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Omelia del Patriarca Michel Sabbah per la Messa di mezzanotte a Betlemme

di Michel Sabbah, Patriarca - 28/12/2007

26 dicembre 2007

BETLEMME, martedì, 25 dicembre 2007 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'omelia pronunciata dal Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Sua Beatitudine monsignor Michel Sabbah, per la solenne Messa di Mezzanotte da lui presieduta nella Basilica di Santa Caterina a Betlemme.

 

* * *

Fratelli e sorelle, Buona e santa festa di Natale !

Signor Presidente,

1.Preghiamo per Lei in questa notte santa, per il suo difficile compito, per la sicurezza, per l’unità del popolo e per la pace. Che Dio Le dia luce, saggezza e coraggio. Per gli uomini di governo di questo paese e per tutti quelli dei paesi del Medio Oriente preghiamo perché Dio conceda loro di realizzare la pace e la stabilità qui e in tutta la regione.

Fratelli e sorelle,

2. La Grazia di Dio è apparsa. Il Verbo Eterno di Dio si è fatto uomo. San Giovanni ci dice in parole chiare, anche se superano la capacità di comprensione di non pochi: "In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio" (Gv 1,1,) e "il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). Ecco, fratelli e sorelle, il significato del Natale, ecco quel che noi festeggiamo, ecco perché ce ne rallegriamo. Il profeta Isaia aveva predetto: "Il popolo che camminava nella tenebre vide una grande luce…un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (Is 9, 1,5). San Leone Magno commentando questo mistero, ha detto: "La natura umana e la natura divina si incontrano in una sola persona, il Creatore del tempo è nato nel tempo… Colui per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose doveva egli stesso essere generato fra tutte le altre creature" ( Leone Magno, Lettera 31 – Lettura del 17 dicembre).

Gesù, il Cristo, il Verbo Eterno di Dio, è nato qui a Betlemme per colmarci della sua grazia: "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Gv 1,16), per salvarci dal male contro il quale dobbiamo combattere ogni giorno. "E’ apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo nell’ attesa della beata speranza" (Tt 2,11-13).

Natale ci ha rinnovati "nello Spirito Santo effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro"(Tt 3,6) al fine di ereditare nella speranza la vita eterna. Per la potenza di questa grazia, con il Natale ogni giorno in noi, ci impegniamo nella nostra società per portarvi la pace del Natale. La vita quaggiù, con tutta la sua povertà e tutte le sue debolezze, ma anche con la potenza della Grazia, deve rappresentare per noi il debutto della vita eterna.

San Giovanni, sempre nel primo capitolo, ci dice: "Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato". Queste parole ci fanno comprendere il Natale : il Figlio Unigenito che solo conosce il Padre, nato qui a Betlemme, nato per portare la vita agli uomini, ha reso capaci pure noi di conoscere Dio e di entrare da quaggiù nella vita eterna. Una vita che sarà per noi luce a ogni sforzo di edificazione umana o nella lotta per la pace. Abbiamo il potere di trasformare in vita eterna tutte le sfide, tutte le nostre gioie e tutte le nostre sofferenze; ovvero di trasformarle in una vita con Dio, con la sua luce, la sua potenza e la sua bontà.

3.Con questa fede in Dio, con la grazia di Natale, meditiamo il mistero della nostra terra che non arriva purtroppo a vedere Dio e naturalmente non arriva a trovarvi la pace. Con il Natale, con la bontà di Dio posta da Lui in ogni creatura umana, occorre intanto credere che siamo capaci di essere artefici di pace. Per questo però occorre compiere un passo avanti, occorre cioè guardare l’altro con lo sguardo di Dio, così da poter accogliere la giustizia per se e per gli altri.

E’ necessario poi comprendere la vocazione universale di questa terra. Occorre vedere la volontà di Dio su questa terra, e così pure nelle Scritture e nell’evoluzione della storia di cui lo stesso Dio è Signore; Egli ci ha riuniti tutti qui nel corso dei secoli, ebrei, cristiani, musulmani e drusi, formanti oggi due popoli, il palestinese e l’israeliano.Comprendere e accettare la vocazione universale di questa terra, significa accogliere il piano di Dio per essa e significa divenire capaci di stabilire in essa la pace. Nessun esclusivismo che scarti l’altro o lo riduca in uno stato di occupazione o di una qualsiasi sottomissione può conciliarsi con la vocazione di questa terra. Terra di Dio, non può essere per gli uni terra di vita e per gli altri terra di morte, di esclusione, di occupazione o di prigioni politiche. Tutti coloro che Dio, il Signore della storia, ha qui riunito devono trovare in questa terra vita, dignità e sicurezza.

