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Iraq: viaggio nel cuore della resistenza

di Gilles Munier - 07/01/2008




Sulla legittimità della resistenza

L'invasione dell’Iraq è stata illegale dal punto di vista del diritto internazionale. Gli Stati uniti e i loro alleati – in quanto potenze occupanti – non avevano il diritto di organizzare delle elezioni, né di promulgare una nuova costituzione, né di favorire il settarismo e la divisione. Le convenzioni di L’Aia del 1907 e di Ginevra del 1949 sono chiarissime sull’argomento.
La legittimità della resistenza irachena si basa sulla Carta delle Nazioni Unite e su numerosi testi fondamentali. Secondo la dichiarazione di Ginevra del 1987 sul terrorismo, il popolo iracheno ha il diritto di combattere contro l’occupazione straniera e la sua lotta non può essere confusa con atti di terrorismo internazionale.

La resistenza irachena vuole essere riconosciuta come la continuità dello Stato iracheno. Se vincerà, chi ha collaborato con l’occupante potrà essere arrestato e giudicato. Accuse per crimini di guerra e contro l’umanità saranno poste nei confronti dei dirigenti della coalizione. Lo Stato iracheno potrebbe allora richiedere dei risarcimenti per le distruzioni e le vittime di guerra. I contratti firmati sotto l’occupazione – in particolare nel settore del petrolio – sarebbero considerati illegali con la conseguenza del rimborso delle somme percepite dalle società straniere.

Tracciare un quadro esaustivo della resistenza armata è un azzardo, perché essa raggruppa delle organizzazioni che talvolta esistono solo per il tempo di una rivendicazione, cambiano nome, si fondono, si scindono. Le si può classificare per appartenenza ideologica, quando non la mascherano. In questo caso, si tratta di baathisti, nazionalisti arabi – baathisti dissidenti, nasseriani, arefisti -, prossimi ai Fratelli musulmani, pan-islamisti o comunisti del PC-quadri. Meglio guardarsi dall’etichettarli troppo in fretta, perché a volte il loro colore cambia in base ai reclutamenti e agli avvenimenti. In compenso, una cosa è certa: il gruppo dei combattenti non ha alcuna precisa affiliazione politica, è motivato solo dalla lotta di liberazione e il numero dei jihadisti stranieri – evidenziato dagli Americani – non è determinante. Al massimo, rappresenta il 5% dei mujahidin.

« Piccoli gruppi »

Nei mesi successive alla caduta di Bagdad, una quarantina di organizzazioni rivendicava azioni armate. Tra di esse : il Comando della resistenza e della liberazione dell’Iraq, il Fronte nazionale per la liberazione dell’Iraq, la Brigata Faruk, gli Organi politici dei media del partito Baath, Risveglio e Guerra santa, Al Ansar, la Bandiera nera, le Cellule del Jihad, l'Esercito di liberazione iracheno, i Combattenti della Setta vittoriosa, i Mujahidin, la Brigata verde, l'Esercito di Maometto, le Bandiere Bianche, Saraya al-Mudjahidin, il Movimento Testa di Serpente, il Ritorno, etc. I servizi segreti americani erano incapaci di seguire le loro attività se non contabilizzandone gli attentati e le vittime.

Donald Rumsfeld si era, evidentemente, rifiutato di parlare di resistenza. Egli riconosceva solo l’esistenza di « piccolo gruppi » di attaccanti baathisti, di Feddayin di Saddam o di formazioni lealiste descritte da Paul Wolfowitz come le « ultime vestigia di una causa agonizzante ». L'esercito USA, diceva, « ha la simpatia della popolazione, non gli elementi sopravissuti del regime baathista ». Ma, a fine 2003, quando il numero degli attacchi superò ufficialmente la trentina al giorno, Rumsfeld dovette confessare che la guerra sarebbe stata « lunga, dura, difficile, complicata ».

La resistenza irachena non è stata creata da intellettuali romantici, ma dall’elite dei Mukhabarat (servizi segreti) e dell’esercito. Questo ha loro permesso di mettere in scacco la CIA quando quest’ultima ha mandato sulla scena Abu Mussab Al-Zarqaui. Quando gli Americani si sono accorti che gli Iracheni rendeva responsabili le Forze speciali USA dei feroci attentati e delle decapitazioni filmate, Zarqaui è stato eliminato.
In cinque anni, gli Americani non hanno potuto penetrare né la strategia, né smantellare le principali organizzazioni della resistenza. Hanno ucciso centinaia di migliaia di Iracheni (un sondaggio effettuato dall'ORB, un istituto di statistiche che ha per cliente la NATO, stima in oltre 1 200 000 il numero delle vittime della guerra), detengono ufficialmente, nei campi di Bucca e di Cropper più di 26 000 prigionieri politici – di cui 950 sono bambini – senza che per questo si sia ridotto il sostegno apportato ai Mujahidin. Muwafaq Al-Rubaï, direttore del Consiglio di sicurezza iracheno ha spiegato con serietà che Saddam Hussein ha “ inoculato nell’animo degli Iracheni un virus incurabile », il quale impedisce loro di accettare l’occupazione e l’attuale governo.

