto perversioni inumane e superumane, nei campi di sterminio, nelle camere di tortura scientificamente organizzate, nei grandi e nei piccoli schermi dove i criminali moltiplicano  le loro immagini di violenza, di crudeltà, di erotismo. Chi accende l'impudenza del mercantilismo, proprio di tutte le invenzioni che seducono la gioventù? Chi offre al mercato della carne umana l'ampiezza di uno smercio mondiale? Chi fa proliferare i carnefici dei bambini? L'esagerazione esaspera le più malsane speculazioni, le amplifica nell'orrore,  orchestra sul piano internazionale gli attacchi suscettibili  di rovinare le forze della pace, tesse le tele ipocrite degli intrighi. Nel male, la debolezza è umana; ma la potenza è diabolica.  Tutto ciò non è sulla dimensione dell'uomo. E appunto perché il male è tanto grande e tanto colpisce lo spirito di spavento,  che c'è il problema della sofferenza e del male di cui possiamo chiedere conto a Dio.

"Spontaneamente gli uomini sentono che proprio qui si manifesta  uno scontro essenziale, a cui misteriosamente partecipano, e il cui risultato può essere per loro vittorioso, solo se inglobato in un trionfo che li supera infinitamente.

"Per il più inaudito dei paradossi il male non può avere altra spiegazione che l'amore, perché la creazione non si può legare a Dio, che è l'amore stesso, al di fuori della libertà. All'arcangelo condannato e ai suoi emissari la libertà, giustizia fondamentale del loro essere, non è stata rifiutata. La storia del mondo altro non è indubbiamente, che lo spiegamento, fino alla fine, dell'opzione profonda che divide tra loro gli esseri spirituali,  al centro del loro proprio cuore, e spinge gli uni contro gli altri e contro Dio, gli uomini che solo in lui hanno salvezza.

"La parabola del loglio e del buon grano profetizza una duplice crescita, un duplice progresso. Al pari del grano buono, il loglio è del tutto riconoscibile solo a maturazione. Sprovvisto dei prestiti da lui praticati su ciò che gli è vicino,  frustrato nelle sue ambiguità, non è più che la confessione di se stesso. È l'ora della verità, la quale si confonde con l'ora del giudizio. Il progresso umano comporta due sviluppi, fin dall'inizio in via di maturazione: quello di una regalità delle tenebre, e quello del Regno di Dio. La pianta velenosa si nutre degli stessi succhi fertilizzanti della pianta da frutto, ma cresce per la morte, poiché non ha in sé alcun al di là, né sbocco nelle risurrezione.

"Il Creatore permette a Satana, che lo sfida, di portare a termine la sua avventura. sul terreno confuso ed equivoco Permette anche che arruoli degli uomini a servizio del suo tentativo, perché può trovare le sue complicità soltanto sul terreno confuso ed equivoco degli atti umani: gli idoli, le menzogne vestite da verità,  le false virtù, i lupi vestiti da agnello: ecco le sue armi e i suoi combattenti. «Non dobbiamo  combattere contro la carne e il sangue -  dice s. Paolo - ma contro i principati e le potestà» (Ef., 6, 12). Il sangue e la carne costituiscono la loro maschera. Ecco perché è vantaggioso per noi discernere la natura delle sollecitazioni che ci colpiscono.  La nostra attenzione deve essere vigile, ma senza turbamento né panico.  Il tentatore - lo sappiamo - è uno sterile plagiario: le sue attrattive sono la cattiva copia del fascino autentico.  Nel cuore della Chiesa, nell'animo dei fedeli egli tenta  di opporsi a Dio stesso, di rivoltare contro di lui la sua luce. Ma i falsi sembianti che egli chiede in prestito, si trasformano in realtà che lo escludono; dei nemici di Cristo il Padre lastrica  il suo marciapiede, a condizione che una fedeltà risoluta  e una rettitudine profonda permettano al popolo cristiano tutte le riparazioni."(5)

 

Una delle riflessioni più interessanti di Chevrillon è quella che il male morale, quando si manifesta in forme particolarmente metodiche e raccapriccianti, sembra eccedere la misura dell'uomo. L'uomo non è capace, con le sue sole forze, di commettere un male morale che superi di molto le sue proprie capacità. E a chi rispondesse che le possibilità di male latenti nell'uomo sono un abisso tuttora inesplorato, risponderemmo che ciò è vero, ma che è altrettanto vero che l'effetto non può superare la causa. Ora, così come non si può immaginare un essere umano capace di prestazioni fisiche o intellettuali che superino di molto le sue capacità normali, lo stesso ragionamento si deve fare a proposito della sua capacità di commettere il male.

