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Israele e le nuove strategie del petrolio

di Aldo Sorrentino - 05/01/2008





 

Israele ha avuto sin dalla sua nascita un ruolo di risalto nell'agenda delle relazioni internazionali: la fondazione dello Stato, la sua sopravvivenza, il conflitto arabo-israeliano, la questione dei territori occupati e l'indipendenza della Palestina non sono mai stati una semplice questione regionale ma sono entrati sin da subito nello schema della Guerra Fredda e nella lotta sovietico-americana delle zone di influenza.

Nel “gioco a somma zero” della Guerra Fredda ad ogni conquista dell'avversario corrispondeva una propria perdita e viceversa, quindi le due potenze dinanzi ad una conquista dell'avversario, per controbilanciare dovevano causare una perdita a quest'ultimo, ossia una conquista per se.

Per tale motivo le due potenze hanno di volta in volta appoggiato uno dei contendenti del conflitto Medio Orientale in modo da essere non solo presenti in ogni scenario globale, ma anche per controbilanciare gli effetti positivi della presenza dell'altro. Da qui l'iniziale sostegno di Stalin ad Israele per estromettere gli inglesi dalla regione e controbilanciare l'alleanza anglo-arabo-americana e la successiva rottura delle relazioni tra Urss ed Israele ed il sostegno sovietico ai paesi arabi quando ormai era chiaro che Israele era entrata nell'orbita americana. In questo senso Israele e la regione Medio Orientale hanno avuto un ruolo di risalto nell'agenda dei grandi conflitti globali per decenni. Ma proprio per questo motivo il carattere regionale del conflitto diventava Globale solo perché proiettato nel gioco delle Grandi potenze. Infatti nonostante Israele abbia con il tempo aumentato il proprio potere divenendo la Super Potenza regionale ed i Paesi sostenuti dall'Unione Sovietica siano stati più volte sconfitti militarmente, è evidente che non si può affermare che la fine della Guerra Fredda e lo smembramento dell'Unione Sovietica siano stati causati dall'avere o meno Israele nella propria orbita. Dopo la fine della Guerra Fredda lo scenario internazionale ha visto nuove Guerre, molte delle quali coinvolgevano in modo più o meno diretto anche Israele e la regione Medio Orientale. Nell'analisi di questi nuovi conflitti spesso si è usato il concetto di “Scontro di Civiltà” di Huntington, scontro che si verificherebbe lungo le linee di divisione culturale e religiosa e non ideologica come durante la Guerra Fredda. In tal senso Israele sarebbe ancor più in prima linea in questo conflitto, dato che la propria cultura, religione ed esistenza non è mai stata accettata dalla maggior parte dei Paesi Mussulmani. Ma ancora una volta sarebbe difficilmente argomentabile che Israele possa da sola influire sulle sorti globali di questo “Scontro di Civiltà”.

In un'analisi meno culturale e più economica e geopolitica dei nuovi conflitti essi rientrano nel conflitto globale per il controllo e l'approvvigionamento delle risorse energetiche. In questo tipo di analisi attorno ad Israele non si combatte più il conflitto Globale nella regione Medio Orientale ma diventa essa stessa il perno per vincere il conflitto globale per il controllo e l'approvvigionamento delle risorse energetiche. Questo perché Israele grazie alla sua peculiare posizione geografica è diventato lo snodo principale delle nuove rotte del petrolio. Il piccolo Paese Mediorientale ha sbocchi sul Mediterraneo e sul Mar Rosso e per questo è l'anello di congiunzione tra il Mediterraneo e l'Oceano Indiano, ossia tra la Turchia e i Paesi del Sud-Sud-Est asiatico. La Turchia è essa stessa uno snodo fondamentale per il petrolio ed il gas naturale proveniente dalla Russia e dalla regione Caucasica. Finora il trasporto del petrolio tra la Turchia e i paesi Asiatici è avvenuto attraverso il Canale di Suez, ma la possibilità di transitare attraverso il territorio israeliano ridurrebbe i tempi ed i costi. Infatti le petroliere impiegano circa 30-35 giorni dal Mediterraneo alla Cina attraverso il Canale di Suez mentre impiegano solo 14-15 giorni dal porto israeliano di Eilat sul Mar Rosso fino a Shanghai. Inoltre il porto israeliano di Askhelon può ospitare petroliere molto più grandi di quelle che possono attraversare il canale di Suez e il prezzo richiesto dagli israeliani per utilizzare l'oleodotto Askhelon-Eilat è inferiore a quello richiesto dalle autorità del canale.

