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Automobili ed emissioni: facciamo il punto della situazione

di Giampaolo Persoglio - 11/01/2008

 
 
 
 
In medio stat virtus”. “Nella botte piccola c’è il vino buono”.
Con molta probabilità la saggezza popolare non è patrimonio culturale dei costruttori di auto, pronti sì a spendere milioni in ricerca tecnologica per limare 1 g/km di emissioni di Co2 dai loro motori, ma poi vanificando tutto installando quei motori su auto enormi, pesanti e con l’efficienza di una macchina a vapore dell’800.
Diciamo chiaramente quello che tutti sanno già: le Suv non hanno alcuna reale utilità. Il mensile Quattroruote, la più autorevole testata giornalistica italiana del settore auto, molto attenta ai temi della mobilità sostenibile, ha ribadito nel numero di maggio 2007 che i Suv sono mezzi ingombranti e pesanti, che, pur avendo la trazione integrale, hanno la stessa (se non peggiore) motricità di una 2x4 che calza gomme adeguate alla neve o all’off-road, che il peso ed il baricentro giocano a sfavore della stabilità e della sicurezza attiva e che la loro forma fa sì che il coefficiente di penetrazione aerodinamica le penalizzi ancor di più nei consumi.
 
Facciamo un po’ di chiarezza sulla questione delle emissioni: la CO2 (anidride carbonica) non è di per sé un gas tossico, nel senso che non provoca danni diretti all’organismo umano, ma è la principale causa del cosiddetto effetto serra, ovvero impedisce ai raggi solari che colpiscono la terra di “rimbalzare” sulla superficie e disperdersi nell’atmosfera e oltre. L’emissione di CO2 dipende sostanzialmente dal tipo e dalla quantità di combustibile bruciato e non ha nulla a che vedere con le direttive Euro 0,1,2,3,4, in quanto la CO2 non viene ridotta né da filtri antiparticolato né da altri dispositivi presenti nei motori. Semplicemente più carburante viene bruciato più CO2 viene immessa nell’atmosfera. Le emissioni di CO2 sono misurate in grammi per km e il valore spesso è molto più alto del peso stesso del carburante bruciato, in quanto le emissioni allo scarico (ricche di carbonio) si legano chimicamente con l’ossigeno presente nell’aria realizzando valori di “peso” molto alti. Facciamo un esempio per capire meglio. La Lamborghini Murcielago è una coupé supersportiva con motore 12 cilindri di oltre 6 litri di cilindrata e una potenza di 600 cv. Ha il poco lusinghiero primato di auto che produce maggiore CO2 attualmente in vendita sul mercato italiano, con un valore che si attesta sui 512 gr/km. Facendo conto che il consumo medio di questa auto è di 6 km con un litro di carburante, calcoliamo che per percorrere un km bruci circa 0,17 litri di benzina, pari ad un peso approssimativo di 125 grammi, e con esso riesca a produrre più di mezzo chilo di CO2! Meraviglie della chimica…
Per gli altri inquinanti il discorso è legato invece alle direttive antiinquinamento europee e le emissioni sono tanto più basse quanto più moderne sono le automobili. Gli inquinanti in questione sono i seguenti: CO (monossido di carbonio), HC (idrocarburi incombusti), NOx (ossidi di azoto), PM (particolato). Le direttive europee impongono che tutte le auto prodotte debbano rientrare nei limiti prefissati per ciascun gas inquinante, ma è molto più facile omologare a questi limiti un’utilitaria, leggera e dotata di un motore piccolo ed efficiente, che una grossa Suv. A parità di euro 4 quindi una utilitaria e una Suv inquineranno allo stesso modo, ma il costo (e quindi anche l’impegno industriale) per rendere possibile l’adeguamento ai limiti sarà molto minore per la prima rispetto alla seconda.
Entrando ancor di più nello specifico scopriamo che le auto diesel emettono particolato (assente nelle benzina) e più NOx, ma meno CO e HC delle auto a benzina. Inoltre, consumando di meno, il diesel produce meno CO2 della benzina. Il metano, non essendo derivato del petrolio (ha un solo atomo di carbonio contro 4 di idrogeno), è il carburante che ha in assoluto le emissioni più basse.
Abbiamo accennato al particolato, vediamo di cosa si tratta: con il termine PM10 si identifica il materiale presente nell’atmosfera il cui diametro è inferiore o uguale a 10 millesimi di millimetro. Costituito da polvere, fumo ed aerosol è emesso principalmente da sorgenti naturali (erosione del suolo, incendi boschivi, eruzioni vulcaniche, pollini, salsedine marina) e dall’attività dell’uomo (processi di combustione, attività industriali, usura dei pneumatici, freni e asfalto). Il PM derivato dalla combustione fossile può essere causa, soprattutto se legato ad altre sostanze chimiche (“particolato complesso”), di patologie ematiche e delle vie respiratorie. Il trasporto è responsabile del 40-60% del PM10 in città e del 30% su media nazionale.
Come accennato poc’anzi, i motori diesel sono responsabili della totalità delle emissioni di particolato, pur essendo “virtuosi” relativamente alla altre emissioni. Nello specifico le automobili a gasolio contribuiscono solo al 20-22% delle polveri nei centri urbani (il restante del ramo “trasporti” viene realizzato dal trasporto pesante, autobus, camion, furgoni, ecc….) e questo valore è minore nel periodo invernale quando il contributo dei riscaldamenti è sostanziale. Per abbattere drasticamente il valore dei PM10, le normative antinquinamento hanno fatto sì che le Case automobilistiche sviluppassero tecnologie di “cattura” delle polveri sottili montate negli impianti di scarico dei motori diesel. Sono i cosiddetti “filtri antiparticolato”, e sono divisi un due tipologie (FAP e DPF), in buona sostanza simili per caratteristiche tecniche ed efficacia.
Il particolato nei motori diesel si forma per l’imperfetta combustione del gasolio e pertanto le Case hanno inizialmente migliorato motori e impianti di iniezione per ridurne la produzione, ma un drastico taglio alle emissioni di polveri è stato ottenuto solo con l’adozione dei filtri antiparticolato. Il funzionamento è semplice: si tratta di un reticolo di carburo di silicio (ceramica) che trattiene le particelle al suo interno lasciando passare i gas di scarico; quando le polveri si accumulano vengono eliminate tramite combustione (rigenerazione) secondo una logica gestita dalla centralina del motore. Per questo motivo la temperatura della “trappola” viene portata a 400° (nel caso del FAP) o a più di 600° (per il DPF). L’efficacia dei filtri antiparticolato è fuori discussione: svariate prove hanno dimostrato che la quantità di polveri immesse è una frazione (anche un decimo) di quella realizzata da motori diesel senza filtro. Le controindicazioni sono essenzialmente rappresentate da un maggior costo per il cliente, un aumento del consumo di circa l’1%, il malfunzionamento in certe situazioni d’impiego (percorsi brevi che non permettono al motore di entrare in “temperatura”). Il bilancio è comunque positivo, tanto da fare dei filtri antiparticolato la soluzione obbligata per rispettare i severi limiti alle polveri previsti dalle future norme antinquinamento euro 5 e 6.
 