Facciamo qualche esempio. Un uomo normale, discretamente forte ed agile, può spiccare dei balzi di mezzo metro in altezza; un atleta, bene addestrato, può superare nettamente questo limite. Tuttavia se noi vedessimo un essere umano compiere dei balzi verticali di due, tre metri d'altezza, dovremmo per forza concludere che egli è posseduto da una forza superiore all'umana. Così pure, se vediamo un bambino prodigio calcolare in pochi istanti la radice quadrata di qualsiasi numero di tre, quattro o cinque cifre, possiamo pensare che si tratta di uno di quei rarissimi casi di intelligenza precoce ed eccezionale, che pur tuttavia si verificano. Però se vedessimo un bambino di cinque anni parlare una ventina di lingue e, poi, pronunciare velocissimamente le lettere all'incontrario, con tale precisione da potere - in un secondo momento - riascoltare la registrazione, al rallentatore, rimandando il nastro all'indietro e riconoscendo delle frasi perfettamente corrette in armeno, bengali, khmer, antico egiziano o antico babilonese: allora, senza dubbio, dovremmo riconoscere la presenza di un agente non-umano.

Torniamo adesso al problema del male morale. Un essere umano, nelle misteriose profondità della sua anima, è suscettibile di stupirci sia con la bontà, sia con la malvagità delle sue azioni; tuttavia non v'è motivo di pensare che egli possa stupirci fino a un certo limite nel compiere il bene, e senza alcun limite allorché compie il male. Esiste una sorta di pregiudizio romantico secondo il quale le azioni buone possono spingersi al massimo fino a un certo punto - ad esempio, offrire la propria vita per amore del prossimo -, mentre le azioni malvagie potrebbero spingersi al di là di qualsiasi immaginazione. La realtà è che tutto questo, certamente, può accadere; e tuttavia, se applicassimo con coerenza i nostri abituali parametri di giudizio, in tali casi estremi dovremmo inferire quantomeno la possibilità di una possessione diabolica.

Quanto abbiamo sin qui considerato ci porta ad ammettere, sia mediante la testimonianza dei Vangeli in quanto opere storiche, sia mediante la facoltà del ragionamento analogico, l'esistenza di un principio del Male che è al tempo stesso un essere personale, astuto e ingannatore, il cui scopo è quello di perdere l'uomo tentandolo senza posa. Secondo studiosi come Alfonso M. Di Nola, una tale credenza non si può ammettere che come il portato dell'ottenebramento di età "oscure", quali il Medioevo, e non avrebbe, oggi, alcuna giustificazione razionale; lo abbiamo visto nel precedente articolo. Eppure non un razionalista imbevuto di scientismo e di positivismo, ma un poeta dalla vista acuta, il padre - in un certo senso - di tutti i poeti "maledetti", Charles Baudelaire, aveva osservato a suo tempo che "la maggiore astuzia del Diavolo consiste proprio nel fare  in modo che gli esseri umani non prendano sul serio la sua esistenza".

Arrivati a questo punto, potremmo renderci conto, o almeno sospettare, che le più grandi tragedie morali della storia umana siano in realtà il risultato di una diretta influenza demoniaca sulle menti e sulle azioni degli uomini i quali, credendo di servire i propri disegni di potenza o di dominio, si fanno in realtà servitori del Diavolo. Si ricordi la giusta osservazione di Chevrillon: il demonio non persegue i fini dell'uomo, ma i propri. Egli  lusinga bensì quegli esseri umani che si risolvono ad adorarlo, con miraggi di gloria, potenza, lussuria e altro; ma, in realtà, è sempre lui ad agire come un grande burattinaio, e gli uomini che si sono piegati a servirlo non diventano altro che le sue sventurate marionette.

La magia, senza dubbio, rientra in questa tragico equivoco. Premesso che non esiste alcuna differenza "tecnica" tra magia bianca e magia nera, e che la magia è tutta "nera" in quanto pretende di servirsi dei demoni (anche se alcuni maghi colti del Rinascimento, come l'umanista inglese John Dee, si illudevano di interagire con degli "spiriti" di altra natura), è evidente che il mago, per quanto esperto nelle proprie arti e per quanto possa essere "bene intenzionato", cioè desideroso di giovare ai suoi simili e non di nuocere loro, è colui il quale evoca delle forze infere che non potrà mai veramente controllare. Anche Julius Evola metteva in guardia contro l'imprudente evocazione di tali forze di natura infera (6); e la stessa cosa vale sia per la necromanzia che per lo spiritismo, che sono, a rigor di termini, più o meno una sola cosa. Lo spiritista o il negromante si illudono di richiamare l'anima dei defunti, ma è più probabile che essi evochino forze diaboliche che si serviranno di tale illusione per penetrare nell'anima stessa di coloro che le hanno incautamente richiamate. Perciò non si ripeterà mai abbastanza che tutte le pratiche di tipo spiritico, compreso il cosiddetto channelling o evocazione degli "spiriti-guida", sono estremamente imprudenti e pericolose, in quanto aprono il varco a delle vere e proprie forme di invasione psichica e, nei casi più gravi, alla possessione diabolica.

