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Una disputa da superare

di Mauro Maggiora/Antonio Gentilucci - 14/01/2008

     

 

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Chiariamolo subito: abbiamo ben altri problemi che non la disputa bizantina laici/cattolici. Una divisione che in Italia è sempre stata una faccenda squisitamente politica, dai tempi della rivalità fra Guelfi e Ghibellini. Gli "atei devoti" alla Giuliano Ferrara con prelati e cardinaloni da una parte, in buona compagnia con le Miriam Mafai e le Emma Bonino e i vari integralisti laici dall'altra, si rafforzano a vicenda nel costruire un dibattito eterno che serve solo a occultare le reali truffe del sistema politico-economico. Insomma, fiumi di inchiostro e ore di teleschermo per non far sapere ai sudditi che l'oligarchia distrugge le loro vite con ben altro che non l'aborto, l'eutanasia, le coppie di fatto eccetera.
Noi però vogliamo entrare nella diatriba lo stesso, per dare voce alle opinioni di chi, come noi di MZ, vuole smascherare raggiri organizzati e montature ideologiche. C'è del vero in quel che sostiene qui sotto Gentilucci: il cristianesimo (come ogni religione, del resto), pone dei limiti, e Dio solo sa se l'assenza di limiti non è il problema centrale del modo di vivere occidentale e moderno. Ma anche ragione da vendere Maggiora, quando, in sostanza, sottolinea come il nostro Paese sia influenzato da un'istituzione di potere, il Vaticano, che vorrebbe imporre anche a chi cattolico non è, norme e comportamenti cattolici. A nostro sommesso parere, sta proprio qui, nel distinguere il piano spirituale (per definizione, individuale, intimo: il credo cristiano) da quello di potere (la Chiesa cattolica), l'angolazione giusta per rivedere con nuovi criteri la "questione religiosa". Fede personale e religione in politica dovrebbero, secondo noi, restare separati. Per vivificare il prezioso contributo cristiano (che sui "mercanti del tempio", cioè sull'economia assorta a unico a Dio, dovrebbe tornare a farsi sentire) senza per questo fiancheggiare un'organizzazione secolare funzionale alla Grande Truffa di questo sistema. (a.m.)

Laici in via di estinzione
Qual è la  condizione  in cui vive oggi un laico italiano? Più o meno quella di un panda gigante: rischia l’estinzione.
Estate 2006: il decreto Bersani, in linea teorica, abolisce l’esenzione dal pagamento dell’Ici sugli immobili adibiti ad uso commerciale di proprietà ecclesiastica. Praticamente, però, mantenendo l’esenzione per gli immobili “non esclusivamente commerciali”, l’ostacolo viene aggirato agevolmente, con relativo privilegio perpetuato.
Aprile 2007: alcuni  parlamentari sottopongono a discussione parlamentare un disegno legge sulle unioni di fatto: insurrezione generale di buona parte della maggioranza, dell’opposizione e dei vertici del Vaticano. Il disegno di legge sparisce dall’agenda.
Giova ricordare che le unioni di fatto omo-eterosessuali sono state disciplinate praticamente in  tutta l’Europa occidentale (con esclusione del Portogallo, della Grecia e dell’Austria) con adesione trasversale, come si conviene ad ogni tema etico.
Maggio 2007: l’Italia è agli ultimi posti in Europa nella spesa sociale, nessuna politica organica nei confronti della famiglia. Si preferisce l’evento “farsa”, il Family Day. Si aprono due ali di folla e la famiglia è salvaguardata.
Dicembre 2007: il Comune di Roma boccia il registro delle unioni civili, la cui bozza era stata abilmente edulcorata dal cardinal Veltroni, di concerto con le autorità religiose capitoline.
Gennaio 2008: dopo la “boutade” ferrariana della moratoria sull’aborto, riparte l’attacco a testa bassa alla legge 194 da entrambi gli schieramenti. Sussulti laici debolmente e timidamente pervenuti.
I clericali di varia foggia ed estrazione, invece, abbondano: dalla destra “peronista” all’ex marxista-leninista in abito talare Bertinotti, passando attraverso le crisi vocazionali del neo liberal-riformista in cerata (talare anch’essa) D’Alema e del chierichetto Fassino, presente ogni domenica alla funzione religiosa.
Dulcis in fundo, i teo-con in camicia verde Borghezio e Calderoli che difendono la cristianità  e che ci fanno rimpiangere la spassosa e dissacrante vena anti-clericale del proto-pensiero bossiano.
L’Italia un futuro stato confessionale? Sintomo evidente di ciò, la costante disinvoltura con cui in Italia si usa la dicotomia laico-cattolico. Una dicotomia priva di senso: si dovrebbe invece parlare di laicità-clericalismo.
De Gasperi è stato un politico cattolico e laico. Bondi, la Binetti, Veltroni, i protagonisti del nuovo corso, sono proni al clericalismo vaticano.
Il pericolo è la commistione tra dogma, senso religioso, precetti e leggi di uno stato che si definisce laico, ma con un presente in cui non sarebbe possibile concepire neppure una battaglia come quella per il divorzio.
Un Paese, l’Italia, prossimo all’oscurantismo. Altro che il temuto innesto di epidermide religiosa proveniente da Islam e dintorni...
Mauro Maggiora

Il problema del limite
In un Paese dove la “monnezza” è più alta del Vesuvio, per molti il problema della (presunta) laicità perduta sarebbe alla radice dei mali italiani.
Il cristianesimo pone ai suoi fedeli una visione del mondo, una cultura e soprattutto, come ogni religione, dei limiti. I laici strepitano perché i cattolici vogliono imporre questo limite a tutti, anche a chi non crede. Sta bene. Ma chiedo ai laici: quali sono i vostri limiti? Perché mi sforzo di cercarli, ma non ne trovo traccia nei vostri discorsi o scritti.
Il cristianesimo  afferma che la vita è sacra e inviolabile, fin dalla nascita. L’eugenetica è una pratica inaccettabile, sotto qualsiasi forma, e con qualsiasi scusa, e non solo all’ombra della svastica. Il matrimonio naturale fra un uomo e una donna esiste dalla notte dei tempi, perché è nella nostra natura e non l’ha inventato il Papa in un sussulto di sadismo. Il sesso è la sublimazione dell’amore e non può essere solo un prodotto commerciale. Il mondo è creato da Dio, e l’uomo non può sostituirvisi.
Questi, per chi è credente, sono paletti stretti, e sono ancor più tali nel mondo di oggi, in cui ad un vorace consumismo fa comodo diffondere il verbo unico “tutto è permesso”.
Concordate con questo verbo, o siete d’accordo che senza dei limiti ci condanniamo all’autodistruzione? Se siete d’accordo, torno allora a chiedere: qual è il vostro confine? Finora essere laici ha significato, alla prova dei fatti, voler avallare ogni prodotto della modernità e stendere il tappeto rosso davanti al Progresso-Regresso. Durante la battaglia per il referendum sulle limitazioni alla manipolazione degli embrioni, mi sarebbe piaciuto vedere anche molti laici schierarsi per l’astensione, o per il No. Ma ne ho visti pochi. Ho visto invece molti di quelli che strepitano contro il mais transgenico votare Si con entusiasmo, inneggiando ad un luminoso avvenire grazie alla ricerca scientifica.
Oggi, mentre il mondo cattolico ha superato la paura di apparire antimodernista, è il concetto di laicità ad essere un po’ vacuo, un po’ nel caos. Come intende il laico “dominare” o al massimo “governare” la modernità? Attendiamo alternative ai vecchi e consunti valori cristiani. 
Antonio Gentilucci