Ognuno sa come si fa la pace, Ognuno sa quel che è dovuto a ciascuno dei due popoli che abitano in questo paese. Non è certo il più debole che deve sottomettersi e continuare a essere spoliato, sono invece i più forti, coloro che hanno tutto nelle mani, che dovranno staccarsi e dare al più debole quel che gli è dovuto. Tutte le questioni difficili, con la ferma volontà di tutti di far la pace, possono allora trovare soluzione.

4. Con tutti i capi religiosi abbiamo intrapreso in questa terra un cammino che resta lungo e difficile; perché si tratta di liberarsi dal sistema politico, dalle sue visioni esclusiviste, dalle sue paure, e di diventare capaci di dire e di recare a tutti qualcosa di nuovo e di buono.

La storia umana è piena di guerre, ma è pure piena di Dio. E Dio è amore. Non è la tirannia di certi credenti, che si dicono credenti mentre non si conformano alla volontà di Dio bensì alla propria, siano musulmani, ebrei o cristiani. La violenza non può discendere da alcuna religione. L’estremismo, in tutte le religioni, è volontà di appropriarsi, di escludere e di sottomettere gli altri , non nutre fede in Dio ma in comportamenti umani e ostili agli altri. I capi religiosi hanno un ruolo educativo per i credenti, per confermarli sulle vie della giustizia, del diritto, della pazienza di Dio, del perdono con la rivendicazione dei diritti e della collaborazione con tutti gli uomini e donne di buona volontà.

5. Fratelli e sorelle, potete chiedervi quale sia il nostro ruolo di cristiani nell’ edificazione della pace e dell’avvenire di questo paese. Papa Benedetto XVI, nella sua ultima enciclica sulla Speranza, afferma che caratterizza i cristiani "il fatto che hanno una speranza e avere una speranza significa avere un avvenire". Questo può applicarsi a noi cristiani della Terra Santa come dell’intero Medio Oriente. Tutto il mondo è preoccupato per la nostra presenza cristiana qui: Israele come l’Autorità Palestinese. Re Abdallah II di Giordania da anni richiama l’attenzione sulla gravità dell’esodo dei cristiani arabi. Numerose sono le voci musulmane che si levano un po’ dappertutto per attirare l’attenzione sul vuoto che sarebbe provocato dall’esodo dei cristiani nel mondo arabo musulmano. Da parte sua il mondo cristiano è preoccupato per la nostra sopravvivenza o per la nostra sparizione.

A voi, fratelli e sorelle, a voi tutti cristiani di questa terra tentati dall’idea di emigrare, oggetto della preoccupazione di tutti, dico subito ciò che Gesù ci dice: Non abbiate paura. Il cristiano non ha il diritto di avere paura né di svignarsela nelle difficoltà. Il che significa che occorre condividere le preoccupazioni di tutti, costruire la pace con tutti accettandone i sacrifici, la prigione, forse il rischio della vita, le difficoltà quotidiane per l’occupazione, il muro che separa, la mancanza di libertà negli spostamenti: tutto ciò è la sorte di tutti. E tutti insieme, con i nostri sacrifici e la nostra generosità, costruiamo la pace per tutti.

A coloro che sono tentati o spinti dalle difficoltà a lasciare il paese diciamo: qui avete un posto, anzi più che un posto avete una vocazione, di essere cristiani qui, nella terra di Gesù e non altrove nel mondo. Accettate dunque questa vocazione vostra , per quanto difficile sia. La nostra presenza qui è testimonianza della vocazione universale di questa terra, terra di Dio e terra per le tre religioni e i due popoli che la abitano, Ascoltate la voce della vostra vocazione e la voce di tutti coloro che vi reclamano qui presenti.

Perché non è soltanto in un conflitto che noi viviamo, ma anche nella storia di cui Dio è il maestro. Una storia che Dio fa e ci invita a realizzare con Lui. Ed è Lui il Signore di tutta la storia dell’umanità, dai suoi remoti inizi, dai tempi della storia sacra fino ad oggi. E’ Lui che era, che è e che sarà. Nessuna persona e nessun tempo possono evitarlo. E’ inevitabile perché "in Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (At 17,28). Pieni di speranza, liberi da ogni paura, continuiamo dunque a percorrere la nostra strada.

6. Fratelli e sorelle, vi auguro una santa festa di Natale. Preghiamo in questa notte santa, qui a Betlemme, per voi tutti che siete in Palestina, Israele, Giordania e Cipro. Preghiamo per coloro che soffrono, per gli ammalati e per i prigionieri affinché possano finalmente godere della loro libertà e dignità. Preghiamo per tutti i nostri uomini di governo perché vedano la giustizia, rientrino sulle vie della pace e abbiano il coraggio di donarla ai loro popoli. A tutto il mondo cristiano rinnoviamo da Betlemme l’augurio di una Buona e santa festa di Natale. Amen.

+ Michel Sabbah, Patriarca


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