Ausiliari tribali
Ispirandosi a metodi sperimentati dai colonnelli Trinquier e Lacheroy durante la guerra di Algeria, il Generale Petraeus – comandante in capo delle forze della coalizione – ha creato dei corpi di ausiliari tribali per lottare contro Al-Qaïda. Il più conosciuto è quello di Al-Anbar comandato fino al suo assassini, il 14 settembre 2007, dallo Sceicco Abu Risha, arrestato sotto Saddam Hussein per banditismo sull’autostrada Bagdad-Amman ! Nelle città sono nati i « Gruppi di cittadini locali coinvolti ». Essi avrebbero superato i 70 000 membri, al punto da spaventare Nuri Al Maliki il quale sa benissimo che la maggior parte di essi lo accusa di essere un agente iraniano. Peggio ancora per lui e per le Brigate Badr, una petizione firmata da 300 000 sciiti, tra cui 14 capi religiosi e 600 capi tribù, reclama una commissione di indagine dell’ONU sui crimini commessi in Iraq dagli Iraniani e dai loro agenti.
Ad ogni cambiamento della strategia americana, la resistenza si adatta. Settori delle Brigate della Rivoluzione del 1920 e dell’Esercito islamico in Iraq hanno infiltrato gli ausiliari, mentre altri si danno da fare per eliminare quelli troppo legati agli Stati Uniti. Si è giunti al punto che l’esercito americano lascia che gruppi di resistenza si impadroniscano di quartieri, senza interferire nei combattimenti. Al poker bugiardo, Petraeus ha già perso in partenza.

Fronti di liberazione pre-posizionata

La tappa più importante raggiunta in questi ultimi mesi è la creazione di fronti di liberazione pre-posizionata nella prospettiva di un successivo ritiro delle truppe di occupazione. Essi sono quattro, di diversa importanza e più o meno uniti :
1 – Lo Stato islamico dell’Iraq, fondato il 15 ottobre 2006 sulla base di un giuramento pronunciato intingendo le dita in un coppa riempita di profumo, una pratica chiamata Hilf Al-Mutaîyabin, di origine pre-islamica, covalidata dal Profeta Maometto. Esso comprende 7 organizzazioni tra cui Al Qaïda in Iraq, ma non ha niente a che vedere con ben Laden. Il suo capo, Abu Omar Al-Bagdadi, propone di fare dell’Iraq uno Stato retto dalla Sharia e di ristabilire il califfato.
2 – Il Fronte del Jihad e del Cambiamento, con 8 organizzazioni tra cui le Brigate della Rivoluzione del 1920. Creato il 7 settembre 2007, si vuole indipendente da ogni partito politico, caldeggia l’unificazione della resistenza e il ricorso alla Sharia per regolare le diverse politiche, a volte sanguinose.
3 – L’Alto commando del Jihad e della Liberazione, costituito il 2 ottobre 2007, sotto la presidenza di Izzat Ibrahim Al Duri – capo del Baath clandestino – raggruppa 22 organizzazioni. I suoi membri provengono dalle diverse componenti etniche e religiose del paese, baathiste o meno. Propone la formazione di un’assemblea consultiva che nominerà un governo transitorio. Delle elezioni legislative permetteranno poi agli Iracheni di scegliere liberamente i loro rappresentanti.
4 – Ultimo nato, il Consiglio politico della Resistenza Irachena composto, nell’ottobre 2007, dal Fronte per il Jihad e la Riforma – che comprendeva Ansar Al Sunna, l'Esercito islamico in Iraq e l’Esercito dei mujahidin -, dal Fronte per la resistenza Islamica in Iraq e dal movimento Hamas - Iraq. Vede un Iraq governato da tecnocrati non settari.
I fronti sono d’accordo sull’essenziale : la partenza degli Americani, degli Iraniani e dei loro alleati. Lo Stato Islamico dell’Iraq, a parte quello che li divide dopo l’esecuzione di Saddam Hussein, tiene di più ad ambizioni personali che alla visione del futuro dell’Iraq. Gli eccessi settari di Al Qaïda in Iraq, all’origine dell’oscillazione dei capi tribù nell’orbita Americana, ne hanno fatto il bersaglio delle organizzazioni nazionaliste ed islamiche che praticano il wahhabismo.
L’attesa costituzione di un « Consiglio nazionale della resistenza » non è ancora all’ordine del giorno. Chi lo riconoscerebbe ? Certi paesi arabi aiutano la resistenza, ma questo non si spingono troppo in là. Hareth Al-Dari – capo del Comitato degli Ulema musulmani – è rifugiato in Giordania. Damasco resta un luogo privilegiato di passaggio. Izzat Ibrahim sarebbe stato visto nello Yemen, in Arabia e al Cairo.
Qualsiasi sia lo scenario scelto da George Bush, Nuri Al-Maliki e i suoi alleati hanno di che preoccuparsi. Come affermato ultimamente da un dirigente dell’Esercito Islamico in Iraq : « L'Iraq è doppiamente occupato. Quando avremo finito con Al Qaïda e gli Americani, ci occuperemo degli Iraniani e dei loro lacché ».
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Al - Moqawama : il comunicato n°1
Il Comando della resistenza e della liberazione dell’Iraq (CRLI) ha pubblicato il suo primo comunicato militare il 29 aprile 2003. I suoi redattori, tra i quali – si dice – il Presidente Saddam Hussein, attestavano – nei 12 giorni precedenti – combattimenti ed operazioni suicide. Bilancio : a Bassora, 2 soldati britannici uccisi, un carro armato distrutto, 7 feriti. A Bagdad : un Gi's ucciso, 87 feriti, 4 carri e 3 veicoli militari distrutti. Veniva reso omaggio al martire Khalil Omar, morto in un’operazione suicida.
Il popolo iracheno, concludeva il CLRI, non avrebbe mai accettato governi di collaboratori. Avrebbe combattuto fino alla vittoria per « un Iraq libero, arabo, musulmano, unificato e democratico ».