E' infatti proprio l'oleodotto Askhelon-Eilat che rende Israele lo snodo principale di questa nuova rotta del petrolio. L'oleodotto fu costruito nel 1968 per trasportare petrolio iraniano da Eilat a Askhelon per poi essere trasportato verso l'Europa. Con la rottura delle relazioni tra Iran e Israele, a seguito del collasso del regime dello Shah, l'oleodotto fu utilizzato per trasportare piccole quantità di petrolio egiziano da Abu Rudeis alla costa mediterranea di Israele. Nel 2003 la compagnia Eliat-Askhelon Pipeline Company, che gestisce il canale, ha terminato i lavori per permettere il flusso di petrolio anche nella direzione inversa, venendo incontro alla richiesta russa di poter utilizzare l'oleodotto per trasportare il proprio petrolio in Asia Sud- Orientale attraverso il territorio israeliano, in modo da creare un “corridoio” alternativo al Canale di Suez: le petroliere trasportano il petrolio dai porti russi del Mar Nero, attraverso il Bosforo, a Askhelon e poi, attraverso l'oleodotto, a Eilat per poi essere trasportato con le petroliere in Cina e negli altri Paesi Asiatici. Il progetto russo in realtà era sin dall'inizio di più ampia portata, infatti essi vorrebbero affiancare il già esistente gasdotto Blue Stream nel Mar Nero che unisce la città russa Beregovaya alla città turca di Samsun con un oleodotto e poi collegarlo al Mediterraneo attraverso l'oleodotto Samsun-Ceyhan. Questo progetto in linea di principio doveva essere poi completato con la costruzione di un altro oleodotto tra le città di Ceyhan e Askhelon, in modo da creare un collegamento diretto tra i porti russi sul Mar Nero e il Mar Rosso, dove poi il petrolio verrebbe trasportato in Asia.

