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La morte della Bhutto nella polveriera pakistana

di Giulietto Chiesa - 31/12/2007





Poco prima di essere assassinata aveva detto: “il prossimo obiettivo di Al Qaeda sono io”. Strana frase, a ben pensarci. Perché tutti – almeno molti dei commentatori- avevano pensato che il suo nemico numero uno fosse il generale “non ancora uscente” che guida il Pakistan da molti anni, Pervez Musharraf . E così molti avevano pensato quando Benazir Bhutto venne accolta al suo ritorno in patria, qualche mese prima di morire, da una bomba che era stata fatta esplodere sulla strada che dall'aeroporto la portava a Islamadab. La sorte la salvò , ma uccise oltre 100 dei suoi sostenitori, che si assiepavano entusiasti e pieni di speranza sui bordi della strada.

Dunque non era da Musharraf che Benazir aspettava la morte. Oppure dobbiamo pensare che Musharraf sia stato, o sia, un alleato di Osama bin Laden (sempre che Osama sia ancora vivo, naturalmente)? O del mullah Omar, che vivo lo è ancora, sicuramente? O di Ayman Al Zawahiri, che ogni tanto ci diletta con le sue esternazioni, prontamente messe in circolo da Al Jazeera?

Risulta difficile pensarlo, visto che il dittatore pakistano è stato in questi anni di lotta al terrorismo internazionale l'alleato numero uno, il fedelissimo degli Stati Uniti. Tanto fedele che Washington, per tenerselo caro, ha chiuso un occhio e anche tutti e due, sui principi democratici violati che – a dire di Bush – l'hanno spinta a fare la guerra in Afghanistan e in Irak.

Vero è - cerchiamo di capirci qualche cosa, con molta fatica – che Musharraf era già alla testa del Pakistan in quel fatidico 11 settembre 2001, e non fu molto vigile sul comportamento dei suoi servizi segreti militari (Isi) che l'avevano portato al potere. Fu l'Isi che fece assassinare Masood il 9 settembre. Fu l'Isi che, a quanto risulta inequivocabilmente, mandò 100 mila dollari a Mohammed Atta nei giorni immediatamente precedenti l'attentato contro le Twin Towers.
Certo è che agli americani cominciava sempre di più a piacere Benazir Bhutto, più che l'ormai impresentabile Musharraf. Erano stati molto prudenti per non irritare i militari pakistani, gli uomini di Bush, ma s'era capito che volevano le elezioni in Pakistan il più presto possibile, e che non si sarebbero stracciati le vesti se Benazir le avesse vinte. Una donna in primo luogo, meglio di un uomo. Non implicata in alcun modo con l'11 settembre, quindi non in condizione di ricattare nessuno (cosa che, invece, Musharraf ha fatto più d'una volta). E presumibilmente più maneggiabile. Ma doveva essere una transizione senza troppe scosse. Il Pakistan è una polveriera. Per giunta atomica. Nell'ultimo anno è il paese che ha registrato il più alto numero di attentati in tutto il mondo. Se si rompe il Pakistan le vibrazioni del terremoto si sentiranno molto lontano dai suoi confini. Chi ha ucciso Benazir questo si proponeva.