Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La formica cornuta e mazziata

La formica cornuta e mazziata

di Stefano Montanari - 13/01/2008

       

 Era la primavera del 1988 ed io ero a Napoli insieme con la mia squadra (allora ero considerabile ancora un atleta, seppure già vecchiotto) per partecipare ad un campionato nazionale di corsa su strada (che vincemmo). Intorno alle otto del mattino, camminavamo tutti verso il luogo della partenza. Era domenica, le finestre si aprivano e da queste sbucavano signore in camicia da notte che, distratte su chi eventualmente si trovasse lì sotto, lasciavano cadere sulla strada sottostante sacchetti di plastica. Questi, schiantati a terra, lasciavano schizzare intorno qualche chilo d’immondizia. Un piccolo bombardamento. Una finestra dopo l’altra, come se si fossero date la voce. I nostri commenti furono che, tanto, nel pomeriggio noi ce ne saremmo tornati a Modena e di tutta quella sozzeria a noi non ce ne sarebbe importato un fico. Qualche anno dopo, più o meno a fine anni Novanta, arrivai in treno a Napoli nella prima serata. Dovevo raggiungere il mio albergo in fondo alla grande piazza che fronteggia la stazione, e quello fu un vero e proprio cimento di destrezza. L’immondizia era letteralmente ovunque, e per ovunque intendo anche contro diverse automobili in sosta per un’altezza ragguardevole, e fare uno slalom sul marciapiede trascinando la valigia a rotelle non fu né facile né gradevole. Anche in quel caso pensai che in un paio di giorni non sarei stato più lì e il problema non sarebbe stato mio. Nello stesso viaggio, poi, ebbi modo di attraversare un ponte a scavalcare il fiume Sarno e