L'oleodotto israeliano però non necessariamente dovrà trasportare petrolio russo ma potrebbe trasportare anche il petrolio non russo che giunge in Turchia grazie all'oleodotto B-T-C (Baku-Tiblisi-Ceyhan). Questo oleodotto è stato voluto fortemente dagli americani per aggirare il territorio russo e sottrarre alla Russia il controllo totale sulle risorse energetiche del Caspio e del Caucaso. Anche in questo caso il petrolio dalle coste mediterranee della Turchia arriverebbe con le petroliere ad Askhelon per poi essere trasportato in Asia dal porto di Eilat. Ed ancora una volta un eventuale oleodotto tra Ceyhan e Askhelon agevolerebbe il collegamento tra il Mediterraneo e l'Oceano Indiano. In tal senso la Guerra del Libano dell'estate del 2006 può essere intesa come un tentativo israelo-americano di controllare l'Est del Mediterraneo per meglio difendere la rotta del petrolio se non addirittura parte di un disegno più ampio che vorrebbe il controllo israelo-americano delle coste libanesi e siriane per eventualmente costruire un oleodotto che colleghi Turchia e Israele attraverso il territorio della Siria e del Libano, evitando la costruzione di un più oneroso oleodotto sottomarino. A prescindere dal fatto che la Guerra del Libano possa essere o meno parte del Conflitto globale per il controllo e l'approvvigionamento delle risorse energetiche, quest'ultimo conflitto esiste ed è evidente. La Guerra in Iraq, l'asse Parigi-Berlino-Mosca, l'espansione della Nato Verso Est e in Asia Centrale, la dura risposta russa, il ritorno prepotente della Russia nella scena internazionale ne sono esempi lampanti. Controllare le risorse energetiche e le nuove rotte del petrolio e del Gas porterebbe non solo un'ingente profitto economico ma da se basterebbe a mutare o a conservare gli equilibri internazionali. La Russia grazie alle esportazioni di gas e petrolio è tornata ad essere una potenza mondiale, capace di influire sugli assetti internazionali e di tenere sotto scacco intere regioni come avvenne durante la crisi con l'Ucraina, durante la quale paralizzò mezza Europa. Gli Stati Uniti presa coscienza di questa situazione cercano di limitare l'ascesa russa cercando di differenziare i fornitori dei propri alleati e di limitare e controllare l'approvvigionamento cinese di risorse energetiche. Per questo motivo il controllo del flusso di petrolio e gas verso l'Asia ha un significato geopolitico e strategico di primaria importanza. L'enorme mercato asiatico ha una necessità crescente di importare petrolio, fondamentale per continuare lo sviluppo economico, e la Russia sta man mano acquisendo una fetta sempre più grande di quel mercato a discapito dei Paesi del Golfo. Oggi Cina, India e Giappone importano rispettivamente il 58%, il 65% e l'88% dai Paesi del Golfo, mentre senza le importazioni dalla Russia importerebbero dai Paesi del Golfo rispettivamente l'80%, l'85% ed il 90%, e la quota russa di esportazioni nella regione è in continua crescita. I Paesi asiatici dal canto loro sono convinti del pericolo di essere troppo dipendenti dai Paesi del Golfo, per questo sono entusiasti di poter diversificare i loro fornitori. Il loro accesso diretto alle risorse energetiche dell'Asia Centrale, soprattutto per la Cina, è stato moto limitato dalla presenza americana in quella regione e dalla costruzione dell'oleodotto B-T-C , mentre ci vorranno ancora anni per terminare l'oleodotto Siberia Orientale-Pacifico che permetterà al petrolio russo di essere smistato da Nakhodka al Giappone, alla Cina e agli altri Paesi della regione, per questo la rotta Turchia-Oceano Indiano è fondamentale per l'approvvigionamento della regione. Da qui la necessità di controllare questa rotta e di rendere quanto più possibile veloce ed economico il trasporto. Il piccolo stato di Israele che non ha significative risorse energetiche proprie e che subisce il boicottaggio da parte dei Paesi del Golfo, grazie ai propri oleodotti è diventato l'ago della bilancia del conflitto per la gestione dell'approvvigionamento dell'Asia sudorientale. Scegliere di far transitare sul proprio territorio petrolio russo o petrolio proveniente dal B-T-C influirà notevolmente sulle sorti di questo conflitto. Si può per questo affermare che Israele non è più solo un alleato di uno dei protagonisti del conflitto globale ma è ora capace di influire in modo significativo sulle sorti del conflitto globale per il controllo e l'approvvigionamento delle risorse energetiche. Conflitto che vede da un lato gli Stati Uniti e gli alleati europei ancora in una posizione di vantaggio ma che devono limitare l'ascesa russa e cinese, e dall'altro Russia e Cina che voglio l'una continuare a crescere politicamente nella scena internazionale grazie all'arma “energetica”, l'altra ha bisogno di risorse energetiche per continuare il proprio sviluppo economico per potersi affermare come SuperPotenza mondiale.

In questo contesto Israele che si appresta a diventare uno snodo fondamentale per il trasporto di petrolio soddisferà la propria richiesta interna ma ne trarrà anche benefici economici dalle royalties e soprattutto vedrà accrescere il proprio peso politico. E quanto l'essere al centro del flusso di petrolio possa influire sul potere politico di uno stato è visibile a tutti da quanto sta accadendo al confine turco-irakeno: la Turchia sta agendo contro gli interessi americani in Irak forte della propria importanza geostrategica, rafforzata dall'essere il terminale del B-T-C . Proprio la Turchia ed Israele hanno avviato nel 2006 lo studio sulla fattibilità dell'oleodotto Ceyhan-Ashkelon, progetto visto di buon occhio sia dai Russi che dagli americani, ma che ancora non si sa se, una volta ultimato, sarà collegato al B-T-C o all'oleodotto Samsun-Ceyhan. Il governo Sharon, date anche le ottime relazioni personali con Putin, sembrava orientato ad abbracciare il progetto russo, ma la Guerra in Libano e il record di aiuti americani ad Israele nel 2007 fanno propendere per un'inversione di rotta da parte del governo Olmert.