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L'uomo maschio

di Luca Desideri - 02/01/2008

 

Ecco Eric Zemmour, astro nascente del giornalismo francese, il giorno in cui era invitato a “Tout le monde en parle”, storico talk-show della rete pubblica francese, France 2: stava subendo un autentico linciaggio morale, nonché una vera e propria aggressione verbale: attaccato da uomini e donne, tutti i personaggi presenti sul plateau si davano man forte per provocarlo. Financo i comici, grandi assertori della massima tolleranza, in salsa politicamente corretta, s’intende, spalleggiavano l’assalto. E lui impassibile, rispondeva bellamente e senza affanno, colpo su colpo, con la virtù dei forti, contro le litanie della massa ferita e incattivita. Presentava il suo libro, “L’uomo maschio”, tradotto dal titolo francese “Le premier sexe”. Un pamphlet incisivo, ficcante, concreto, che inizia descrivendo i postulati della società occidentale contemporanea imperniata su “grandi principi, universalità, umanità: niente più uomini, niente più donne, solo esseri umani uguali, inevitabilmente uguali, anche più che uguali, identici, indifferenziati, intercambiabili”. Il concetto è forte, si parte dalla femminizzazione dell’uomo per andare a ritroso alla ricerca delle cause che l’hanno favorita. Un processo relativamente breve, che si sviluppa nell’arco dell’ultimo secolo con una escalation impressionante negli ultimi decenni. E’ la prima guerra mondiale che dà il là al processo: in trincea l’uomo è annichilito, svigorito e sostituito per la prima volta dalle donne in fabbrica. Si scopre vittima. I regimi autoritari tra le due guerre fanno ritrovare all’uomo la virilità perduta ma è come un colpo di coda nell’evoluzione della specie: i figli di quella generazione saranno i sessantottini, che mineranno il potere senza prenderlo, rifiutando responsabilità ma imponendo la loro morale. Saranno la generazione della rinuncia. Dal ’68 ad oggi la donna, infatti, non è più un sesso, è un ideale. Condiviso dagli uomini, tutti allevati da ragazze madri, rivoluzionarie e femministe.
L’obiettivo di quest’ultime era la libertà sessuale, l’emancipazione dal giogo patriarcale. Bisognava dimostrare come la natura non fosse altro che il prodotto di logiche sociali e culturali.
Le donne hanno anticipato il fenomeno migratorio, chiedendo e ottenendo di lavorare, con conseguenze negative sul potere d’acquisto dei salari. Hanno creato i presupposti per “investire” i settori prevalentemente maschili quali la politica salvo accorgersi poi che il vero potere è restato nelle mani tutte maschili della grande finanza. Hanno provato a “mettere i pantaloni” ma si sono ritrovate sole, divorziate, spesso con figli a carico ed in una situazione di precarietà diffusissima.
Fallito quindi il progetto di cambiare le donne il femminismo, come una macchina che genera uguali, sta riuscendo a cambiare gli uomini alleandosi con i suoi più acerrimi rivali, gli omosessuali.
“Ogni differenza, che sia fisica, sociale o psicologica, è ormai paragonabile alla diversità, nuovo peccato mortale del nostro tempo.” Ed è qui il nocciolo della teoria di Zemmour: il desiderio, infatti, poggia sull’attrazione delle differenze; riducendole sempre più, il femminismo ha allontanato i due sessi aumentando il campo d’azione degli omosessuali. Ma è un progetto sposato anche da esperti di marketing e della pubblicità. “Il pubblicitario non è un profeta; è il braccio armato del pensiero dominante. Non annuncia la società che viene, la impone a suon di promozioni.” Per citare un esempio quanto più lampante, la società multiculturale “suggerita” vent’anni or sono dalle campagne di Benetton, è oggi realtà. Già oltre un secolo fa Oscar Wilde preannunciava come “la natura imita l’arte”. L’arte, purtroppo in questo caso è la moda ed i corpi femminili si sono trasformati “sotto la matita degli stilisti che non apprezzano le donne ma le considerano semplici attaccapanni”. I creatori di moda, a stragrande maggioranza omosessuali, oltre a causare grossi disturbi psicologici spingendo le adolescenti verso l’anoressia, impongono una bellezza femminile androgina.
L’uomo attuale, invece, è sottoposto all’azione martellante di un’overdose di immagini di corpi femminili, di una promiscuità castrante fin da bambino ed al contempo sempre più oppresso dalla cultura totalizzante che impone una visione femminile della vita. Il risultato di questa morsa duale lo rende vieppiù effeminato e sempre meno responsabilizzato. “Persi i privilegi gli uomini si disfano anche dei doveri che vi erano affiancati.” Ne consegue una vera e propria società del disordine dove anche i ruoli all’interno della famiglia non sono più ben delineati come un tempo. In linea col postulato del filosofo Alain Finkielkraut: “Un tempo, la sovversione era il contrario della tradizione; oggi, la sovversione è la tradizione”
Tutto è in atto per contrastare la natura predatrice dell’uomo. Con l’abuso di vecchie e nuove leggi, il famoso “mobbing” su tutte, ogni tentativo di seduzione può essere considerato una manipolazione, una forzatura, persino una violenza. Solo l’amore può redimere i comportamenti sessuali dell’universo maschile. L’uomo deve amare e rispettare, ma i nostri illustri antenati Rousseau, Stendhal e Freud, pur con sfumature differenti, distinguevano chiaramente l’amore fisico da quello morale. Si ribadisce come il desiderio maschile poggi prevalentemente sulla dissacrazione, pur solo ideale, della figura femminile tramite “frazionamento” delle sue parti del corpo. La valvola di sfogo della prostituzione ne è un’evidente chiave di lettura: criminalizzandola, oggi, si cerca di imporre il diktat del rispetto e dell’amore obbligatorio. “Bisogna che l’uomo rinunci spontaneamente a un tipo di relazione sessuale che non sia consacrato dall’amore”.
Il “femminilmente corretto” sta divampando e con esso l’uomo effeminato, un prodotto fortemente voluto dal capitalismo che, dopo aver optato per la società multirazziale e multiculturale, ha scelto il campo della femminizzazione degli uomini. Un lento ed inesorabile declino della virilità nostrana che, scontrandosi con quella emergente degli altri popoli ci ha spinto a “rinunciare ad assimilare gli immigrati e i loro figli ovvero rinunciare a imporre loro, virilmente, la nostra cultura”.
Tutto rientra nel diabolico disegno del capitale apolide, circa la “fabbricazione di un uomo senza radici ne razza, senza frontiere ne paesi, senza sesso ne identità. Un cittadino del mondo meticciato e asessuato. Consumatore.”
Un libro che non dà ricette istantanee ma pone, senza tanti giri di parole, un problema da troppo tempo eluso, una critica che richiede un brusco cambio di rotta nell’analisi del rapporto tra i due sessi. Le differenze che la natura ha creato hanno una ragion d’essere. La posta in palio è altissima.