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Pound, alla fine resta il poeta

di Luca Gallesi - 12/01/2008

 


 

 P
rofessore emerito di Inglese al­la York University, A. David Moody è uno dei più apprezza­ti critici e biografi di T. S. Eliot, al qua­le ha dedicato numerosi e importanti saggi. Da poco è nelle librerie britan­niche il primo tomo della biografia di un altro gigante della poesia nove­centesca,
  Ezra Pound, Poet,
dedicata alla sua giovinezza, dal 1885 al 1920 (Oxford University Press, pagine 508, sterline 25,00). Il libro di Moody ha immediatamente attirato l’interesse della stampa inglese: dal poeta 'laureato' Andrew Motion, che ha scritto sul Guardian, ai critici dell’Economist, dello Spectator e del Ti­mes Literary Supple­ment,
  tutti sono d’ac­cordo nel giudicare preziosa ed eccellente questa nuova biografia di colui che Eliot de­finì, dantescamente, «il miglior fabbro».

 Professor Moody, dopo Pound 'fascista', 'economista' e addirittura 'occultista', siamo tor­nati finalmente a parlare di Pound come poeta. È come poeta, quindi, che Pound sarà ricordato, al di là
delle tante etichette?
 «Il mio primo volume si occupa del giovane genio, e arriva solo fino al 1920, quando Pound ha 35 anni. A quell’epoca egli era innanzitutto e soprattutto 'il Poeta'; un poeta con­centrato a perfezionare la sua arte e a illuminare il mondo attraverso la sua poesia. Le vette raggiunte dalla sua produzione poetica sono quello che, oggi, lo rendono – più di ogni altra
cosa – degno di considerazione e di studio. I suoi Cantos sono quanto di più innovativo e all’avanguardia tro­viamo nella poesia in inglese dopo Wordsworth e Whitman. Per quanto riguarda le altre definizioni, Pound non fu mai un 'occultista', come lo fu, per esempio, il suo grande amico Yeats; e per quanto riguarda le sue i­dee politiche, verso gli anni Venti Pound comincia a rendersi conto delle contraddizioni della democra­zia capitalista, ma allora non sapeva nulla del fascismo, come del resto quasi tutti. Della sua simpatia per Mussolini parlerò, comunque, nel se­condo volume».
 Lei è l’apprezzato autore di un’altra biografia letteraria, «T.S. Eliot, Poet». Eliot e Pound sono stati amici frater­ni: possiamo in qualche modo para­gonarli
tra loro?
 «La differenza fondamentale tra que­sti due grandi poeti e amici per tutta la vita è che Eliot considerava il fine dell’esistenza come non di questo mondo, mentre Pound cercò di crea­re, o almeno queste erano le sue in­tenzioni, un paradiso terrestre. Nel ricordare l’aiuto di Pound alla stesura finale della
Waste Land, ci si dimenti­ca però che egli era già un poeta valido e affermato, autore di due opere molto valide e importanti, quali Omaggio a Sesto Properzio e soprattutto Hugh Selwyn Mauberley, auto-necrologio con cui seppellisce definitivamente il giovane esteta a cui importava solo dell’'arte per l’arte', scegliendo d’ora in poi 'l’arte per la vita'».
 La sua monumentale biografia è un libro destinato a essere apprezzato solo dagli accademici o anche dai lettori non specialisti?

 «
Ezra Pound, Poet. A Portrait of the Man & his Work è un resoconto tanto della vita quanto dell’o­pera di Pound, dato che le due cose non possono essere separate. È questo ciò che la distingue dalle tante altre biografie già pubblicate. Spero che sarà apprezzata dagli ac­cademici, poiché sono io stesso un accademico, ma mi auguro allo stesso tempo che possa essere letta e gradita anche dai lettori non specialisti».
  In che cosa si differenzia dalle altre biografie già pubblicate da quella ancora valida di Noel Stock a quella più recente di H. Car­penter?

 «La mia intenzione era quella di in­quadrare l’uomo assieme alla sua o­pera, considerandole imprescindibi­li; volevo vederlo e descriverlo so­prattutto come poeta, dato che quel­lo che di lui resterà è la poesia che ha scritto, e soprattutto i
Cantos, che so­no davvero il poema epico in lingua inglese del XX secolo. Esistono bio­grafie che si concentrano sulla vita ma non gli rendono giustizia come poeta; così come esistono studi criti­ci che ne illuminano la poesia ma i­gnorano la sua vita. Dal momento che Pound dedicò tutta la sua vita a scrivere il suo poema epico, descri­verlo così, con l’intenzione sempre indirizzata alla sua opera, anche se talvolta si lasciò distrarre dalla pro­paganda, mi sembrava l’unica cosa giusta da fare. Forse va detto che non sto scrivendo semplicemente una biografia, ma una biografia critica, che cerca di comprendere la poesia di Pound insieme con la sua prosa, il suo pensiero, i suoi amori e le sue at­tività… in una parola, la sua vita».
 Pound è ancora una figura contro­versa, che gli universitari non consi­derano degna di attenzione per le sue tante eccentricità. Qualcosa, fi­nalmente, sta cambiando?

 «Diciamo che la sua grandezza è contemporaneamente riconosciuta e rifiutata, esaltata e denigrata – gli ac­cademici hanno le loro priorità… Naturalmente, le sue 'eccentricità', il suo non volersi conformare alle i­dee 'corrette' furono e sono ancora una sfida che divide il giudizio su di lui. La sua originalità e i suoi errori dovrebbero condurci a una migliore comprensione e a una più adeguata valutazione sia della sua vita che del suo lavoro, che rimane duraturo».

 Ribelle, vulcano solitario, attaccabri­ghe: quale di queste definizioni si a­datta meglio alla vita di Pound?

 «Sono tutte semplificazioni, e ognu­na contiene un po’ di verità. Ma non si può pretendere di racchiudere u­na vita, e specialmente una vita co­me quella di Pound, in una parola o in un’etichetta. Il modo migliore per tentare di definirlo è attraverso la paziente raccolta e stesura delle tes­sere che compongono il mosaico della vita».

 Il critico: «Pur essendo stato amico di Eliot per tutta la vita avevano un diversa visione del fine dell’esistenza: questi cercava un senso nell’aldilà, mentre Ezra voleva creare il paradiso
su questa terra»




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