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Petr Stolypin, il ministro antibolscevico

di Sauro Ripamonti - 05/01/2008

 

Petr Stolypin, il ministro antibolscevico


Fra gli storici esiste, da sempre, il malvezzo di considerare l’affermarsi di un sistema politico o di un regime come fatto a sé stante, trascurando di considerare le influenze segrete, dirette o indirette, che determinano il suo nascere. Così fu anche per la rivoluzione bolscevica di ottobre.
La rivoluzione non avrebbe avuto successo, nonostante gli interventi esterni, se non fosse stato eliminato con un attentato Petr Stolypin, il personaggio che fu primo ministro della Russia zarista dal giugno 1906 al settembre 1911 con poteri quasi dittatoriali concessi dallo czar Nicola II.
Due cause furono all’origine della sovversione bolscevica dell’impero Russo: gli errori di Alessandro II e l’opera nefasta di Alessandro III.
Prima del governo di Alessandro II° la Russia si trovava in una condizione medioevale, le terre appartenevano quasi interamente a grandi famiglie nobiliari e i contadini dipendevano completamente da loro.
Alessandro II nella convinzione di liberare i contadini dalla dipendenza dei grandi latifondisti, varò la legge dei comuni rurali, “i mir”. Le terre furono gestite in modo collettivo, con una manodopera che veniva impiegata e spostata da un comune all’altro, retribuita, però, peggio che in passato. Non esisteva, infatti, un padrone o comunque un responsabile della situazione dei lavoratori e delle loro famiglie.
Questa iniziativa contribuì a fare del lavoratore della terra un proletario sfruttato senza che nemmeno conoscesse il volto dello sfruttatore e, di conseguenza, non ebbe nessun motivo per affaticarsi o impegnarsi in un lavoro e in una produzione da cui non poteva avere nessun beneficio. A questa vacillante situazione sociale si aggiunse un ulteriore aggravamento per l’azione di Alessandro III°.
Questo sovrano avviò una artificiosa e discutibile forma di industrializzazione della Russia nella convinzione di introdurre nel sistema innovazioni europee. Ma queste non vennero sfruttate in modo organico e le risorse vennero poste a disposizione del capitale estero, promuovendo così uno sviluppo destinato a favorire ed arricchire una vasta rete di speculatori e profittatori stranieri. In particolare lo sviluppo della rete ferroviaria era gestito interamente da compagnie europee e la mano d’opera generica locale subiva numerosi incidenti sul lavoro dovuti allo scarso addestramento nell’attività industriale e alle condizioni di esagerato sfruttamento del lavoro.
Questa fase di industrializzazione della Russia fu corrosiva per il regime patriarcale esistente e per i ceti superiori che vedevano soppiantato e sconvolto ogni privilegio di classe e di appartenenza dall’arricchimento di altri.
Se la riforma in senso liberale di questo sovrano fu accolta con grandi applausi e generale interesse dalla stampa democratica europea, in particolare da quelle della Francia, Inghilterra e NordAmerica, che da questa situazione traevano grandi vantaggi economici, la riforma favorì però il deteriorarsi dei rapporti sociali.
Infatti, a lungo andare, i rapporti di carattere organico fra i vari ceti, in particolare fra le famiglie nobiliari e i contadini, si guastarono. A questo si aggiungeva il sorgere del proletariato, mentre tutto veniva regolato unicamente dal denaro, favorendo una crescente degradazione morale e materiale nella quale il popolo russo, svincolato da una tradizionale autorità patriarcale cui era sottomesso in una situazione di equilibrio da tempo, diveniva facilmente preda di atteggiamenti anarchici o di forte volontà di rivolta.
Petr Stolypini si rese conto del pericolo e si impegnò a svolgere una azione di moderazione fra il popolo, in particolare fra quegli agricoltori che, strappati dalla dipendenza di un signore, si trovavano a lavorare per terre delle quali non si conosceva nemmeno la proprietà, spostati da un luogo all’altro ma soprattutto in condizioni economiche peggiori che in passato.
Petr Stolypin (Dresda 1862-Kiev 1911) personaggio feudale per nascita e per educazione, fu nominato Primo Ministro dallo czar Nicola II°, con poteri assoluti; preparò una riforma agraria in grado di superare sia il capitalismo che il nascente socialismo rivoluzionario.
Nel 1906 venne infatti promulgata una nuova legge in forza della quale ogni contadino poteva staccarsi dalla “comune mir” e acquistare un appezzamento di terreno versando all’erario quanto poteva, mentre il Tesoro Imperiale copriva la differenza ed il contadino, divenuto proprietario, avrebbe poi potuto estinguere il suo debito in tempi abbastanza lunghi e secondo le sue possibilità.
Le terre erano in parte dello stato ed in parte venivano acquistate a basso prezzo da chi voleva disfarsene.
Successivamente il ministro stendeva un programma tendente a raggiungere le terre russe più fertili e più adatte alla colonizzazione interna, con il risultato di portare ad un equilibrato sistema di scambi, con una economia basata sul reale bisogno e non quale strumento della moltiplicazione di capitali volta a portare una disordinata super-attività di tipo speculativo.
Stolipyn avrebbe così guidato e portato a compimento un’opera per fare della caotica Russia un esempio economico. Egli con la sua politica rendeva impossibile l’esistenza di parassitismi e l’asservimento all’internazionale finanziaria delle varie plutocrazie, ma soprattutto rendeva dura e difficile la vita alle lobby socialiste ebraiche. Queste avviarono quindi una guerra sotterranea per “schiacciare l’infame” che stava per cancellare in un solo colpo il capitalismo privato e quello di stato. E questo avveniva non in un piccolo stato ma portava una nuova forma di governo economico nella grande Russia.
Si avviava così l’azione criminale del complotto della plutocrazia mondiale. Una bomba gettata da ebrei in divisa da ufficiali dell’esercito contro la villa del Primo Ministro causò la morte di un centinaio di persone non quella del ministro, ma i suoi figli furono resi invalidi.
La criminalità finanziaria doveva trovare un altro modo per eliminare lo scomodo Ministro; infatti nel settembre 1911, a Kiev, durante una rappresentazione dell’opera, un agente di polizia ebreo si avvicinava al Ministro e gli scaricava addosso il suo revolver.
Si concludeva così la vita di un uomo che con la sua opera avrebbe potuto fermare o rendere difficile la rivoluzione Bolscevica.
Una testimonianza giornalistica riporta le parole di Nicola II nell’atto di firmare la sua abdicazione: “Se vi fosse stato Stolypin ciò non sarebbe accaduto”.
Non è inutile o superfluo ricordare quello che fece un personaggio che, dopo circa 90 anni, è ancora poco conosciuto ma ha avuto una grande importanza storica. Questo serve a far capire come il sovvertimento mondiale di ieri, come quello di oggi, cerca di vincere e distruggere con ogni mezzo ogni tentativo di costruire un mondo basato sullo spirito, sull’etica, su un giusto rapporto sociale e non solamente sul denaro e sulla materialità economica.