QUELLO CHE LA RESISTENZA DEVE A SADDAM HUSSEIN
La resistenza irachena - Al- Moqawama al iraqiya – è nata ufficialmente il 19 marzo 2003 alle ore 21.37, con la salva di Tomawak che prendeva personalmente di mira Saddam Hussein, ma - secondo Scott Ritter, ex capo degli ispettori dell’ONU, ed alcuni attenti osservatori – essa è « il risultato di parecchi anni di preparazione ».
Nell’aprile 1997, Ritter aveva visto degli allievi del Centro di formazione dei servizi segreti iracheni imparare a fabbricare IED e auto-bombe. Prima dell’invasione, le forze di sicurezza, afferma, si erano « fuse nella popolazione ». Rafi Tolfah, attuale aiutante di Izzat Ibrahim Al-Duri, dirigeva il Direttorio della Sicurezza generale che aveva «totalmente infiltrato la società irachena ». Ora, egli sa su chi può contare la resistenza. Su ordine di Saddam Hussein, Taher Jalil Habbush, capo dei servizi segreti iracheni – oggi la sua testa vale 1 milione di dollari - aveva « rinviato i suoi uomini tra la popolazione » perché le truppe d’occupazione non li scoprissero. Il generale Sayf Al-Rawi aveva fatto lo stesso smobilitando «segretamente delle unità della Guardia Repubblicana ».
Altra testimonianza è quella di Ali Ballut, giornalista libanese, il quale afferma che nel 2002 il Presidente iracheno aveva inviato una circolare ai dirigenti baathisti dicendo che gli Americani avrebbero potuto attaccare « in ogni momento », che l’Iraq sarebbe stato «vinto militarmente », ma che « delle tattiche di resistenza » avrebbero ristabilito il rapporto di forza. Delle unità erano state formate alle tecniche di guerriglia, il loro inquadramento era stato modernizzato. Parecchie centinaia di migliaia di AK-47 sarebbero state distribuite alla popolazione, e armi di ogni calibro, esplosivi e dollari, nascosti un po’ dappertutto.

Fiori e caramelle
Saddam Hussein aveva concepito la resistenza come un fronte patriottico che riunisse nazionalisti ed islamisti. Prendendo esempio dal Profeta Maometto a Medina, aveva ripartito i futuri combattenti in tre corpi :
1 - i Mudjahidin (Resistenti), comprendente patrioti iracheni e più di 5000 volontari venuti dall'Afghanistan, dalla Cecenia e da diversi paesi musulmani ;
2 - gli Ansar (Partigiani), baathisti selezionati negli anni precedenti l’invasione che avevano mantenuto la loro segreta adesione ;
3 – I Muhajirun (Emigranti), raggruppante dei responsabili baathisti noti per le loro competenze nei campi militari e tecnici.
Lo Stato maggiore americano, che il 21 marzo si apprestava ad attaccare ad Um Qasr, credeva che i Marine avrebbero polverizzato in 24 ore le difese irachene attorno a Bassora e che i partiti sciiti filo-iraniani avrebbero sollevato la popolazione contro il regime. Il 10 gennaio 2003, Kanan Makiya – autore di una pubblicazione anti-baathista – aveva assicurato a George Bush che i GI's sarebbero stati accolti con « caramelle e fiori » ! Faceva i conti senza i Feddayin, l’Esercito di di Gerusalemme e l’Esercito del Popolo - la milizia baathista – che avevano l’ordine di non dare tregua agli invasori. Risultato : le truppe USA ci misero 3 settimane per arrivare a Bagdad, progredendo solo a prezzo di duri combattimenti.

