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Petrolio e libertà: il conflitto nel delta del Niger

di Manuel Zanarini - 11/01/2008

 

 

Mentre tutti i mass-media stanno parlando del costo folle della benzina in Italia come se fosse una novità, noi che abbiamo già detto tutto quello che c’era da dire sull’argomento (si veda articolo precedente sulla benzina) e che non siamo per nulla sorpresi dall’ennesimo rincaro, preferiamo concentrarci su una situazione internazionale di cui nessuno parla e che ci spiega come a guadagnarci sul petrolio siano, come al solito, le multinazionali, che riescono ad affamare sia i compratori che i produttori di ”oro nero”.

Mi riferisco al cosiddetto “conflitto del Delta del Niger”. Lo spunto sono i nuovi scontri che si sono svolti pochi giorni fa tra ribelli separatisti e militari nella capitale petrolifera della zona, Port Hacourt con 4 soldati e 3 civili uccisi.

La zona del delta del Niger è una delle maggiori produttrici di petrolio del Mondo, ma nonostante questo la popolazione è poverissima, tanto che nonostante la Nigeria abbia incassato 320 miliardi dollari di royalites  il 75% dei suoi abitanti vive sotto la soglia di povertà!

Non solo, il metodo di estrazione e di distribuzione del petrolio da parte delle multinazionali ha provocato danni ecologici mostruosi, tanto che a partire dagli anni ’60 gli abitanti hanno cominciato ad abbandonare i campi con la conseguenza che la produzione del cacao, di cui la Nigeria era tra le primi esportatrici al mondo, è calata del 43%, quella del grano del 24%, quella delle arachidi del 64% e quella del cotone del 65%. Così nonostante il Paese dipenda in buona parte dal petrolio del delta del Niger, rappresentava il 40% del PIL nel 2000, gli abitanti locali sono poverissimi.

La zona è altamente popolata, si contano circa 30 milioni di persone (dato del 2005), circa il 23% del totale nigeriano, con una densità abitativa tra le più alte al mondo: 265 individui per chilometro quadrato. Inoltre sta aumentando del 3% all’anno, con una fortissima urbanizzazione, che ha trasformato Port Hacourt in una megalopoli con fortissime sacche di degrado e povertà. Rivelatrice della situazione è un’intervista riportata da Peacereport ad un taxista locale, il quale afferma: “Sono 30 anni che facciamo uscire il petrolio dai pozzi senza vedere un dollaro. L’unica cosa che abbonda qui sono l’inquinamento e i pestaggi dei poliziotti.”

La situazione è talmente grave che un rapporto della Shell, paragona la violenza in questa zona a quella della Cecenia e della Colombia.

Ma vediamo la storia di questo conflitto. L’estrazione del petrolio in Nigeria risale alla fine del colonialismo britannico, e le multinazionali petrolifere, la Shell e la Chevron Corporation in particolar modo, hanno favorito economicamente l’instaurarsi di varie dittature che hanno approvato leggi che con pochi soldi permettevano loro di espropriare le terre ai contadini.

I popoli originari del Delta del Niger sono principalmente tre: gli Ogoni, gli Ijaw e gli Itsekiri. Tutti hanno formazioni paramilitari che combattono le multinazionali e chiedono al Governo centrale nigeriano che maggiori soldi rimangano alle popolazioni locali dalla vendita del greggio e una maggiore tutela dell’ecosistema locale. Purtroppo a più riprese si sono verificati.

 numerosi sconti etnici tra le tribù locali.

 

Per quello che riguarda gli Ogoni, il maggior gruppo di resistenza è il MOSOP, Movement for the survival of the Ogoni people( Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni), sorto nel 1992. Gli Ogoni sono una comunità di circa mezzo milione di persone, le quali hanno perso le terre a causa di leggi centrali le quali assegnavano al Governo la titolarità delle terre e i ricompensi erano basati solo sul raccolto dell’ultimo anno, non sul loro reale valore. Ebbe subito un enorme successo, e il suo obiettivo era contrastare il Governo centrale e la compagnia petrolifera Shell.

 La tensione divenne notevole nel 1992, allorché il MOSOP lanciò un ultimatum alle compagnie petrolifere e alla Corporazione petrolifera nazionale nigeriana con la richiesta di 10 miliardi di dollari in royalties come compensazione per i danni, un immediato stop alla degradazione ambientale causata in primis dall'inquinamento delle industrie di estrazione e l'avvio di un tavolo di concertazione per tutti i futuri accordi sullo sfruttamento del sottosuolo. Per tutta risposta il Governo vietò tutte le manifestazioni pubbliche contro l'estrazione petrolifera della regione dichiarando che tutte le attività tese a disturbare la produzione di grezzo in Nigeria sarebbero state considerate alto tradimento. L'estrazione petrolifera subì comunque un forte rallentamento arrivando ad una produzione giornaliera di circa 10.000 barili (5% della produzione totale). In seguito a questa crisi, nel Maggio-Giugno del 1994, i militari eseguirono blitz in tutti i villaggi Ogoni ed il risultato di tale operazione fu: 30 villaggi completamente distrutti, 600 persone arrestate e 40 persone uccise. I leaders della comunità furono incarcerati e con prove false,la Shell ammise di aver dato soldi all’esercito affinché stroncasse la protesta, nel 1995 uccisi per impiccagione.

