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Il ritorno di Giovanni Papini

di Franco Cardini - 02/01/2008

 

Storia sconvolgente, la sua; e forse paradigmatica per i nostri tempi. Ormai, non lo legge piu quasi nessuno. Eppure, per certi aspetti sembra ancor oggi quel che parve ai primi del Novecento, ai tempi del suo travolgente successo: un profeta.
Basterebbe rileggere Gog, che e del 1931 e che ricorda in modo straordinario, quasi sconvolgente, la storia raccontata in America dieci anni dopo da Orson Welles in Citizen Kane, da noi conosciuto come Quarto potere, dove si racconta la storia di quello straordinario imprenditore-pirata che fu William Randolph Hearst, magnate della stampa americana, corrotto e corruttore di genio, e del suo castello-fortezza sulla costa della California. Gog anticipa incredibilmente la tragedia d’un mondo dominato da un capitalismo senza scrupoli. Ma nessuno ci credette, ne allora ne quando Orson Welles, che purtroppo non aveva letto quel libro, ne ripropose i temi. Ma a Gog non e dedicato neppure un rigo dell’autorevolissimo Dizionario Bompiani delle Opere e dei Personaggi; e di Hearst si e dimenticata la celebre Enciclopedia Europea della Garzanti. Propio cosi. Strano?
Stiamo parlando del grande Giovanni  Papini, un nome che ancora oggi fa storcere il naso agli intellettuali che posano a rivoluzionari e sono straconformisti (“arcicattolico”, “fascista” e via idioteggiando) e sorridere con sufficienza qualche Accademico, specie di quelli saliti in cattedra soprattutto per la tessera di partito che portano (o che portavano) in tasca.
Fiorentino del 1881, Papini aveva poco piu di trent’anni nel ’12, quando pubblico l’autobiografia Un uomo finito. Autodidatta, animatore del “Leonardo”, del “regno” e de “La Voce”, inventore delle ferocissime e temute “stroncature”, ateo e anarchico, modernista e reazionario al tempo stesso, travolto anche lui dalla tragedia della guerra, nel 1921 si converti clamorosamente al cristianesimo pubblicando quella Storia di Cristo soprattutto dedicata a quelli che, come del resto egli stesso, “hanno lasciato il Cristo perche non l’hanno mai conosciuto”. Libro torrenziale, afilologico, lampeggiante, liberamente ispirato ai Vangeli canonici ma anche agli apocrifi, riscoperta violenta della croce come Scandalo e Follia: ben piu rivoluzionaria, essa, dell’edonismo materialista e amorale che gia si profilava all’orizzonte come quella che, insieme con i totalitarismi, sarebbe stata la grande tragedia del Novecento. E su cui sarebbe bene riflettere adesso, ora che i totalitarismi appaiono battuti  (ma non si sa mai...) mentre quel materialismo, fatto di sfrenata licenza individualistica e di corsa ai consumi e ai profitti, sembra invece trionfare.
Ottima dunque la scelta della Vallecchi, gloriosa casa editrice fiorentina che ci fa di continuo trepidare per la sua sorte ma che pure e periodicamente capace di rinascere dalle sue stesse ceneri, come la Fenice del mito. E che or ora ha riproposto una riedizione del capolavoro papiniano, esemplificata sull’ottava edizione di esso – sempre della  Vallecchi, del 1985 – e che si giova, di una nuova Prefazione di Giorgio Luti (che riprende il discorso della precedente, sempre a sua firma)  nonche di una Presentazione del cardinal Antonelli.
Inutile qui rifare la storia di questo libro fondamentale,  tutt’altro che quieto rifugio in una fede ritrovata ma al contrario proseguimento affannato di una ricerca mai giunta a termine, incurante di qualunque ortodossia e che – come giustamente osserva il Luti – “trasforma il proprio credo in una tormentata indagine sul significato della fede cristiana nel mondo contemporaneo”. Un libro sul quale dovrebbero meditare attentamente sia gli imbecilli d’oggi che ritengono che sia possibile dimostrare l’inesistenza di Dio attraverso la scienza , sia i loro colleghi d’opposta tendenza che hanno riscoperto Dio (magari pur continuando a proclamarsi “atei”) per metterlo a capo delle loro nuove “guerre sante”. Ma e inutile: sono proprio loro che eviteranno questa lettura. Gli imbecilli, ovviamente, non meditano.
Alla Vallecchi va un elogio e un suggerimento. Bisogna ripubblicare anche gli altri due grandi libri della trilogia del Papini profeta, eretico e cristiano: Il Diavolo del 1953 e soprattutto il postumo  Giudizio universale del 1957. Soprattutto quest’ultimo. Quello si, un bello schiaffo in piena faccia a tutti gli ipocriti, i tartuffes e gli opportunisti del mondo.