Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Blair, D’Alema, Sarkozy, Veltroni: destra e sinistra non esistono più

Blair, D’Alema, Sarkozy, Veltroni: destra e sinistra non esistono più

di Paolo De Gregorio - 28/12/2007

 

Mi sembra che sia ora di parlare di quella linea di demarcazione tra destra e sinistra che da Blair e D’Alema, ma anche da Sarkozy a Veltroni, sono considerate antiquate e non più rispondenti alla realtà.
La stessa situazione politica in Germania che vede i due maggiori partiti tedeschi, uno di destra e l’altro di sinistra,collaborare dentro lo stesso governo farebbe pensare che queste distinzioni sono superate.
Però la cosa da capire bene è se la destra capitalista, liberista, multinazionale e globalista, ha cambiato qualcosa della sua identità e strategia, o una sinistra senza più identità, gestita da politicanti di professione, si è appiattita sul liberismo e, pur di restare nel giro del potere, parla in modo interessato del fatto che questa contrapposizione destra-sinistra non esiste più.
I cedimenti dei partiti di sinistra e dei sindacati nei confronti della Confindustria in Italia risalgono a trenta anni fa, data in cui Berlinguer offrì un patto tra capitale e lavoro, il famoso “Compromesso storico”, che di storico ha solo l’inizio della fine dell’antagonismo di classe, e fu allora che si mise la prima pietra che, di cedimento in cedimento, ha portato la classe operaia alla ininfluenza, alla marginalizzazione, al precariato.
Un intero ciclo storico si è compiuto, anche i simboli sono scomparsi, ma le morti sul lavoro sono aumentate, i salari diminuiti come potere d’acquisto, l’età pensionabile più lontana, esteso il precariato, i lavoratori sfruttati ancora con gli straordinari e intimiditi da un grande esercito di riserva di disoccupati e dalle possibili “delocalizzazione”.
Una cosa è certa, non si può più affidare il proprio futuro a quei partiti o sindacati che hanno portato a questo, e vi è uno spazio reale per un “Partito dei lavoratori” che sia autogestito dai lavoratori stessi.
Un altro spazio politico che si è aperto e che deve essere occupato è quello di un movimento che metta al centro della sua analisi e dei suoi programmi l’insostenibilità di una economia liberista soggetta solo alla legge del profitto, che sta inquinando e desertificando per seguire un eterno “sviluppo”, cultura ottusa e ignorante che colloca capitalismo e consumismo tra le mostruosità della storia.
Dalla caduta del muro di Berlino (1989) il processo di globalizzazione ha avuto una accelerazione incredibile e l’aumento di produzione industriale, dei commerci internazionali, dei consumi, ha portato il mondo a diventare un formicaio impazzito che ha aumentato vertiginosamente inquinamento e consumi di combustibili fossili, facendo peraltro arrivare le merci ai sazi e agli obesi e non dove ce n’è bisogno vitale.
Se non si riesce a dare alla politica il potere di costringere l’economia a produrre di meno e attraverso energie rinnovabili, e parallelamente non si sviluppa un piano di decrescita demografica, l’equilibrio ecologico, già compromesso, evolverà verso il disastro.
Gli inutili e costosi trattato di Kyoto e riunione di Bali rimandano sempre i tempi di diminuzione delle emissioni nocive, e i maggiori inquinatori vogliono continuare a inquinare.
E’ora che si parli per ogni nazione di “impronta ecologica”, che è diversa da paese a paese, e deve tendere alla indipendenza energetica e alimentare, e tener conto del rapporto tra l’ampiezza del proprio territorio, le risorse, e il numero di abitanti.
Probabilmente per un paese come l’Italia una economia sostenibile potrebbe nutrire e far vivere con energia pulita non più di 30 milioni di persone, naturalmente fermando globalizzazione e immigrazione.
Su questo terreno e su questi obiettivi si deve creare una forza politica, perché la virulenza della destra economica e il fallimento della sinistra lasciano l’umanità senza speranza e spero proprio che la contrapposizione politica del futuro sia tra chi vuole continuare a distruggere, e chi vuole una politica basata sulla scienza, sulla laicità, sulla sostenibilità, sulla salute, sulla diminuzione delle nascite.