 

Anche gli Ijaw inizialmente formarono un’organizzazione non-violenta, la Ijaw Youth Conucil (IYC, Consiglio dei giovani Ijaw) nel 1998.  In una lettera aperta chiesero alle multinazionali di porre fine ai lavori sulle loro terre e lanciarono l’operazione “Climate change” (Cambiamento climatico), una campagna di preghiera e di sabotaggio dei pozzi petroliferi. Anche stavolta in risposta il Governo centrale invia le truppe militari che sparano sulla folla, compiono raids nei villaggi e posti di blocco con numerosi pestaggi. La metà degli anni ’90 è però anche teatro della guerra etnica tra gli Ijaw e gli Itsekiri, quest’ultimi da sempre hanno collaborato con i colonialisti occidentali attirandosi le antipatie delle altre tribù locali. Inoltre dispute sorsero circa i ricompensi spettanti dagli espropri delle terre e per il controllo della città di Warri.

Nel 2003 il presidente della IYC, Asari, decide di formare un gruppo paramilitare il NDPVF (Forza volontaria popolare del Delta del Niger) allo scopo di acquisire il controllo sulle risorse petrolifere.

La strategia privilegiata è il “bunkering”. Si tratta di tappare le condutture del grezzo facendo uscire il petrolio su una chiatta, trafugarlo e rivenderlo, in modo che i guadagni restino alle popolazioni indigene.

Per molto tempo il NDPVF ha portato avanti una grossa offensiva, anche in virtù di un accordo con l’altro grande gruppo paramilitare della zona, il NDV (Niger Delta Vigilante), guidato da Ateke Tom. Visto il pericolo derivante da questa alleanza, il Governo nigeriano ha messo in pratica il proverbio latino “divide et impera”. Infatti nel 2003 viene eletto il nuovo Governatore e Asari inizia una campagna politica per delegittimare le consultazioni a seguito di numerosi brogli. A questo punto il governo inizia a finanziare il NDV al fine di isolare il NDPVF. Questo scatena una violenta guerra civile tra i due gruppi paramilitari, soprattutto per il controllo dei siti di bunkering.

A questo punto, nel 2004, l’esercito entra in scena a fianco al NDV attaccando in massa i villaggi vicini al NDPVF. Per tutta risposta Asari dichiara guerra totale al Governo nigeriano ed alle multinazionali petrolifere annunciando la distruzione delle attrezzature per l’estrazione, così nel Settembre 2004 la Shell è costretta ad evacuare 235 membri da due pozzi estrattivi, con una fortissima contrazione della vendita di grezzo, causando la “crisi petrolifera nigeriana”.

Per calmare le acque il Governo firma un accordo per la chiusura di alcuni pozzi di estrazione, ma nel 2005 arresta Asari con l’accusa di alto tradimento, facendo nuovamente precipitare la situazione.

In questo contesto nasce quello che oggi è probabilmente il più numeroso ed organizzato gruppo paramilitare: il MEND (Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger).

Il Movimento è stato protagonista di numerosi attacchi a pozzi di estrazione e agguati al personale delle multinazionali, al fine di espellerle dal territorio e dare i proventi derivanti dal petrolio alle popolazioni del Delta, proprietario dei terreni.

In una mail spedita alle compagnie petrolifere nel Gennaio 2006 si legge:  “Deve essere chiaro che il governo nigeriano non può proteggere i vostri dipendenti o le vostre attrezzature. Lasciate le nostre terre finché potete o morirete. Il nostro scopo è distruggere totalmente la capacità del governo nigeriano di esportare petrolio”.

Oggi il Mend ha una struttura militare molto efficiente: veloci barche che accerchiano e attaccano gli obiettivi all’interno delle paludi; sono usciti vittoriosi in molti conflitti a fuoco con personale addestrato della Shell misto a squadre d’elite dell’esercito nigeriano e hanno portato efficacissimi attacchi alle strutture d’estrazione.

 

Qualcosa ha iniziato a muoversi a favore delle popolazioni del Delta. E’ stata istituita dal governo nigeriano la Commissione per lo Sviluppo del Delta del Niger al fine di creare infrastrutture per fronteggiare l’inquinamento e per attuare politiche sociali, lo stesso Governo ora riconosce che sono stati arrecati danni ingenti all’ecosistema che manteneva le popolazioni locali e che cercherà di provare le colpe delle multinazionali.

Inoltre il Programma dell’ONU per l’ambiente (UNEEP) e il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) hanno lanciato uno studio congiunto per valutare l’impatto inquinante in 300 siti di estrazione sul territorio degli Ogoni a seguito di una richiesta di intercento proveniente dal Governo nigeriano.

Ma questo ancora non basta, e proprio noi “occidentali” che ci lamentiamo del prezzo della benzina, dovremmo solidarizzare con quei popoli che nonostante abbiano il petrolio sotto casa vengono affamati dalle multinazionali. Come fare in concreto? Per esempio possiamo iniziare a boicottare la Shell finché non distribuirà i guadagni del petrolio ai popoli nativi del Delta del Niger.