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Questione basca: per Zapatero vuol dire repressione

di Ernesto Ferrante - 28/12/2007

 

Come ampiamente preventivato la mannaia della giustizia ad orologeria spagnola si è abbattuta sui militanti delle associazioni e dei movimenti indipendentisti baschi. Condanne per oltre 500 anni di prigione per presunta appartenenza e collaborazione con l’Eta sono state inflitte dal giudice Murillo a giornalisti, membri di fondazioni benefiche, componenti di organizzazioni giovanili ed avvocati. Un processo durato 478 giorni dall’esito praticamente scontato che ha confermato punto per punto le tesi del giudice istruttore Baltasar Garzón.
Continua, dunque, l’escalation repressiva del governo Zapatero contro il diritto all’autodeterminazione del popolo basco ed in particolare contro la sinistra indipendentista. Nessuna delle forze non omologate è stata risparmiata: dal partito Batasuna alle organizzazioni giovanili, dalla Fondazione dei Movimenti Sociali Zumalabe al collettivo internazionalista Xaki, da organizzazioni ambientaliste come Eguzki al collettivo per la liberazione dei prigionieri politici Askatasuna. Gli imputati, tutti dirigenti e militanti di organizzazioni politiche e associative legali che hanno sempre operato alla luce del sole sono stati inchiodati da prove discutibili e da un procedimento giudiziario praticamente senza difesa. Il buon Zapatero, idolo delle sinistre radical chic di mezza europa e paladino delle lobbies omosessuali a nove zeri, sta astutamente utilizzando la repressione del popolo basco come argomento della campagna elettorale che si concluderà con le elezioni politiche spagnole del marzo prossimo. Nella sfida con la destra del Partido Popular, Zapatero vuole dimostrare che i socialisti sono capaci di affrontare la questione basca in maniera ancora più energica di Aznar e di Rajoy. Ma come insegna la sua storia, Batasuna è un osso duro perché una forza politica profondamente radicata nel corpo della società basca ed è in prima linea in tutte le mobilitazioni più massicce e interessanti in ambito sociale, sindacale, ambientalista ed umanitario. Si pensi, ad esempio, alle manifestazioni ed alle azioni di boicottaggio che Batasuna – ovvero le tante sigle satelliti che ne hanno preso il posto dopo la messa al bando del 2003 - sta capeggiando nei territori baschi nei confronti della costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità, fortemente voluta dal governo centrale.
L’astuto Zapatero mira ad indebolire il più possibile Batasuna e la rete sociale indipendentista che gli orbita attorno per poter, una volta vinte le elezioni, trattare la riforma dello statuto basco di autonomia direttamente coi demo-omologati baschi del Partito Nazionalista, tagliando fuori l’indomito movimento di liberazione nazionale. Il primo ministro spagnolo ha incluso nel suo programma di governo una riforma di facciata della “Spagna delle autonomie” che modificherebbe solo apparentemente alcuni dettagli del rapporto tra nazionalità e Stato senza toccare, di fatto, la Costituzione e lasciando tutto sostanzialmente così com’è. Fino ad ora l’operazione gli è riuscita senza problemi in Andalusia e in Catalogna, ma non nel Paese Basco, dove la sinistra nazionalista basca, ovvero la sinistra abertzale, ha impedito che si operasse quest’ennesimo raggiro ai danni del popolo basco.
Il responsabile delle relazioni internazionali di Batasuna, Eusebio Lasa, e il responsabile per l’Europa della commissione esteri, Jonan Lekue, hanno fatto presente anche nel corso degli incontri italiani di inizio mese a Roma e Milano che se non si risolveranno i nodi che causano il conflitto, vale a dire il riconoscimento per il popolo basco del diritto all’autodeterminazione e la riunificazione di tutti i territori baschi divisi tra Stato spagnolo e Stato francese, il conflitto non potrà essere mai realmente risolto. La sinistra indipendentista ha però riconfermato la sua disponibilità, nonostante la repressione, a riprendere la trattativa, e già durante i mesi scorsi ha presentato al governo spagnolo una proposta molto ragionevole che potrebbe essere accettata da tutte le parti in causa senza troppi sacrifici. Batasuna ha prospettato, infatti, la riunificazione dei quattro territori baschi all’interno della frontiera spagnola in una unica entità autonoma, mettendo fine alla partizione operata tra Navarra e Comunità Autonoma Basca alla fine degli anni ’70 dalle istituzioni spagnole “franchizzate”. Se queste proposte venissero accettate prenderebbe vita una nuova autonomia dotata di uno statuto che riconosca la possibilità di un’ulteriore evoluzione istituzionale e del “diritto a decidere”. La Navarra tornerebbe a riunirsi dopo decenni di separazione alle altre province basche spagnole, in seguito ad un processo non artificiale di natura annessionistica ma di coinvolgimento delle genti di quelle terre attraverso una consultazione popolare. Per quanto riguarda poi i territori baschi dentro le frontiere francesi, Batasuna ha proposto la creazione di un dipartimento che le riunisca e che dia vita ad una “autonomia” dotata di competenze in ambito economico, culturale, linguistico e sociale. Le due comunità potrebbero così rafforzare la cooperazione pur rimanendo all’interno di due stati separati. Nulla di particolarmente radicale, in effetti, ma “troppo” sia per il governo centrale che per quel Partito Nazionalista Basco che ha paura di perdere i privilegi accordatigli in questi decenni in cambio della propria fedeltà al centralismo spagnolo.
Il cammino verso le elezioni spagnole di Marzo, purtroppo per le forze indipendentiste basche, è ancora lungo e si possono facilmente prevedere altre azioni repressive. I principali indiziati sono il Partito Comunista delle Terre Basche – che ha un gruppo di nove deputati nel parlamento regionale basco – e Azione Nazionalista – che ha invece ottenuto un ottimo risultato elettorale nelle elezioni di maggio portando nei comuni centinaia di consiglieri comunali e ottenendo una cinquantina di sindaci nonostante la persecuzione giudiziaria e l’annullamento di più della metà delle liste elettorali presentate. La magistratura democratizzatrice ed eurocratica ha già messo in atto un dispositivo che potrebbe portare alla messa fuori legge di entrambe le formazioni politiche che hanno osato rappresentare la sinistra abertzale basca dopo l’illegalizzazione di Batasuna. Il disegno del governo Zapatero è ormai evidente: annientare con la repressione il diritto del popolo basco alla propria autodeterminazione, al diritto di vivere in pace sulla propria terra, distruggendo ogni forma di organizzazione del dissenso.
Il premier ha scelto volutamente di non avviare un processo di pace per la risoluzione di un conflitto che ha portato e purtroppo porterà ancora molti lutti. Bastava poco, ma è stata preferita la strada della repressione. Nello scorso mese di maggio le condizioni per l’inizio della soluzione del conflitto con il consenso di ambo le parti c’erano tutte: una commissione formata da osservatori internazionali neutrali aveva presentato un documento di mediazione che aveva raccolto da subito l’adesione di Batasuna e che era stato valutato positivamente anche dall’ETA che aveva affermato che se su quel testo ci fosse stata la convergenza di tutte le parti l’organizzazione armata avrebbe abbandonato le armi. Ma il governo del “libertario” Zapatero, nonostante la disponibilità espressa nelle settimane precedenti, aveva rigettato il testo abbandonando la trattativa.