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Turchia, la porta d’ingresso per il gas dell’Iraq?

di Erdal Saglam - 11/01/2008




Il desiderio di incrementare la vendita delle risorse naturali irachene nel tentativo di consentire al Paese di raggiungere la stabilità economica e politica ha fatto si che gli Stati Uniti ponessero l’attenzione sulla Turchia come possibile canale per il gas naturale e il greggio dell’Iraq, con alcuni funzionari che sostengono che l’inclusione all’ultimo minuto del ministro dell’Energia Hilmi Güler nella delegazione del presidente Abdullah Gül negli Usa fosse conseguenza di una richiesta da parte degli Stati Uniti.

Con la cooperazione energetica tra i due paesi che non è giunta all’attenzione dell’opinione pubblica allo stesso modo delle trattative sulla lotta al fuorilegge Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), Güler si è incontrato lunedì con il segretario Usa all’Energia, Samuel Bodman, per discutere il modo di cooperare nell’estrazione e nella vendita delle risorse energetiche dell’Iraq.

Si dice che gli Stati Uniti abbiano comunicato la loro intenzione di cooperare con la Turchia per quanto riguarda l’energia nucleare, ma vogliano anche che la Turchia prenda parte all’estrazione, al trasporto e alla vendita delle risorse naturali irachene. Fonti ufficiali dichiarano che il gas naturale dell’Iraq posto nei pressi del confine siro-giordano possa essere trasportato a Ceyhan.

Lo scopo degli Stati Uniti è di trasformare la Turchia in quello che potrebbe essere definito uno snodo energetico regionale, con progetti di collaborazione nell’energia nucleare, lo sfruttamento del gas naturale dell’Azerbaijan, la trasformazione di Ceyhan in un centro energetico regionale e la creazione di un corridoio energetico verso l’Europa come alternativa alla Russia. Il gas naturale iracheno potrebbe essere eventualmente collegato con il progetto Nabucco che punta ad approvvigionare l’Europa col gas proveniente dall’Asia centrale e dall’Iran.

L’influenza turca

Si sostiene che gli Stati Uniti intendano utilizzare le risorse energetiche dell’Iraq per facilitare la loro uscita di scena dalla regione, con la Turchia che giocherebbe un ruolo significativo nello sviluppo dei progetti energetici.

Circa il 72 per cento delle riserve di greggio iracheno sono poste nella regione araba sciita del sud, con un 14 per cento nella parte nord popolata dai kurdi e un altro 14 per cento nei pressi del confine con la Giordania e la Siria. La Turchia viene vista come il solo paese in grado di cooperare in campo energetico con gli sciiti, con l’esclusione dell’Iran, e con qualche forzatura statunitense anche i kurdi del nord possono essere spinti a cooperare. Stime iniziali rivelano che l’Iraq è ricco anche di gas naturale, con la disposizione delle riserve di gas simile a quella del petrolio.

Fonti ufficiali affermano anche che gli sforzi degli Stati Uniti per sfruttare le risorse naturali irachene allo scopo di rafforzare i proventi del paese devastato dal terrorismo possano essere visti come una conferma del fatto che gli Usa vogliano che l’Iraq resti unito, una questione molto rilevante per la Turchia.

Fonti ufficiali hanno dichiarato che i recenti sviluppi abbiano provato quanto la cooperazione energetica sia importante per la Turchia, sia dal punto di vista economico che politico, con una crescente collaborazione  nell’energia che si riflette naturalmente sulla crescente cooperazione contro il terrorismo. Le stesse fonti hanno notato anche che il governo del semi-autonomo nord Iraq potrebbe essere costretto dagli Stati Uniti a cooperare attivamente con la Turchia.  

 The Turkish Daily News

(Traduzione di Carlo M. Miele)

L’articolo in lingua originale