Tabella 1 – Le Direttive antiinquinamento CE: i limiti da rispettare
 
Direttiva CE
data attuazione
polveri (gr/km)
NOx + HC
Euro 1
1992/93
0,14
1,0
Euro 2
1996
0,10
0,9
Euro 3
2000
0,052
0,57
Euro 4
2005
0,028
0,3
Euro 5
2009
0,012
0,13
 
 
 
 
 
 
 
Visti questi presupposti, e vista anche la possibilità, a costi contenuti e senza l’apporto di tecnologie particolarmente complesse, di agire su questi propulsori diesel per limitarne ulteriormente le emissioni, appare piuttosto fuori luogo la crociata che si sta svolgendo in alcune regioni (Lombardia in primis) per la loro messa al bando.
C’è da dire che le Pubbliche amministrazioni locali, sotto la bandiera della lotta contro l’inquinamento, applicano delle politiche di blocco del traffico prive di un particolare senso logico, retaggio di informazioni sommarie e mal masticate da assessori al traffico disinformati e poco capaci. Esempio sono le ordinanze di blocco nei confronti delle vetture diesel senza filtro antiparticolato. Anche qui vediamo di fare un po’ di chiarezza: una diesel euro 4 senza filtro antiparticolato produce valori di PM10 identici ad una, sempre Euro 4, provvista di tale dispositivo; le normative impongono dei limiti uguali per tutti, sta alle Case automobilistiche rispettarli con o senza filtri, con o senza catalizzatori o con altri dispositivi. Tanto più che la presenza o meno del filtro non è segnalata sul libretto di circolazione, al contrario dell’attinenza o meno alla normativa Euro. Dal punto di vista ambientale, quindi, non ha nessun senso bloccare una Panda 1.3 multijet, Euro 4 senza filtro, lasciando circolare un Suv grande e pesante come una Volkswagen Touareg 5.0 TDI Euro 4 con filtro, soprattutto alla luce di quanto detto finora, cioè della capacità inquinante dei Suv in merito ai parametri di CO2. Se proprio si volesse essere equi e logici bisognerebbe definire un limite di emissioni globali che un veicolo non deve superare per poter circolare o meno in una determinata zona.
 
