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Quanto dobbiamo temere il Dragone?

di Bruno Villois - 28/12/2007

Fonte: ilriformista

L'Occidente arranca e "la Cina si avvicina"
sarà questo il tema del prossimo decennio


L'occidente arranca e la Cina conquista, questo potrebbe essere il tema caldo del prossimo decennio. Tanti i motivi che animeranno un quadro che in grado di produrre a noi europei non pochi grattacapi. Cambieranno molte cose negli equilibri globali e noi di certo non ci guadagneremo. Sono ormai oltre 10 gli anni in cui la Cina ha messo la freccia e, mese dopo mese, ha superato un infinità di traguardi, meno uno, forse quello più importante, almeno per chi come l'Occidente lo ha ritenuto base della propria esistenza civile, essere una democrazia con diritti, doveri e possibilità di cambiare governo e parlamento. Per il resto una corsa libera che ha frantumato ogni tipo di record ed ha portato gli eredi di Mao ad essere la seconda (o terza) potenza economica mondiale. Una straordinaria trasformazione di una civiltà da agreste ad industriale è all'origine del boom. Ogni anno milioni di primitivi contadini hanno abbandonato l'umile terra e sono diventati operai. Centinaia di milioni lo hanno già fatto, altre centinaia lo faranno prossimamente. L'industria di qualunque specie ha avuto la capacità di acquisire tecnologie, a volte anche vetuste, di importarle a basso prezzo e di riutilizzarle, in barba ad ogni logica ecosostenibile, disponendo di immani numeri di risorse umane. Ne è derivata una potenza industriale in grado di sommergere di prodotti a basso costo l'intero Occidente e contemporaneamente di poter alimentare i consumi interni su medie elevatissime ma ancora insignificanti se paragonate ai nostri livelli, meno del 45% per i cinesi contro oltre il 70% dell'occidente. Il Pil è impazzito in una corsa esasperata e la crescita a due cifre è stata una costante che anno dopo anno ha portato l'economia cinese ad essere pronta a raggiungere e secondo alcuni superare quella nipponica, adesso non resta che la statunitense. La domanda ormai non è più se questo avverrà ma quando avverrà. I più ottimisti pensano alla fine del prossimo decennio, i pessimisti al termine del prossimo lustro. Intanto alcune certezze si stanno consolidando, tra queste la più appariscente riguarda lo shopping che ha raggiunto dimensioni planetarie. Il fondo nazionale China Investment Corporation, braccio armato della Banca Centrale Cinese si è appena comprato il 10% della prestigiosa banca d'affari americana Morgan Stanley, sborsando 5 miliardi di dollari, cifra di per sè esorbitante per qualunque soggetto occidentale, insignificante per la potentissima banca nazionale di Pechino, che ha al suo attivo ben 1500 miliardi di dollari di cui 800 investiti in buoni del tesoro Usa. Numeri sproporzionati per qualunque altra economia del globo e, a sentire le dichiarazioni del presidente del citato fondo, sono appena all'inizio di un nuovo percorso effettuato su un autostrada a cinque corsie senza barriere di accesso. Siamo prossimi ad un'invasione che non ha precedenti nella storia dell'economia mondiale. Un invasione, sulla carta pacifica, basata sulla ingente e crescente disponibilità di liquidità che ad oggi non sembra poter aver rallentamenti. La finanza globale guarda ormai alla Cina come l'eldorado del mondo e non passa giorno che guru e analisti non citino il mercato borsistico cinese come quello su cui puntare per fare affari e vedere moltiplicati in breve tempo i propri investimenti. Chiunque si quoti oggi alla borsa di Hong Kong raggiunge strabilianti risultati. Un esempio nostrano riguarda Robe di Kappa Cina che al primo giorno di quotazione ha superato i 3 miliardi di dollari. L'omologa italiana è attestata sui 100 milioni di euro. Gli inviti ad investire in Cina non fanno null'altro che indebolire ulteriormente le nostre economie, ma si sa i soldi vanno dove si fanno altri soldi e i nostri mercati finanziari non sono certo oggi in condizioni di controbattere al loro. Vi è poi un altro serio e sottovalutato problema. Da anni parte rilevante delle forniture occorrenti all'industria occidentale viene realizzata in Cina. Le stime parlano di oltre il 40% di prodotti e non si parla di produzioni contraffatte ma di articoli e merci che sono loro commissionati dalle maggiori multinazionali del mondo. Questa sarà un'ulteriore forma di pressione che il governo cinese metterà in atto, con il rallentamento delle produzioni che noi non siamo più in grado di realizzare a causa delle differenze dei costi, se i nostri stati decideranno di porre dei freni allo shopping di imprese ed istituzioni da parte Cinese. Un primo monito in proposito è già arrivato dalle autorità di Pechino in merito ad eventuali azioni protezionistiche, tanto da minacciare conseguenze a chi porrà in atto simili azioni. I primi a saperlo sono proprio gli americani visto che ormai Pechino è il maggior creditore del Paese a stelle e strisce, con i suoi 800 miliardi di dollari investititi in titoli del tesoro Usa. Fatta la nuda e cruda analisi non resta che soffermarsi sui rimedi o almeno sul da farsi. Per l'Europa prima di tutto va consolidato il concetto di Stato, non solo monetario ma globale, Inghilterra compresa. Abbiamo bisogno di rafforzare sotto un'unica regia il sistema continentale e renderlo più omogeneo nelle tre componenti che consentiranno di affrontare la sfida: 1) riduzione dei deficit pubblici e organizzazione dello stato sociale, 2) diminuzione dell'imposizione fiscale in modo da favorire e attrarre investimenti, 3) massicci investimenti in ricerca, innovazione e formazione. Purtroppo per noi siamo assai lontani dal raggiungere l'obbiettivo di essere uno stato Europa e quindi i tre cardini citati sono oggi, anche per i più virtuosi, una chimera. La creazione del valore sarà l'unica componente in grado di contrapporsi allo strapotere organizzativo ed economico degli eredi di Mao. Non resta che sperare in un colpo d'ala dei nostri governanti per creare quelle condizioni che facciano decollare il progetto Europa. Se accadrà la nostra forza d'urto sarà in grado di arginare e forse anche conquistare, se no abituiamoci a passare da trainanti a trainati e purtroppo non è una differenza di poco conto.