di notare come il suo letto non ospitasse, al di là di un modesto rigagnolo d’acqua, altro che rifiuti in una quantità incredibile e di una qualità che sembrava allestita per un film comico (frigoriferi, letti, suppellettili assortite, imballi, indumenti e più o meno qualsiasi cosa fantasia possa partorire).Oggi, a distanza di anni, mi sono chiare tante cose. Tra tutte le regioni italiane, quella più adatta ad una certa operazione, allora impensabile, almeno per me, era proprio la Campania. L’immondizia era già a quei tempi una miniera d’oro per i lungimiranti “imprenditori” locali e il business, tenuto ben discreto, era fin da allora esteso al Nord da cui s’importava, evidentemente con reciproca convenienza, ‘a munnezza degl’industrialotti settentrionali. Piano piano, con i campani ben felici di poter produrre porcherie e di non doversene preoccupare, perché di tanto li avevano (facilmente) convinti i loro profetici pifferai magici, tutti vivevano una vita gaia, il governatore riceveva fiumi di denaro il cui destino resta a tutt’oggi per lo più ignoto (e quel poco che si sa non è consolante), l’esercito di addetti ai rifiuti s’ingrossava ogni giorno di più di nullafacenti che garantivano i voti di tutta la famiglia, i consulenti ingrassavano guardandosi bene dal modificare una situazione che garantiva loro opulenza, le società di “smaltimento” dei rifiuti lavoravano alacremente ad incassare senza disturbare con alcun tipo di lavoro e facendosi italicamente i fatti propri, i comuni come, ad esempio, Mercato San Severino, che s’impegnavano a gestire razionalmente i rifiuti erano trattati con ironia, e tutto procedeva nella più nostrana delle commedie. Come se si potesse andare avanti per omnia saecula saeculorum.Oggi, a distanza di anni, siamo arrivati dove era inevitabile si arrivasse. Le stesse persone che avevano coltivato con amore la formazione del bubbone oggi sono lì a farlo impietosamente ed oscenamente scoppiare come nei più crudi reality televisivi. Emergenza! A due centimetri dal suolo ci sono giacimenti immani dell’immondizia più tossica. I prodotti dell’agricoltura e della zootecnia campana sono inavvicinabili. Il fetore della putrefazione impedisce il sonno. Le strade sono impercorribili perché invase da ogni sorta di schifezza. L’immondizia è incendiata da bande d’imbecilli. Arriva l’ennesimo commissario con l’ennesima soluzione in tasca, e stavolta la soluzione è finalmente il lieto fine cui autori, attori e comprimari della pièce agognavano da anni: tutti intorno al fuoco come i boy scout! La situazione, insomma, non è più drammatica ma è tragica, ma, intanto, ci sarà chi ride.Bene. Però, chi ha inescato questa perversa reazione a catena? Chi ha buttato giocondamente di tutto senza curarsi al di là del proprio naso (evidentemente senza olfatto) di ciò che faceva? Chi ha garantito con i suoi voti il regno lungo e incontrastato di Antonio Bassolino, magari per avere in cambio un tanto microscopico quanto improbabile vantaggio personale? Chi ha permesso che la criminalità campana, e bisogna vedere se poi erano tutti ufficialmente criminali o se non c’erano anche  persone che viaggiavano in auto blu, facesse il bello e il cattivo tempo nell’indifferenza e con la connivenza della società? Chi ha lasciato che le “fabbrichètte” del Nord versassero impunite i loro veleni tra le vigne e i pascoli campani in cambio di quatto soldi? Chi ha permesso che la magistratura se ne stesse indifferente al cospetto di uno scempio visibile a tutti gli occhi ed avvertibile a tutti i nasi? Perché nessuno ha preteso la chiusura dell’ARPA che, in Campania come, del resto, anche altrove, ha fatto tutto tranne ciò che è pagata per fare, evitando con cura ogni controllo serio e credibile? Chi pagherà per una disfatta che avrà risvolti e conseguenze di una portata che i nostri politici, con la complicità di un’accademia ormai in stato avanzato di putrefazione, hanno fatto, e fanno, di tutto perché per ora sia ignorata?Ora, nell’emotività di una situazione da naufragio, i media, squallidamente e senza dignità al servizio di un sistema in cui è difficile discernere mafia da politica, stanno dando l’assist finale a chi s’infilerà nelle tasche altri miliardi di Euro costruendo decine d’inceneritori in spregio della scienza e della medicina, e poi gestendoli con tutto quanto questa gestione comporta. Chi ha voglia di vedere a che livello di disinformazione pianificata siamo arrivati, si guardi http://mediacenter.corriere.it/MediaCenter/action/player?uuid=4e5c0aac-bfa6-11dc-a9fc-0003ba99c667, dove c’è ancora chi è tanto spudorato da tentare di contrabbandare quell’avvilente insulto all’intelligenza che è il famoso “premio all’inceneritore più bello del mondo” di Brescia, e si guardi http://www.videosear.ch/watch/730713424/iuliano-meglio-un-termovalorizzatore-che/, oppure si legga l’articolo di tale Mario Poletti su La Stampa dell’8 gennaio scorso, un articolo da far rileggere all’autore fra dieci anni. Il titolo è come il Falqui: basta la parola (“I rifiuti che New York c’invidia”) o quello sull’Unità (il giornalino pubblicitario ormai di estrema destra) di tale Pietro Greco. Vabbè, siamo alla grande offensiva, un’offensiva preparata e condotta in maniera impeccabile inquinando i cervelli delle proprie vittime e facendone i migliori alleati. Quando, fra qualche anno, la Natura tirerà le somme e nessuno potrà più chiudere gli occhi, i responsabili dello scempio saranno chissà dove, chi a godersi le tasche straripanti di bottino, chi in un ospedale, chi al cimitero, e nessuno chiederà loro ragione dei misfatti né la restituzione, fosse almeno, del maltolto, perché la pelle non ha un prezzo venale. Basta vedere l’imperturbabile Bassolino che nessuno pensa a cacciare e ad inquisire ma di cui qualcuno, di fatto complice, propone le tranquille dimissioni. Al massimo, per lui qualche seccatura nel dover rispondere agli occasionali rompiscatole che, comunque, si stancheranno prestoDa ultimo, ci sia chi risponde alla domanda. Perché io, io come tanti altri, che faccio compostaggio, differenzio i miei rifiuti e riuso tutto ciò che è riusabile debbo ora respirarmi e mangiarmi l’immondizia dei campani che verrà bruciata a due passi da casa mia? Dunque, quando anni fa pensavo che l’immondizia di Napoli non erano fatti miei, sbagliavo. Ora sono “solidale”, veltronescamente solidale con chi si è mangiato per anni anche le sozze schifezze del Nord ed ora le rimanda al mittente. E anche in questo caso dovremo subire tutti quanto, in altro contesto, stanno subendo i Comuni virtuosi che hanno speso entro i loro limiti di spesa ed ora sono costretti, con i loro sacrifici e i loro risparmi e a pena di sanzioni se non lo facessero, a tappare i buchi dei Comuni che hanno scialato infischiandosene delle leggi. E così, destra e sinistra in un unico, grande abbraccio, si continueranno a premiare le cicale e a punire le formiche. Resta aperta la questione su chi controllerà che nelle porcherie che arriveranno a casa mia, come a casa di tanti altri, dalla Campania, quelle porcherie che non andranno in Paraguay (!) come accennava l’altro ieri il Giornale Radio RAI, non ci sia materiale di una tossicità tale da non poter essere bruciata nemmeno dove la legge permette in pratica tutto. Controllerà l’ARPA? Ma non facciamo dello spirito!