Si potrebbe osservare, contro la tesi di una realtà personale del Male morale, che sant'Agostno non ci credeva, poiché egli era arrivato alla conclusione che il male è solo una carenza di bene e non una sostanza. Scrive infatti nel libro VII delle Confessiones:

 

"Mi domandai che cosa fosse la malvagità: e trovai non una sostanza, ma il traviamento della volontà dalla somma sostanza, da Te, o Dio, volontà ripiegantesi su ciò che vi è di più basso, gonfiata al di fuori sotto la spinta delle sue interiora."(7)

 

D'altra parte, è noto che s. Agostino giunse al cristianesimo dopo una sofferta conversione dal manicheismo; si può quindi supporre che abbia un po' calcato la mano sulla non sostanzialità del male per reazione al dualismo manicheo, da lui precedentemente professato, e per preservare l'assoluta positività della creazione divina. Infatti, tutta questa parte delle Confessioni, molto suggestiva sia sul piano teologico che su quello letterario, appare di pretto stampo neoplatonico, tanto che potrebbe essere stata scritta benissimo da un Ammonio Sacca, da un Plotino o da un Giamblico. (8) Là dove, invece, in polemica col pelagianesimo, Agostino insiste sulla incapacità  dell'uomo a salvarsi con le sue sole forze senza l'aiuto speciale della Grazia, la sua visione del creato si incupisce alquanto e l'intera umanità non gli appare più che come un'unica "massa dannata".

Giustamente Chevrillon ricorda che molti grandi santi hanno fatto esperienza diretta, a volte martoriante, di un essere malvagio il quale, non trovando accesso alla sostanza intima della loro anima, perché ben vigilata da una salda convinzione morale, si è tuttavia sfogato a perseguitarli materialmente. La vita del curato d'Ars è stata tribolata per anni e anni dalle aggressioni fisiche del demonio, e la stessa cosa è accaduta a padre Pio da Pietrelcina.

Una grande mistica francese del Novecento, Marthe Robin, di cui ci siamo occupati in un precedente articolo (9), inferma e paralizzata sul suo letto di dolore, conosceva gli attacchi di questo oscuro Avversario, che ella chiamava semplicemente "lui". Il giorno in cui morì, fu trovata a terra, come gettata lì da una forza estranea, lei che non avrebbe potuto muovere neppure un braccio con le sue povere forze. Era stato l'ultimo dispetto di Satana nei confronti di quell'anima santa; ma non aveva potuto turbarla: sul suo volto celestiale, infatti, aleggiava anche nella morte un sorriso incantevole. (10)

 

NOTE

 

1)      Francesco Lamendola, Alla società secolarizzata sfuggono gli indizi della presenza diabolica, sul sito di Edicolaweb.

2)      Cfr. le omelie ai fedeli del 16 giugno e del 5 novembre 1972.

3)      Cfr. l'Osservatore Romano del 14, 16-17, 21 agosto. Ved. anche Alfonso M. Di Nola, Il diavolo, Roma, Newton Compton, 1994, pp. 354-358.

4)      Cfr. Francesco Lamendola, Rudolf Bultmann, la religione e l'immagine mitica del mondo, sul sito di Arianna Editrice.

5)      Hedwige-Louis Chevrillon, Stana nella Bibbia e nel mondo, traduzione di Carlo M. Richelmy, Bari, Edizioni Paoline, 1971, pp. 27-36.

6)      Cfr. Julius Evola, Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo, Roma, Edizioni Mediterranee, 1971, spec. cap. XI, Il Satanismo.

7)      Agostino, Le confessioni, libro VII, edizione a cura di Christine Mohrmann, Milano, Rizzoli, 1958, 1975.

8)      Cfr. Francesco Lamendola, Travaglio interiore e visione salvifica nelle Confessioni di S. Agostino, sul sito di Arianna Editrice.

9)      F. Lamendola, Che cosa resta della natura umana quando viene ridotta all'essenziale?, sul sito di Edicolaweb.

10)  Cfr. Jean Guitton, Ritratto di Marthe Robin, traduzione italiana Milano, Rusconi Editore, 1987.