Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Conferenza sul clima di Bali. Il trionfo dell'ipocrisia

Conferenza sul clima di Bali. Il trionfo dell'ipocrisia

di Indagator - 04/01/2008

 


Il commento più appropriato al sofferto compromesso uscito dalla Conferenza sul clima di Balì è quello di Greenpeace France: "la casa brucia ancora ma si sono salvati i mobili". Non sappiamo però a cosa servirà avere salvato i "mobili" se il pianeta continua a "bruciare". I media italiani hanno dato un giudizio positivo dell'accordo, sostenendo che a Balì la "comunità internazionale" ha costretto gli Stati Uniti a negoziare nei prossimi due anni un nuovo accordo sui cambiamenti climatici, cosiddetto "Kyoto 2".

La vittoria degli Stati Uniti
La questione, però, non era quella se continuare il negoziato fra gli Stati in vista del summit di Copenaghen del 2009 che dovrebbe dare vita al "Kyoto 2"; nessuno, neppure il fronte dei duri (Stati Uniti in testa) negava le trattative. La questione era come arrivare a queste trattative: prendendo impegni concreti per la riduzione del 25-40% delle emissioni entro il 2020, come sosteneva l'UE, oppure lasciando ai singoli Stati la libertà di adottare le misure che più riterranno opportune, come sosteneva l'amministrazione Bush? È passata questa seconda linea e quindi di tutto si è trattato meno che di un compromesso: ha trionfato la linea degli Stati Uniti. Che poi durante la Conferenza ci siano stati anche aspetti positivi come la presa di coscienza del problema ambientale da parte dei G77, paesi "in via di sviluppo" come si sarebbe detto una volta, Cina e India compresi, questo è un altro discorso. Ma la realtà è un'altra, checché ne dicano gli esponenti del governo di centro-sinistra che hanno tutto l'interesse a far vedere che qualcosa si muove vista la pessima figura fatta dall'Italia durante il vertice.

L'Italia: l'ipocrita accettazione del protocollo di Kioto
Ci spieghiamo meglio. Il quadro internazionale è chiarissimo: gli Stati si dividono fra un nucleo di paesi che cercano di diminuire le loro emissioni di CO2 (es. Svezia, Germania, Gran Bretagna, Danimarca e Francia), la gran parte di Stati che ipocritamente hanno preso l'impegno a fare altrettanto ma fanno il contrario (Spagna, Grecia, Portogallo, Austria), gli Stati Uniti e qualche altro paese che sostengono che le teorie dell'IPCC non abbiano grandi basi scientifiche e che quindi non fanno niente per ridurre le emissioni, i paesi emergenti come Cina e India che aspettano che gli Stati industrialmente sviluppati facciano davvero qualcosa accusandoli di neocolonialismo. In questo desolante quadro, l'Italia fa parte a pieno titolo degli "ipocriti": si è impegnata a diminuire al 2012 le sue emissioni del 6,5% rispetto al 1990 ma in realtà a tutto il 2004 ha aumentato le proprie emissioni del 12,4% rispetto al 1990! E non ci vengano a dire, i governanti del centro-sinistra, che, come sempre, la colpa è di Berlusconi perché è vero che il governo di centro-destra non ha fatto niente per applicare il protocollo di Kioto ma è altrettanto vero che nei due anni di governo Prodi non si è vista alcuna svolta rilevante. La politica italiana la fanno i grandi inquinatori. Se ne sono accorti anche gli ambientalisti istituzionali: secondo quanto denunciato il 22 novembre da Legambiente, Greenpeace e WWF il governo starebbe preparando un provvedimento che per superare la richiesta della Commissione europea di tagliare di 13,2 milioni di tonnellate il piano italiano di allocazione delle emissioni di gas serra di provenienza industriale, prevede l'acquisto di quote "verdi" con denaro pubblico prelevato da un apposito fondo previsto dalla Legge finanziaria 2008. I soldi pubblici servirebbero quindi ad evitare di penalizzare gli impianti più inquinanti, cioè le centrali a carbone e a olio combustibile (perché quando c'è da incentivare gli impianti di ENEL, ENI, Edison ecc, i soldi si trovano sempre!). D'altra parte vi aspettate qualcosa da un governo che affida la sua politica nel campo delle attività produttive ad un personaggio come il ministro Bersani, meritevole del premio "Attila dell'ambiente 2006-2007"?

Una situazione drammatica
Ma a parte le responsabilità italiane, la questione sollevata dalla Conferenza di Balì è l'impressione di sostanziale impotenza dimostrata dalla cosiddetta "comunità internazionale". Se, come quasi universalmente affermato, si ritiene che le denuncie dell'IPCC siano scientificamente provate, la logica vorrebbe che si prendessero decisioni conseguenti ed incisive. Invece si continua con questo balletto di conferenze e summit inconcludenti. Abbiamo commentato recentemente il congresso mondiale delle multinazionali dell'energia, svoltosi a Roma e conclusosi con un irrealistico ottimismo fondato su future e assolutamente ipotetiche novità tecnologiche. Oggi commentiamo il vertice degli Stati svoltosi a Balì, conclusosi con un compromesso che rinvia ad ulteriori negoziati la presa di decisioni che invece sembrano urgentissime.
È sin troppo evidente che "uomini di Stato" e "capitalisti" non vogliono uscire dal sistema del petrolio e delle fonti non rinnovabili (gas, carbone ma anche uranio) e dal modello di società falsamente benestante che esse alimentano. È sin troppo evidente che "i padroni del mondo" non hanno alcun interesse a costruire un futuro fondato su fonti rinnovabili, diffuse ed autogestite dalle collettività locali, e su un uso efficiente dell'energia prodotta.
"Socialismo o barbarie" si diceva una volta...