Come nel Vietnam
La presa di Nassiriya doveva essere « una questione di 6 ore ». I Marine ci misero 5 giorni. Il Colonnello Kemper ha paragonato l’intensità dei combattimenti a quella di Hué nel Vietnam. Il 26 marzo, i Britannici avanzavano sempre lentamente davanti a Bassora dove il Maggiore Lambert, del Royal Scots Dragoon Guards, confessava che « le difficoltà incontrate erano dovute a disertori iracheni senza uniforme che non rispettavano le regole del gioco ». Il 29 marzo, avveniva il primo attentato suicida presso Kifl, a nord di Nadjaf. Il kamikaze, Ali Jaafar Al-Noamani, era un tenente colonnello dei Feddayin. «Non è che un inizio », aveva previsto il Vice-presidente Ramadan, « noi useremo tutti I mezzi per uccidere i nostril nemici sulla nostra terra».
L'esercito americano temeva che la battaglia di Bagdad sarebbe stata. Il giorno dopo, la città era caduta,, senza resa di massa, né capitolazione.. Che cosa era accaduto ? Quattro anni dopo, il Generale Hazem Al-Rawi ha accusato gli Stati Uniti di aver utilizzato bombe ai neutroni durante l’assalto all’aeroporto. Furono uccisi oltre 2000 combattenti iracheni, senza che gli edifice avessero un graffito. Il capitano Eric May, ex membro del servizio informazioni dell’esercito americano, conferma. Gli Americani, dice, erano prostrati. A suo avviso, « qualcuno ha deciso di passare al nucleare ». A meno che non si si tratti della bomba AGM-114 N, meno radioattiva, della quale Donald Rumsfeld aveva vantato i meriti 8 giorni dopo. Una bomba, aveva ditto, che può « colpire il primo piano di un immobile senza danneggiare i piani superiori e che può raggiungere le forze nemiche nascoste dietro gli angoli, le grotte, i bunker ».
Dalla la caduta di Bagdad, i combattimenti non sono mai cessati. Gli ufficiali e I soldati iracheni hanno vestito abiti cibili e sono scomparsi con le loro armi. I Feddayin di Saddam e i militanti dell’Esercito del Popolo sono entrati in clandestinità. L'Esercito di Gerusalemme, del quale si burlano I media occidentali, è uno dei principali vivai della resistenza. Il 9 aprile 2003, davanti al santuario di Abu Hanifa, Saddam aveva gridato ai suoiu sostenitori : « Difendete il vostro paese ! Non difendete Saddam Hussein, difendete il vostro paese, l’Iraq è occupato ».
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Il « surge » : falsa vittoria
La guerra d'Iraq non si svolge solo sul campo, ma anche sui media di oltre Atlantico. Per dare agli Americani l’impressione che la situazione migliori grazie al « surge », espressione usata da George Bush per non chiamare « scalata » l’invio di rinforzi – questo ricorderebbe il Vietnam ! – si truccano le cifre delle vittime civili. Quelle pubblicate per novembre dal Generale David Petraeus, comandante in capo delle forze della coalizione, sono un ottimo esempio di « notevole riduzione del numero di civili uccisi ». Esse vanno dal semplice al doppio !
Secondo Reuters, in novembre non ci sarebbero stati che 538 morti, mentre l’Agenzia France Presse che ha le stesse fonti – i ministeri iracheni della Sanità, dell’Interno, e della Difesa – ne conta 606.
L'Associated Press che si basa su altri rapporti – ospedali, polizia, militari – e sulle testimonianze di giornalisti, ne conta 718. Precisa che la cifra non comprende I resistenti uccisi in combattimento. Né, si può aggiungere, gli errori militari.
L'Iraq Boby Count (IBC) che addiziona solo i bilanci pubblicati dale agenzie di stampa e dai media – verificati attraverso il confronto – dà, nel medesimo periodo, 1 100 morti e aggiunge che la stima potrebbe essere rivista al rialzo. Certe ONG fanno notare che la forchetta quotidiana dell'IBC è sempre stata inferiore a quella calcolata dai ricercatori indipendenti.

Fonte: Afrique Asie (1/08) - http://www.afrique-asie.fr/article.php? article=279

Blog de Gilles Munier: http://gmunier.blogspot.com