Tra tante novità tecniche problematiche o futuribili c’è una soluzione nel campo dell’auto esistente e funzionante, che in Italia trova sempre maggior seguito: il gas. Anche qui occorre una precisazione per chiarire le differenze tra metano e gpl. Il metano è un gas naturale, non derivato dal petrolio, che può essere anche ricavato dalla fermentazione di biomasse e, come già detto in precedenza, ha una bassa presenza di carbonio e non contiene né zolfo né aromatici. A suo favore anche l’alto numero di ottano:120. Il gpl (gas di petrolio liquefatti)è composto da propano e butano, prodotti dalla raffinazione del petrolio. Questo gas vengono liquefatti se sottoposto alla pressione di pochi bar, oppure se mantenuti sotto i -10°C. Non contengono né zolfo né idrocarburi aromatici ed ha un numero di ottano pari a 105. Il potere calorifico del metano e del gpl è inferiore a quello della benzina, per cui a parità di potenza erogata il consumo aumenta. Questo aumento però, a livello di emissioni, è ampiamente assorbito dal risparmio in termini di CO2 rispetto al benzina, -20% per il metano e -12% per il gpl. I motori a gas inoltre emettono pochissime polveri e non richiedono i filtri antiparticolato per poter rientrare nei limiti. Il limite che hanno nei confronti dei motori a benzina, ovvero una mancanza di brillantezza, verrà presto superato grazie all’immissione sul mercato dei motori di prossima generazione di piccola cilindrata e turbocompressi che potranno sfruttare in termini di prestazioni il maggior numero di ottano.
In virtù di queste intrinseche caratteristiche ecologiche sono stati approvati, nell’ultima finanziaria, una serie di incentivi volti a favorire sia l’acquisto di auto a gas, sia la trasformazione delle auto già circolanti con l’installazione di impianti a metano o gpl. La normativa destina 1500 euro di incentivo per l’acquisto di automobili che escono già dalla fabbrica con gli impianti a gas o gpl e il contributo arriva a 2000 euro se l’auto ha emissioni di CO2 inferiori ai 120 gr/km. Per chi volesse installare un impianto a gas “after market” sulla propria auto l’incentivo previsto è di € 650,00, a patto che l’auto non sia stata immatricolata da più di 3 anni. E gli altri problemi? Quasi tutti superati. Gli impianti a gpl necessitano ormai di serbatoi toroidali piccoli e leggeri che possono essere collocati al posto della ruota di scorta,non sottraendo alcuno spazio al bagagliaio. Per il metano rimane qualche problema in più in quanto le bombole sono un po’ più pesanti ed ingombranti. Al contrario le auto a metano possono essere parcheggiate anche nei silos sotterranei, mentre quelle a gpl solo al massimo ad un piano inferiore al terreno. E per il rifornimento? La rete distributiva è in continua espansione e in alcuni regioni, come Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, diffusa e capillare. I distributori di gpl sono più diffusi rispetto a quelli di metano con un rapporto di 4 a 1, a causa del fatto che i punti di rifornimento di metano devono necessariamente trovarsi nei pressi di metanodotti.
 
 
La rete distributiva italiana di metano e gpl
 
 
GPL
METANO
Abruzzo
76
15
Basilicata
22
3
Calabria
66
3
Campania
104
40
Emilia-Romagna
275
95
Friuli Venezia-Giulia
46
4
Lazio
190
29
Liguria
27
7
Lombardia
346
55
Marche
125
65
Molise
20
3
Piemonte
199
30
Puglia
96
35
Sardegna
41
0
Sicilia
116
14
Toscana
180
61
Trentino Alto-Adige
43
10
Umbria
66
20
Valle d'Aosta
2
0
Veneto
271
79
TOT Italia
2311
568